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2022 11 16 Non dimenticare Leah Sharibu

Fonte:
CulturaCattolica.it
NIGERIA - Kaduna: rapito un sacerdote cattolico, altre 9 persone sequestrate in un villaggio assalito da banditi IRAN - Teheran imprigiona gli avvocati, anche i legali di convertiti cristiani CRISTIANI PERSEGUITATI/ Ne sono stati uccisi 5.898 (nel 2021) ma l’Onu si ricorda solo dell’islam TESTIMONIANZA Nigeria: “Hanno messo i cristiani nelle gabbie”, racconta una ragazza rimasta prigioniera per 9 anni

NIGERIA - Kaduna: rapito un sacerdote cattolico, altre 9 persone sequestrate in un villaggio assalito da banditi

P. Abraham Kunat è stato rapito da uomini armati nell’area del governo locale di Kachia, nello stato di Kaduna, nel nord della Nigeria. Il rapimento è avvenuto intorno alla mezzanotte del 8 novembre, a St Mulumba, Kurmin Sara. Il Cancelliere dell’arcidiocesi di Kaduna, p. Christian Okewu Emmanuel, ha detto ai media locali che p. Kunat, è parroco della chiesa di San Bernardo, Idon Gida nel governo locale di Kachia. Il Cancelliere ha precisato che, a causa della situazione di insicurezza nella zona, il sacerdote rapito risiedeva nella parrocchia di St Mulumba, dove però è stato rapito.
Il presidente della sezione di Kaduna della Christian Association of Nigeria, il reverendo Joseph Hayeb, ha confermato il rapimento del sacerdote ed ha affermato che “viviamo in una situazione molto triste perché molte cose stanno accadendo nello Stato che non sono denunciate”, sottolineando che è necessario fare molto di più per proteggere i cittadini dai criminali che li terrorizzano.
A conferma delle parole delle parole del reverendo Joseph Hayeb, sempre nello Stato di Kaduna, un gruppo armato ha assalito il cosiddetto “Oil Village,” situato vicino alla raffineria di Kaduna. Il gruppo armato composto da circa 15 uomini armati hanno assalito il villaggio nella notte del 7 novembre alla ricerca di case da depredare. Nel fuggire hanno preso 9 persone in ostaggio. Uno di questi è riuscito in seguito a scappare dalle mani dei rapitori.
L’Oil Village è frequente oggetto di assalti da parte di banditi, al punto che i residenti, lavoratori impiegati nella locale raffineria provenienti da tutta la Nigeria, hanno chiesto da tempo la presenza di un posto fisso militare nel villaggio per proteggerli da ulteriori assalti.
(L.M.) (Agenzia Fides 9/11/2022)

IRAN - Teheran imprigiona gli avvocati, anche i legali di convertiti cristiani
Oltre 30 sono finiti agli arresti, tre di essi avevano difeso neo-convertiti dall’islam. Finora la repressione degli ayatollah ha causato 321 morti (fra cui 50 bambini) e quasi 15mila fermi.

Gli avvocati sono l’ultima categoria dopo studenti, attivisti e giornalisti, a finire nel mirino della repressione degli ayatollah in risposta all’imponente ondata di proteste innescata dall’uccisione della 22enne curda Mahsa Amini per mano della polizia della morale. Intanto oltre 200 parlamentari chiedono pene durissime per i manifestanti, anche la pena di morte.
Nelle scorse settimane oltre 30 legali sono finiti in prigione mentre altre migliaia di persone fermate in questi ultimi due mesi sono in attesa di processo. (…)

Fra questi ve ne sono anche tre che hanno difeso imputati cristiani in processi per “conversione illegale”: Bahar Sahraian, Mustafa Nili e Babak Paknia. Il primo ha avuto fra i suoi assistiti la coppia formata da Sam Khosravi e Maryam Fallahi, la cui figlia adottiva Lydia è stata tolta dalla loro cura dietro ingiunzione di un tribunale perché si erano convertiti al cristianesimo, mentre la bambina era considerata musulmana per nascita. E ancora, Sara Ahmadi e Homayoun Zhaveh, condannati a 10 anni e tuttora in cella nel carcere di Evin a dispetto di una condizione di salute precaria, con il 64enne che soffre di Parkinson ad uno stadio avanzato.
Solo la scorsa settimana Mustafa Nili aveva difeso tre convertiti, già in prigione per una condanna a cinque anni: Ahmad Sarparast, Morteza Mashoodkari e Ayoob Poor-Rezazadeh. Babak Paknia, collega di Mustafa, ha più volte difeso in passato cristiani a processo e ha sostenuto la campagna a favore del collega Iman Soleimani, nel mirino delle autorità per il suo attivismo pro-diritti.

