2022 12 28 Festa dei Santi Martiri Innocenti
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Le persecuzioni dei cristiani oggi: Africa, Medio Oriente, Asia, IRAN, ARMENIA, CINA.
NOTIZIE della settimana:
NIGERIA - Terzo sacerdote rapito in 5 giorni
INDIA - Chhattisgarh, sit-in dei tribali cristiani contro le violenze dei nazionalisti indù
PAKISTAN - Per Shagufta Kiran il secondo Natale lontano dai figli
… io sento che il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto, perché è una guerra diretta, un’uccisione diretta, un omicidio commesso dalla madre stessa. E leggiamo nelle Scritture, perché Dio lo dice molto chiaramente: “Anche se una madre dimenticasse il suo bambino, io non ti dimenticherò. Ti ho inciso sul palmo della mano”. Siamo incisi nel palmo della sua mano, così vicini a Lui che un bambino non nato è stato inciso nel palmo della mano di Dio. E quello che mi colpisce di più è l’inizio di questa frase, che “Persino se una madre potesse dimenticare, qualcosa di impossibile, ma perfino se si potesse dimenticare, io non ti dimenticherò”. E oggi il più grande mezzo, il più grande distruttore della pace è l’aborto. E noi che stiamo qui, i nostri genitori ci hanno voluti. Non saremmo qui se i nostri genitori non lo avessero fatto. I nostri bambini li vogliamo, li amiamo, ma che cosa è di milioni di loro? Tante persone sono molto, molto preoccupate per i bambini in India, per i bambini in Africa dove tanti ne muoiono, di malnutrizione, fame e così via, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo è ciò che è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio stesso bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla.
(Santa Madre Teresa di Calcutta: discorso al Nobel per la Pace 1979)
Il Papa: i tanti martiri di oggi, testimoni di perdono e riconciliazione
Papa Francesco, all’Angelus di Santo Stefano,
La parola martire significa testimone: i martiri sono testimoni, cioè fratelli e sorelle i quali, attraverso le loro vite, ci mostrano Gesù, che ha vinto il male con la misericordia. E anche ai nostri giorni i martiri sono numerosi più che nei primi tempi. Oggi preghiamo per questi fratelli e sorelle martiri perseguitati, che testimoniano Cristo.
(RV 2022 12 26)
Il primo martire Santo Stefano e i cristiani perseguitati oggi
Nel giorno in cui la chiesa celebra Santo Stefano protodiacono e protomartire, il rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre invita a ricordare i cristiani perseguitati oggi nel mondo.
Un numero in crescita tra violenze, abusi, chiusure forzate delle chiese.
Dal 1° gennaio 2022 nel mondo sono stati uccisi 14 sacerdoti e 2 religiose
Guardando al XX e XXI secolo, la Chiesa conserva memoria di tantissimi testimoni della fede dell’Asia, dell’Oceania, del Medio Oriente, dell’Africa, delle Americhe. In particolare, si ricordano i testimoni della fede di Spagna e Messico e tutti i testimoni della fede uccisi sotto il regime comunista e sotto il regime nazista. In particolare, la Chiesa italiana celebra la Giornata in memoria dei missionari martiri il 24 marzo, ricordando la drammatica uccisione dell’arcivescovo di San Salvador Oscar Arnulfo Romero, assassinato proprio in questo giorno del 1980 e proclamato Santo da Papa Francesco il 14 ottobre 2018. Secondo gli ultimi dati pubblicati, nel mondo, dal 1 gennaio 2022 ad oggi, sono stati uccisi 14 sacerdoti e due religiose.
Le persecuzioni dei cristiani oggi
Cresce l’oppressione dei cristiani nel mondo e prevalentemente dagli estremisti di matrice islamica. “Perseguitati più che mai. Rapporto sui cristiani oppressi per la fede 2020-2022” è il titolo dell’ottava edizione del resoconto annuale della Fondazione pontificia «Aiuto alla Chiesa che soffre» (Acs), pubblicato nel novembre scorso. Nel 75 per cento dei 24 Paesi esaminati, l’oppressione o la persecuzione dei cristiani è aumentata. Il testo esamina, dall’ottobre 2020 al settembre 2022, i Paesi in cui le violazioni della libertà religiosa destano particolare preoccupazione: Afghanistan, Arabia Saudita, Cina, Corea del Nord, Egitto, Eritrea, Etiopia, India, Iran, Iraq, Israele e i Territori Palestinesi, Maldive, Mali, Mozambico, Myanmar, Nigeria, Pakistan, Qatar, Russia, Sri Lanka, Sudan, Siria, Turchia e Vietnam.
