2023 02 15 NICARAGUA - condannato a 26 anni di carcere il vescovo Álvarez
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HAITI - Violenza spietata sugli inermi. Missionario rapito, suore brasiliane aggredite
LAOS - Famiglie cristiane in Laos cacciate dal loro villaggio
CENTRAFRICA - Sta meglio il missionario di Lecco: l’auto era saltata su una mina
NICARAGUA - condannato a 26 anni di carcere il vescovo Álvarez
Il vescovo di Matagalpa è stato condannato da un tribunale nicaraguense dopo essersi rifiutato di lasciare il Paese insieme ad altri sacerdoti e oppositori politici
Ha rifiutato di lasciare il Nicaragua per andare in esilio negli Stati Uniti. Per questo un tribunale nicaraguense ha condannato a 26 anni di carcere il vescovo nicaraguense di Matagalpa e amministratore apostolico della diocesi di Estelí, monsignor Rolando José Álvarez Lagos, il giorno dopo che si è rifiutato di imbarcarsi su un aereo assieme ad altre 222 persone, sacerdoti, seminaristi, oppositori politici o semplici critici del regime. Una sentenza letta da un giudice della Corte d’appello ha definito monsignor Álvarez, 56 anni, “un traditore della patria” condannandolo a restare in carcere fino al 2049.
Il vescovo di Matagalpa è accusato di “cospirazione per minare l’integrità nazionale e propagazione di notizie false attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione a danno dello Stato e della società nicaraguense”. Il processo doveva iniziare il 15 febbraio ma è arrivata prima la sentenza. Oltre al vescovo, altri due sacerdoti, Manuel García e José Urbina, del clero della diocesi di Granada, sono ancora detenuti nelle carceri nicaraguensi.
Sacerdoti espulsi come “traditori della patria”
Altri cinque sacerdoti, un diacono e due seminaristi accusati di “cospirazione” e condannati a dieci anni di carcere sono invece già arrivati negli Stati Uniti, dove dovrebbero ottenere un permesso di soggiorno per un periodo iniziale di due anni. Le otto persone fanno parte di coloro per i quali la Corte d’Appello di Managua ha ordinato “l’espulsione immediata ed effettiva per aver commesso atti che minano l’indipendenza, la sovranità e l’autodeterminazione del popolo, per aver incitato alla violenza, al terrorismo e alla destabilizzazione economica”. Gli espulsi sono stati dichiarati “traditori della patria”, hanno avuto i loro “diritti cittadini sospesi a vita” e privati della cittadinanza nicaraguense.
Le accuse di Ortega
Il presidente Daniel Ortega ha parlato della condanna di monsignor Álvarez alla televisione nazionale, definendo “assurda” la posizione del vescovo e affermando che è in carcere per “terrorismo”. La polizia aveva arrestato Alvarez lo scorso mese di agosto e successivamente i tribunali lo hanno accusato di “cospirazione” e diffusione di “notizie false”.
(RV 2023 02 11 Andrea De Angelis)
Il cardinale Hollerich: è persecuzione di Stato
Il cardinale Jean-Claude Hollerich ha denunciato la falsità delle accuse in una lettera datata 6 febbraio e indirizzata a monsignor Carlos Enrique Herrera Gutiérrez, presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua. Nella missiva, il cardinale, in qualità di presidente della Comece, la Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea, ha preso posizione sulla situazione in Nicaragua, esprimendo la solidarietà dei vescovi dell’Ue alla Chiesa cattolica del Paese centramericano “che sta affrontando una profonda sofferenza a causa della persecuzione dello Stato”. Hollerich denuncia l’aggravarsi della situazione con eventi recenti come “la chiusura di stazioni radio cattoliche, l’ostruzione dell’accesso alle chiese da parte della polizia e altri gravi atti che turbano la libertà religiosa e l’ordine sociale”.
Dagli arresti domiciliari al carcere
Monsignor Álvarez è il primo vescovo a essere arrestato e condannato da quando il presidente Daniel Ortega è tornato al potere in Nicaragua nel 2007. Era stato prelevato dal palazzo vescovile di Matagalpa all’alba dello scorso 19 agosto da agenti di polizia, assieme a sacerdoti, seminaristi e laici, dopo essere stato tenuto forzatamente rinchiuso per 15 giorni nella Curia con l’accusa di aver tentato di “organizzare gruppi violenti” con “l’obiettivo di destabilizzare lo Stato nicaraguense e attaccare le autorità costituzionali”. Il vescovo era stato poi trasferito nella sua residenza privata a Managua agli arresti domiciliari, ma adesso è stato trasferito in un carcere di massima sicurezza.