Dalle ultime informazioni sei degli avvocati fermati, fra i quali Paknia, sono stati rilasciati dietro versamento di una cauzione. Tuttavia, la grande maggioranza resta in custodia cautelare. Questa e altre vicende di gravi violazioni hanno spinto 40 avvocati di origine iraniana, ma che vivono all’estero, a sottoscrivere una lettera aperta dai toni durissimi contro la magistratura. Da istituzione preposta “alla tutela dei diritti dei cittadini” essa si è trasformata in forza “dispotica” e “corrotta”, che sfrutta “false accuse” relative alla “sicurezza” per perpetrare abusi e violazioni.
(…)
(09/11/2022AsiaNews)

DALLA STAMPA

CRISTIANI PERSEGUITATI/ Ne sono stati uccisi 5.898 (nel 2021) ma l’Onu si ricorda solo dell’islam
(ilSussidiario.net 11.11.2022 - Dario Chiesa)

Le Nazioni Unite dedicano una giornata mondiale all’odio contro i musulmani, ma si dimenticano della religione più perseguitata al mondo: quella cristiana

Il 15 marzo è stato proclamato Giornata internazionale per la lotta contro l’islamofobia, in un’assemblea dell’Onu tenutasi lo stesso giorno di quest’anno. La risoluzione ha sollevato alcune perplessità, per esempio del rappresentante della Francia, perché si riferisce a un’unica religione e non tiene presente che le persecuzioni religiose non si limitano certamente all’islam. Desta poi più che una perplessità il fatto che uno dei presentatori della delibera fosse il rappresentante del Pakistan, che ha parlato di “tolleranza e pace centrate sul rispetto dei diritti umani e della diversità delle religioni e delle fedi”.

La forte perplessità deriva dal fatto che il Pakistan è uno dei Paesi a più forte intolleranza religiosa, con l’uso indiscriminato della sua legge contro la blasfemia per perseguitare i non musulmani, o le sette musulmane non gradite al potere attuale. Nel rapporto di Open Door relativo al 2021, il Pakistan risulta all’ottavo posto per le discriminazioni contro i cristiani, ma al secondo posto per quanto riguarda le uccisioni di cristiani, 620 in quell’anno. Il triste primato è della Nigeria con 4.650 cristiani uccisi. (…)

Secondo i dati del rapporto, circa 360 milioni di cristiani vivono in Stati che attuano nei loro confronti discriminazioni più o meno violente. Le uccisioni accertate ammontano a 5.898, come visto in gran parte in Nigeria e poi in altri Paesi africani, 3.829 sono stati rapiti, 6.175 incarcerati, più di 5mila chiese sono state distrutte o chiuse, di cui 3mila in Cina, malgrado gli accordi con il Vaticano. Se a livello di uccisioni la Nigeria è dominatrice assoluta, per quanto riguarda la repressione in generale l’Afghanistan, dopo la ritirata degli americani, è passato dal secondo al primo posto, spodestando la Corea del Nord che era in testa alla dolorosa classifica da vent’anni.

Non c’è quindi da stupirsi se da diverse parti ci si è chiesti perché l’Onu non si sia sentito in dovere di istituire anche una Giornata contro la cristianofobia. Tanto più, e spiace dirlo, che tra i primi dieci Paesi della suddetta classifica, otto sono a maggioranza musulmana, essendo gli altri due la già citata Corea del Nord e l’India, dove l’intolleranza nazionalista induista si manifesta non solo contro i musulmani, ma anche pesantemente contro i cristiani.

L’avversione ai cristiani e al cristianesimo si sta però diffondendo anche in Europa. In Francia, nel 2021, secondo i dati del ministero degli Interni, vi sono stati 1.380 atti antireligiosi, di cui 686 contro i cristiani, 523 di antisemitismo e 171 contro musulmani. Almeno 450 chiese sono state vandalizzate, un dato non irrilevante.

Non sono solo le difficoltà di convivenza tra diverse fedi alla base delle pressioni anticristiane, concorrono anche le ideologie che stanno prendendo sempre più piede in Occidente, dal “diritto all’aborto”, con i connessi attacchi negli Stati Uniti ai pro life, alle ideologie gender. Sotto quest’ultimo profilo, è decisamente preoccupante, pur essendo ridicolo, ciò che sta succedendo nel Regno Unito circa il cosiddetto misgendering, cioè il rivolgersi a una persona con il pronome sbagliato. Sempre più spesso la polizia viene chiamata da attivisti transgender per questo supposto reato: il dare del “lui” a un uomo che ha deciso di diventare donna, o viceversa. (…)

Questi ultimi casi potrebbero essere ridotti a stupidità, ma sono invece indice di un progressivo deterioramento del convivere civile nel quale i cristiani sembrerebbero essere il bersaglio più facile.