In Africa
L’Africa registra un forte aumento della violenza terroristica, a causa della quale oltre 7.600 cristiani nigeriani sarebbero stati assassinati tra il gennaio 2021 e il giugno 2022, dai terroristi di Boko Haram e della Provincia dell’Africa occidentale dello Stato Islamico (Iswap). I due raggruppamenti cercano da anni di fondare califfati nella regione del Sahel, ciascuno con il proprio wali (governatore) e con la propria struttura governativa, tutti basati sulla violenza più cieca, sull’odio più infernale. Anche in Mozambico la formazione terroristica islamica Al-Shabab ha intensificato la sua campagna di terrore, uccidendo i cristiani, attaccando i loro villaggi e appiccando il fuoco alle chiese. Il gruppo, affiliato al sedicente Stato Islamico (Is), ha provocato la fuga di oltre 800 mila persone e la morte di altre 4.000. Tra le testimonianze riportate c’è anche quella di monsignor Jude A. Arogundade, vescovo di Ondo in Nigeria, la cui diocesi è stata presa di mira da uomini armati che hanno ucciso più di 40 persone durante la celebrazione della Pentecoste nel giugno scorso. Commentando la presentazione del rapporto, il vescovo dichiara che, “nonostante il crescente allarme per l’aumento della violenza in alcune parti del Paese, nessuno sembra prestare attenzione al genocidio in atto nella Middle Belt della Nigeria. Il mondo tace mentre gli attacchi alle chiese, al loro personale e alle istituzioni sono diventati routine quotidiana”.
In Medio Oriente
Dal rapporto emerge che “la crisi migratoria minaccia la sopravvivenza di alcune delle comunità cristiane più antiche del mondo. In Siria, i cristiani sono calati dal 10 per cento della popolazione, arrivando a meno del 2%, passando da 1,5 milioni del periodo precedente la guerra ai circa 300 mila di oggi. Nonostante il tasso di esodo in Iraq sia più basso, una comunità che contava circa 300 mila persone prima dell’invasione da parte di Daesh/Is nel 2014, nella primavera 2022 si è ormai dimezzata”. Dallo studio emerge anche che in Paesi diversi come l’Egitto e il Pakistan le ragazze cristiane sono abitualmente soggette a rapimenti e stupri sistematici, sempre da parte degli islamici.
In Asia
Il rapporto, guardando poi al continente asiatico, denuncia l’autoritarismo statale che ha portato a un peggioramento dell’oppressione anzitutto in Corea del Nord, dove fede e pratiche religiose sono ordinariamente represse. Il nazionalismo religioso ha innescato crescenti violenze contro i cristiani in India e Sri Lanka, dove si sono registrati episodi in cui le autorità politiche e militari hanno arrestato fedeli e interrotto le celebrazioni religiose. Inoltre, in vari Paesi, si deve parlare di aumento della pressione sui cristiani, mediante arresti indiscriminati, chiusura forzata delle chiese e uso di sistemi di sorveglianza oppressivi. (RV 2022 12 26)
Cosa subisce la minoranza cristiana in IRAN?
I cristiani, afferma Monteduro (ACS), «sono spesso vittime di arresti arbitrari, detenzione e aggressioni da parte della polizia. Molti fedeli sono stati arrestati durante cerimonie religiose e accusati di crimini contro la sicurezza nazionale. Il governo impone limitazioni legali alla costruzione e al restauro delle chiese. Sono vietate le celebrazioni in lingua farsi, l’idioma nazionale, di conseguenza non si possono celebrare Messe in persiano, per cui diventa impossibile comunicare la fede. Per lo stesso motivo non è permesso detenere Bibbie o libri sacri in persiano».
Il prezzo della conversione
La libertà, l’integrità fisica e perfino la vita dei convertiti dall’Islam al Cristianesimo, denuncia il direttore di Acs Italia, «sono particolarmente a rischio, potendo essere accusati di apostasia, un reato che prevede la pena capitale. Per questo non possiamo ricordarci della violazione dei diritti umani in Iran solo quando le notizie di cronaca rendono evidente la punta dell’iceberg».
(Aleteia 2022 12 23)
Il Natale martoriato dei cristiani d’ARMENIA
Ancora una volta, il Natale si annuncia difficile per il popolo armeno. Questo paese del Caucaso, la cui popolazione è cristiana per il 90%, è ancora nel mirino delle intimidazioni azere, manifestate da una nuova aggressione il 13 e 14 settembre 2022, stavolta direttamente sul territorio della Repubblica d’Armenia.