Il Papa prega per il vescovo Alvarez condannato in Nicaragua
Lo sguardo del Papa va oltre piazza San Pietro, verso il Nicaragua, da dove giungono notizie che lo addolorano “non poco”, spiega Francesco nel dopo-Angelus, quando fa riferimento a quanto accaduto nelle ultime ore nel Paese latinoamericano, da dove sono stati espulse 222 persone e un vescovo è stato condannato a 26 anni di carcere e chiede ai fedeli presenti in piazza di pregare la Madonna:
Non posso qui non ricordare con preoccupazione il vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Alvarez, a cui voglio tanto bene, condannato a 26 anni di carcere e anche le persone che sono state deportate negli Stati Uniti. Prego per loro e per tutti quelli che soffrono in quella cara nazione. E chiedo a voi la vostra preghiera. Domandiamo inoltre al Signore, per l’intercessione dell’Immacolata Vergine Maria, di aprire i cuori dei responsabili politici e di tutti i cittadini alla sincera ricerca della pace che nasce dalla verità, dalla giustizia, dalla libertà e dall’amore e si raggiunge attraverso l’esercizio paziente del dialogo. Preghiamo insieme la Madonna
(RV 2023 02 12 Francesca Sabatinelli)
HAITI - Violenza spietata sugli inermi. Missionario rapito, suore brasiliane aggredite
“Avevamo sperato che la situazione potesse migliorare, invece, dopo una pausa a Natale è riesploso tutto” racconta all’Agenzia Fides p. Antonio Menegòn, missionario Camilliano (MI). Il sacerdote fa riferimento al recente rapimento del missionario Clarettiano, padre Antoine Macaire Christian Noah, che lo scorso 7 febbraio si stava recando verso la sua comunità di Kazal, quando è stato sequestrato da una banda di criminale che ha poi chiesto il riscatto alla Chiesa locale.
“Tra gli ultimi episodi riportati dai nostri confratelli Camilliani ad Haiti – prosegue p. Menegòn – la scorsa settimana è stato registrato un violento attacco ad un istituto di suore brasiliane presenti a Port au Prince. I banditi hanno portato via ogni cosa e usato violenza contro le religiose.”
Da anni sull’isola persistono non solo violenza e devastazione: hanno raggiunto livelli altissimi anche corruzione e soprusi che si verificano ai danni degli organismi impegnati a portare aiuti alla popolazione stremata. “Ultimamente, per poter fare arrivare un nostro camion di aiuti da Port au Prince a Jeremie, cittadina remota già devastata dal terremoto del 14 agosto 2021, dove la popolazione non ha veramente nulla, abbiamo dovuto pagare le diverse bande criminali per ogni tratta percorsa e poter arrivare a destinazione. Padre Massimo Miraglio, che è l’unico Camilliano italiano presente ad Haiti, si reca periodicamente in queste zone di montagna. Cerca di offrire alla popolazione un minimo di assistenza, fa il parroco, sta costruendo una scuola, farà un ambulatorio e una piccola cappella. Insieme al suo gruppo percorrono ore di strade impervie per trasportare banchi per la scuola e altri generi di prima necessità a dorso di muli e raggiungere le aree più isolate che si trovano sulle montagne di Jeremie.”
“Lo scorso anno – ricorda ancora p. Menegòn – i nostri confratelli sempre a Jeremie avevano trovato villaggi distrutti, totalmente isolati, e organizzato dispensari da campo e cliniche mobili in quest’area così remota e difficilmente raggiungibile”.
(AP) (Agenzia Fides 10/2/2023)
LAOS - Famiglie cristiane in Laos cacciate dal loro villaggio
Gli abitanti dei villaggi rurali nel nord-ovest del Laos hanno cacciato 15 famiglie e un pastore dal loro villaggio a causa delle loro convinzioni cristiane, hanno riferito fonti locali a Radio Free Asia.
Il villaggio di Mai nella provincia di Luang Namtha ospita molti membri della minoranza Ahka, che ha le proprie convinzioni spirituali. Ma quando 15 famiglie del villaggio si convertirono al cristianesimo, i loro vicini si unirono e cacciarono loro e il loro pastore fuori città.
L’incidente è stato l’ultimo di una serie di simili aggressioni e mosse legali contro i cristiani nello stato comunista monopartitico con una popolazione prevalentemente buddista, nonostante una legge nazionale protegga il libero esercizio della loro fede.
Attualmente le famiglie espulse non hanno un posto dove stare e le autorità hanno cercato di negoziare con il villaggio per incoraggiarle a vivere insieme in armonia, ma questi sforzi non hanno avuto successo, ha detto un cristiano che non è coinvolto nel caso.