TESTIMONIANZA
Nigeria: “Hanno messo i cristiani nelle gabbie”, racconta una ragazza rimasta prigioniera per 9 anni
(Aleteia José Miguel Carrera - pubblicato il 14/11/22)
Maryamu Joseph è stata tenuta prigioniera per 9 anni in una foresta nel nord della Nigeria. Oggi ha 16 anni, ma era una bambina quando è stata portata via dal suo villaggio dai terroristi di Boko Haram
Le parole di Maryamu Joseph alla Fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) sono una forte testimonianza che aiuta a comprendere meglio la minaccia brutale che aleggia sui cristiani in Nigeria, soprattutto nel nord del Paese. Maryamu è stata rapita e violentata, e ha trascorso nove anni in prigionia prima di riuscire a fuggire. Ora sta cercando di riprendersi dai traumi subiti e dalle esperienze laceranti a cui è stata costretta ad assistere, come il brutale assassinio di uno dei suoi fratelli, decapitato davanti a lei.Viene assistita al Centro per la Cura dei Traumi della Diocesi di Maiduguri, costruito con il sostegno della Fondazione ACS e destinato ad aiutare chi soffre di stress post-traumatico.
L’attacco, la conversione forzata, le punizioni
“Boko Haram ha attaccato la mia comunità nel febbraio 2013. Dopo una mattanza che ha provocato innumerevoli morti, hanno portato 22 di noi in una fitta foresta e abbiamo camminato per 22 giorni prima di arrivare a destinazione. Hanno messo i cristiani nelle gabbie, come animali”, ha ricordato Maryamu alla Fondazione ACS nella sua lingua materna, l’hausa. “La prima cosa che hanno fatto è stata convertirci a forza all’islam. Hanno cambiato il mio nome in Aisha, un nome musulmano, e ci hanno detto di non pregare come cristiani o saremmo morti. Quando avevo dieci anni volevano farmi sposare uno dei capi, ma ho rifiutato. Come punizione mi hanno chiusa in una gabbia per un anno intero. Portavano del cibo una volta al giorno e lo passavano sotto la porta, senza mai aprire la gabbia”.
L’assassinio crudele di uno dei fratelli
Tutto il racconto ha questo tenore, di una crudeltà immensa, come quando la giovane cristiana ricorda il giorno in cui i terroristi hanno catturato anche due dei suoi fratelli e li hanno portati nel campo in cui si trovava anche lei. “Nel novembre 2019 hanno catturato due dei miei fratelli e li hanno portati all’accampamento. Solo Dio sa come mi sono sentita quando li ho visti. Ero piena di rabbia, avrei voluto prendere un machete e massacrare uno a uno quei delinquenti. Hanno preso uno dei miei fratelli e lo hanno ucciso davanti ai miei occhi. Gli hanno tagliato la testa, poi le mani, le gambe e lo stomaco. Hanno trattato il corpo di mio fratello come una gallina prima di essere cucinata. Questo mi ha devastata. Mi sono detta: “Chi sarà il prossimo?” Qualche giorno dopo ho iniziato ad avere incubi, allucinazioni…
La fuga verso la libertà
L’incubo, però, doveva finire. Quattro mesi fa, l’8 luglio, approfittando di un momento di distrazione, Maryamu Joseph è fuggita con una dozzina di compagni di sventura. Nell’intervista a Patience Ibile ha raccontato com’è andata: “L’8 luglio 2022, verso l’una del mattino, l’accampamento era calmo e tutti dormivano, tranne i miei compagni di capanna ed io. Noi 12 abbiamo deciso di fuggire. All’inizio ero in dubbio se restare o meno per via di mia sorella minore, che era in un’altra capanna, ma ho pensato che se fossi rimasta avrei trascorso il resto della mia vita in questo accampamento, e quindi dovevo andare via, a tutti i costi. Abbiamo lasciato furtivamente l’accampamento e abbiamo corso attraverso la foresta”. La fuga è continuata per altri due giorni, finché non sono riusciti ad arrivare a Maiduguri. “Quando siamo arrivati sono svenuta, e quando mi sono svegliata ero tra le braccia di un buon samaritano. Ci ha dato acqua e cibo per recuperare le forze, e in seguito sono venuta al centro gestito dalla Chiesa”.
Nove anni di angoscia e terrore
Ora è il momento di cominciare a liberarsi dalle ombre dell’incubo in cui ha vissuto in questi nove anni. “Abbiamo sofferto tanto ad opera di queste persone empie e senza cuore. Per nove anni abbiamo assistito all’effusione del sangue innocente dei miei compagni cristiani, uccisi da persone che non valorizzano la vita. Hanno assassinato senza rimorso, come se fosse una cosa normale. Le parole non rendono giustizia a quello che ho passato”. Sono stati “nove anni di prigionia, nove anni di tortura, nove anni di agonia”.
Imparare a liberarsi dell’odio
Ora è tempo di ricominciare, tentando l’impossibile, cercando di ritornare ai tempi felici in cui aveva appena 7 anni e guardava il mondo con innocenza. L’esperienza nel Centro per la Cura dei Traumi è molto importante in questo processo. “Quando sono arrivata a Maiduguri, prima di iniziare il mio processo di guarigione, non sopportavo gli uomini. Non riuscivo a guardarli. Mi facevano schifo. Ora, grazie al mio processo di guarigione, ho imparato a mettere da parte l’odio”. Un cammino che viene effettuato lentamente e che ha riportato la giovane Maryamu Joseph al cristianesimo, a casa. “La prima cosa che hanno fatto è stata pregare per me e incoraggiarmi a tornare alla mia fede. Sono felice di tornare al cristianesimo. Da quando sono tornata a Maiduguri il dolore è diminuito. Spero che col tempo Dio mi aiuti a superare l’amarezza e ad abbracciare la pace, anche se non credo che accadrà tanto presto. Continuo ad avere incubi, anche se non brutti come prima. Grazie al Centro non ho più allucinazioni”.
Il Centro per la Cura dei Traumi di Maiduguri è stato costruito con l’aiuto della Fondazione ACS. L’obiettivo di questa struttura diocesana è aiutare le vittime della violenza di Boko Haram, un gruppo terroristico di ispirazione jihadista che vuole creare un “califfato” nel nord-est del Paese, minacciando non solo questa zona della Nigeria, ma anche le regioni di frontiera di Niger, Ciad e Camerun. Dal 2009, gli attacchi terroristici hanno provocato più di 40.000 morti e oltre 2 milioni di sfollati. Il Centro, che verrà inaugurato in questo mese di novembre, ha già aiutato più di due dozzine di persone a superare situazioni di trauma e stress post-traumatico, cercando anche di dare consulenza e formazione vocazionale alle vittime, tra cui Maryamu.