Se il clima generale sembra essersi un tantino disteso, dopo quegli attacchi, la verità è piuttosto che la Repubblica di Azerbaijan ha cambiato metodo: da una decina di giorni essa sta imponendo un blocco del corridoio di Lachin, in Haut-Karabagh. I suoi abitanti sono dunque tagliati via dal resto del mondo, poiché quel tratto di terra è l’unico modo per collegare l’enclave alla Repubblica di Armenia. Si tratta di 120mila persone in tutto – 30mila dei quali bambini e 20mila dei quali anziani – che si apprestano a passare un Natale doloroso (i cristiani d’Armenia festeggiano il Natale generalmente il 6 gennaio).
Maxime Yevadian, storico e membro del laboratorio del Centro Nazionale della Ricerca Scientifica (CNRS) di Lione, spiega:
Quel che accade oggi in Haut-Karabagh è l’applicazione in tutto il suo fulgore di una politica della pressione e del ricatto condotta dalla Repubblica di Azerbaijan, aiutata dalla Turchia e dal Pakistan, contro gli Armeni dello Haut-Karabagh.
L’Armenia è il catenaccio da far saltare, il sassolino nella scarpa della continuità turcomanna, vagheggiata dai vicini turchi e azeri.
Una crisi umanitaria innescata volontariamente
Giovedì 22 dicembre saranno 10 giorni dall’avvio del blocco (che ha chiuso tutte le strade). Gli stock di derrate alimentari vanno progressivamente verso l’esaurimento, e i malati gravi non potranno essere trasferiti ad Erevan, la capitale, restando bloccati nell’ospedale di Stepanakert. Un paziente è già morto e altri quattro sono in stato grave, secondo il quotidiano ArmeNews.
24 operazioni chirurgiche sono sospese, i parti sono esposti a maggiori rischi. Al di fuori dell’agricoltura, nessuna attività economica permette più all’Artsakh di vivere correttamente: «La popolazione è imprigionata, blindata – prosegue Maxime Yevadian – e l’Azerbaijan sta volontariamente creando una grave crisi umanitaria». (Aleteia, Cécile Séveirac -23/12/22)
CINA: l’anno peggiore per la libertà religiosa in Cina dai tempi della Rivoluzione Culturale
Una commissione parlamentare statunitense ha affermato che viviamo nell’anno peggiore per la libertà religiosa in Cina dai tempi della Rivoluzione Culturale. Copriamo ciò che accade in Cina ogni giorno. La maggiore sorveglianza di tutti e di tutto con il pretesto della politica Zero COVID e il consolidamento di tutti i poteri nelle mani di un solo uomo, Xi Jinping, ha peggiorato la persecuzione di tutte le religioni. (Bitter Winter 2022 12 24)
NOTIZIE della settimana
NIGERIA - Terzo sacerdote rapito in 5 giorni
Un nuovo rapimento di un sacerdote in Nigeria, il terzo in 5 giorni. P. Mark Ojotu, cappellano dell’ospedale St. Mary, Okpoga, è stato rapito ieri pomeriggio, 22 dicembre, lungo la Okpoga-Ojapo Road, nello stato di Benue, informa un comunicato pervenuto all’Agenzia Fides della diocesi di Otukpo, nell’est della Nigeria.
Mons. Michael Ekwoy Apochi. Vescovo di Otukpo ha chiesto ai fedeli di “pregare il rapido rilascio del sacerdote e di tutti coloro che sono nelle mani dei rapitori”.
Ricordiamo che il 20 dicembre è stato rapito don Sylvester Okechukwu, della diocesi di Kafanchan, nello Stato di Kaduna, nel centro nord del Paese (vedi Fides 21/12/2022), mentre il 17 dicembre è stato sequestrato p. Christopher Ogide, parroco associato della parrocchia Maria Assumpta di Umuopara, diocesi di Umuahia nello Stato di Abia, nel sud della Nigeria (vedi Fides 20/12/2022). (L.M.) (Agenzia Fides 23/12/2022)
INDIA - Chhattisgarh, sit-in dei tribali cristiani contro le violenze dei nazionalisti indù
Nello Stato indiano del Chhattisgarh una folla di cristiani di comunità tribali provenienti da 14 villaggi ha tenuto un sit-in di protesta davanti all’ufficio del magistrato locale del distretto di Narayanpur, per denunciare una serie di soprusi subiti da nazionalisti indù. I manifestanti hanno affermato di essere stati aggrediti e sfrattati dalle loro case per essersi convertiti al cristianesimo.