Perseguitati per la loro fede
In altre parti del Laos, le autorità non solo non sono riuscite a proteggere i cristiani dalle persecuzioni, ma in diversi casi ne sono state la causa.
Nell’agosto 2022, le autorità del distretto di Xieng Ngeun della provincia di Luang Prabang hanno confiscato la carta d’identità, il passaporto e le carte di registrazione del villaggio di una famiglia cristiana di minoranza etnica, dicendo che i documenti sarebbero stati restituiti solo se avessero rinunciato alla loro fede.
Un cristiano del nord del Laos, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza, ha affermato che le autorità locali di tutta la regione settentrionale hanno condotto una campagna contro i cristiani, quindi la situazione a Luang Namtha non è sorprendente.
“Le autorità comprerebbero beni di prima necessità per aiutare i poveri, ma li darebbero solo se i cristiani rinunciassero alla loro fede”, ha detto la fonte. “Direbbero che il cristianesimo è una religione straniera, la religione degli occidentali che sono nostri nemici, anche se i cristiani non sono d’accordo che sono nostri nemici”.
Ma un funzionario dell’ufficio regionale settentrionale del Fronte laotiano per lo sviluppo nazionale ha negato che l’organizzazione prenda di mira i cristiani.
“Non vietiamo loro di credere al cristianesimo, ma alcuni credenti cristiani usano il cristianesimo in modo sbagliato contro le regole e i regolamenti dei villaggi”, ha detto il funzionario. “Ad esempio, quando si convertono al cristianesimo, non partecipano a feste o cerimonie etniche e diffondono il cristianesimo in altre comunità”.
(Tradotto da Sidney Khotpanya. A cura di Eugene Whong e Malcolm Foster. Radio Free Asia
Asia News 2023 02 11)
CENTRAFRICA - Sta meglio il missionario di Lecco: l’auto era saltata su una mina
Padre Norberto Pozzi, 71 anni è in ospedale ma si evitato l’amputazione della gamba.
(Ultime notizie14 febbraio: verrà amputato il piede)
Purtroppo La sua auto è passata sopra l’ordigno in una località a 35 chilometri da Bozoum
Padre Norberto Pozzi, 71 anni, sta meglio e i medici sono riusciti a evitargli l’amputazione della gamba. Lo riferisce all’agenzia Fides da Bozoum un confratello, padre Aurelio Gazzera: “Padre Norberto Pozzi sta meglio, gli hanno tolto il respiratore ed ora respira da solo. Mi hanno appena telefonato dall’ospedale di Entebbe”.
Venerdì scorso il religioso, accompagnato da altre cinque persone, stava guidando nel nord del Centrafrica quando il suo veicolo è saltato su una mina. Il resto dei passeggeri ha riportato ferite più leggere. “Il nostro confratello, padre Norberto, è rimasto gravemente ferito oggi – aveva confermato padre Gazzera –. La sua auto è passata sopra una mina a 35 km da Bozoum”.
Il religioso lombardo, originario di Lecco, era approdato in Centrafrica con una formazione da geometra e dal 1980 ha lavorato per otto anni come muratore. Dopo essere rientrato in Italia è diventato sacerdote carmelitano e nel 1995 è rientrato nella capitale centrafricana, Bangui, come sacerdote. Sabato mattina era stato trasportato dal nord del Paese verso la capitale con un elicottero della Missione Onu in loco (Minusma). “Siamo molto preoccupati perché ieri non eravamo neanche sicuri che riuscisse a sopravvivere – aveva detto da Bangui ad Avvenire padre Federico Trinchero, sacerdote dello stesso ordine –. Ora sembra che la sua salute si stia stabilizzando ma probabilmente perderà la sua gamba”.
Nonostante alcuni progressi in termini di sicurezza, il Centrafrica continua ad essere un territorio fragile nella morsa di diversi gruppi armati. Il presidente centrafricano, Faustin-Archange Touadera, protetto da anni dai mercenari russi di Wagner, è al potere dal 2016 e sta affrontando il suo secondo mandato. Fin dall’indipendenza nel 1960, il Paese ha conosciuto diversi colpi di Stato e violenze che negli ultimi anni hanno prodotto numerosi gruppi ribelli, alcuni legati alla comunità cristiana e altri a quella musulmana. La causa di questa instabilità è però nelle ingenti risorse minerarie presenti in gran parte del sottosuolo centrafricano e nelle riserve petrolifere scoperte soprattutto nel nord-ovest. (Avvenire Matteo Fraschini Koffi, Dakar e Redazione Internet sabato 11 febbraio 2023)