Tornare a scuola, imparare a perdonare
Ora questa ragazza di 16 anni cerca di liberarsi dei fantasmi che la assediano e delle paure che la perseguitano, ma ha un sogno concreto: tornare a scuola, imparare l’inglese e, se possibile, studiare Diritto, “per difendere gli indifesi”. Il futuro è ancora incerto, come lo spazio per Dio e il ritorno al cristianesimo. Nelle sue parole c’è ancora molta rabbia. “Tornare al cristianesimo dopo nove anni di pratica dell’islamismo implica un lavoro molto duro. All’inizio sembra quasi impossibile. La mia mente è ancora pesante, piena di rabbia, amarezza e angoscia. Il dolore va e viene. Un minuto sono felice, quello dopo torna la tristezza”. Prima o poi, Maryamu dovrà affrontare l’odio che la invade ogni volta che pensa ai terroristi che l’hanno imprigionata, violentata e maltrattata e che hanno ucciso i suoi cari. Il perdono è possibile? “Perdonare quegli esseri senza cuore? Penso di non essere in grado di perdonare. Ho bisogno di tempo per digerire tutto quello che mi è accaduto, e poi forse, solo forse, potremo parlare di perdono. Oggi, però, no, non li posso perdonare…”

Non dimenticare Leah Sharibu
La storia di Maryamu fa ricordare quella di Léah Sharibu, una giovane cristiana nelle mani di Boko Haram dal 19 febbraio 2018. Quel giorno, Léah è stata rapita insieme a un centinaio di compagne della sua scuola a Dapchi. Anche la sua vicenda è emblematica. Pochi giorni dopo l’attacco alla scuola, tutte le ragazze sono state liberate tranne lei. All’epoca aveva 15 anni e ha rifiutato di rinunciare al cristianesimo come chiedevano i terroristi. Ha avuto il coraggio di rimanere prigioniera per restare fedele alla sua religione. Nonostante tutti gli appelli dei genitori e di istituzioni come la Fondazione ACS, la giovane cristiana è ancora tenuta prigioniera, e non si sa dove si trovi esattamente. Nel gennaio 2020, un’operatrice umanitaria che era stata anche lei prigioniera e nel frattempo era stata liberata ha detto che Léah era viva a apparentemente in buona salute. Da allora non si sono più avute informazioni su di lei.

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