Secondo la denuncia solo domenica 18 dicembre - proprio con l’avvicinarsi del Natale - 50 persone sono state picchiate e cacciate dalle loro case a Cherang, nel Bastar. Ma in tutto il mese di dicembre nella zona si sono verificati 21 incidenti distinti in di questo tipo, 15 in novembre e tre nel mese di ottobre. Cristiani sono stati attaccati fisicamente a Bhatpal, Modenga e Gohda.
“I leader dei villaggi – spiegano i manifestanti - hanno incitato altri a minacciarci, a maltrattarci e ad aggredirci fisicamente, distruggendo e rubando i nostri raccolti e prodotti. Hanno anche chiesto un boicottaggio sociale, accusando i cristiani di attività occulte”.
“Viviamo in questi villaggi da generazioni senza alcuna discriminazione - continuano - praticando pacificamente la nostra religione e i suoi riti. Tuttavia, ci sono alcuni leader che incitano altri ad attaccare noi e la nostra comunità. L’autorità dei consigli locali tradizionali viene utilizzata per attaccarci nelle nostre case. Le donne e i bambini sono diventati bersaglio di commenti osceni. I nostri diritti fondamentali e lo stesso diritto a vivere ci vengono sottratti”.
(AsiaNews - Nirmala Carvalho 21/12/2022)
PAKISTAN - Per Shagufta Kiran il secondo Natale lontano dai figli
È trascorso quasi un anno e mezzo dall’arresto della donna cristiana pakistana Shagufta Kiran (vedi Fides 31/8/2021) e quello imminente è, per lei, il secondo Natale trascorso in carcere, lontana dal marito e dai suoi due figli. Shagufta Kiran, 35 anni, è stata accusata di blasfemia per aver inoltrato un messaggio su una chat del social media “WhatsApp” che includeva contenuti ritenuti blasfemi. In una lettera scritta ai suoi figli - inviata a Fides dai suoi avvocati - la donna rivela che “le sue condizioni fisiche e mentali non sono molto buone”. “Non riesco più a sopportare lo stare lontana da voi e desidero con tutto il cuore ricongiungermi a voi”, si legge. “Desidero tanto e chiedo a Dio di poter nuovamente godermi il Natale insieme con voi, uniti come una famiglia”.
I figli di Shagufta, con l’avvicinarsi del Natale, avvertono molto la mancanza della madre. “Ogni giorno a tavola piangono e pregano per il ritorno della madre. Molti dei parenti e degli amici si prendono cura di loro, tuttavia nulla può sostituire l’amore di una madre”, rileva l’avvocato di Rana Abdul Hameed. “Oggi soffrono di traumi e depressione - spiega il legale - poiché sono stati costretti a lasciare la loro casa, dopo che si è verificato l’incidente. Il loro futuro è segnato a causa di questo incidente. Vivono in un altro luogo e sono tristi e preoccupati”. “Il reato di blasfemia è punibile anche con l’ergastolo o la pena di morte. A un anno dall’arresto, dopo varie udienze, il caso è ancora aperto”, riferisce l’avvocato Rana Abdul Hameed. “Shagufta - precisa - affronta la reclusione in carcere con accuse infondate. Non sapeva nulla del post incriminato, non era l’autrice di quel messaggio, e sconta oggi una responsabilità che non è sua. Per grazia di Dio, spero di farla assolvere”.
“Oggi la persona che ha scritto il messaggio incriminato è a piede libero; colei che ha espresso un’opinione su di esso, nemmeno approvandolo, è stata arrestata. Questo è un fallimento del sistema della giustizia penale. Riteniamo che Shagufta sia stata accusata perché cristiana: è un bersaglio facile. Bisogna anche verificare, e lo stanno facendo gli avvocati, se le indagini sul caso siano state condotte in modo corretto”, nota il presidente della Ong.
Tra i casi più recenti, si ricorda la vicenda dei coniugi cristiani Shafqat Emmanuel e Shagufta Kausar, rilasciati nel 2022 dopo sette anni di carcere. I due erano stati condannati a morte in base ad accuse di presunta blasfemia commessa tramite un SMS ritenuto blasfemo. All’inizio di giugno, l’Alta Corte di Lahore ha annullato la condanna a morte comminata nel 2014, riconoscendo la macchinazione ai loro danni.
Come rilevano enti e associazioni della società civile, in Pakistan si assiste a una stretta per punire il reato di blasfemia compiuto per pubblicazioni sui social media, applicandovi la dura legislazione penale esistente (come ergastolo e pena di morte). Alcune organizzazioni islamiche stigmatizzano “la crescente minaccia di diffusione di contenuti blasfemi sui social media” e fanno pressioni sui tribunali perchè adottino la massima severità in merito.
(PA) (Agenzia Fides 22/12/2022)