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2023 04 05 Mercoledì Santo

Curatore:
https://www.culturacattolica.it/servizi/redattori-e-collaboratori/redazione/mangiarotti-don-gabriele
Fonte:
CulturaCattolica.it
Un cristiano su sette vittima di persecuzioni: sette cristiani su sette a rischio di tradimento

La scelta di pregare per i martiri nel giorno di mercoledì è legata al mercoledì santo.
Nella liturgia si ricorda il tradimento di Giuda.

Così inizia la Passione di Cristo: l’amico lo tradisce.
Siamo i Suoi amici: preghiamo per non tradire.

Anche noi possiamo tradire per paura, falso pudore o, peggio, perché siamo convinti che possiamo credere in Dio secondo un modo nostro, un nostro giudizio che non si forma nel “nel pensare secondo Dio” cioè nella comunione della chiesa, ma secondo il mondo.
Possiamo tradire perché sedotti dall’originaria menzogna che ci spinge a voler essere dio decidendo persino la vita di altri esseri umani: pensiamo all’aborto, origine della guerra, e ogni altro omicidio nelle sue mille forme.

Ricordiamo allora nella preghiera i tanti cristiani che nel mondo sono perseguitati in molti modi, compresa la morte: chiediamo che la loro testimonianza risvegli la nostra fede

La Santa Sede all’Onu: un cristiano su sette vittima di persecuzioni

Il nunzio Fortunatus Nwachukwu, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenuto a Ginevra alla 52ª Sessione del Consiglio dei Diritti Umani: “Negli ultimi anni inasprite violenze e misure repressive. Ai credenti spesso negato il diritto di esprimere e praticare la propria fede, anche quando ciò non mette a repentaglio la sicurezza pubblica o viola i diritti altrui”

“Un cristiano su sette subisce oggi persecuzioni”.
Lo ha affermato il nunzio apostolico monsignor Fortunatus Nwachukwu, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre Organizzazioni internazionali, nel suo intervento a Ginevra alla 52ª Sessione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. A nome della Santa Sede, Nwachukwu - recentemente nominato dal Papa segretario del Dicastero per l’Evangelizzazione, sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari - ha voluto sottoporre all’attenzione internazionale “la situazione di molti individui e comunità che subiscono persecuzioni a causa del loro credo religioso”. L’arcivescovo ha citato le parole del Papa: “La pace - ha detto - richiede anche il riconoscimento universale della libertà religiosa. È preoccupante che le persone vengono perseguitate solo perché professano pubblicamente la loro fede e in molti Paesi la libertà religiosa è limitata. Circa un terzo della popolazione mondiale vive in queste condizioni”, è stata la sua denuncia.

Inasprimento di misure repressive e abusi
“Negli ultimi anni abbiamo assistito all’inasprimento delle misure repressive e degli abusi, anche da parte delle autorità nazionali, nei confronti delle minoranze religiose in molti Paesi del mondo”, ha aggiunto il rappresentante vaticano - Ai credenti viene spesso negato il diritto di esprimere e praticare la propria fede, anche quando ciò non mette a repentaglio la sicurezza pubblica o viola i diritti di altri gruppi o individui”. Inoltre, “la profanazione e la distruzione di luoghi di culto e siti religiosi, così come gli attacchi violenti contro i leader religiosi, si sono recentemente intensificati e stanno diventando spaventosamente più comuni”.

Discriminazione sottile e insidiosa
Non meno preoccupante, secondo Nwachukwu, è “la condizione dei credenti in alcuni Paesi dove, dietro la facciata della tolleranza e dell’inclusione, la discriminazione viene perpetrata in modo più sottile e insidioso. In un numero crescente di Paesi, assistiamo all’imposizione di diverse forme di censura che riducono la possibilità di esprimere le proprie convinzioni sia pubblicamente che politicamente, con il pretesto di evitare di offendere la sensibilità altrui”. In questo modo, ha affermato il prelato, “si perde molto spazio per un sano dialogo e persino per il discorso pubblico. Con la diminuzione di questo spazio, diminuisce anche la nostra capacità di esprimere il diritto fondamentale alla libertà religiosa, nonché di pensiero e di coscienza, che sono anche un prerequisito indispensabile per raggiungere la pace e costruire una società giusta”.

Violenze anche nei Paesi dove i credenti non sono minoranze
Ancora richiamando i forti appelli del Papa, il nunzio ha sottolineato che “non dobbiamo trascurare il fatto che la violenza e gli atti di discriminazione contro i cristiani sono in aumento anche nei Paesi in cui questi ultimi non sono una minoranza. La libertà religiosa è minacciata anche nei Paesi in cui questi ultimi non sono una minoranza. Anche la libertà religiosa è in pericolo dove i credenti vedono limitata la loro capacità di esprimere le proprie convinzioni nella vita della società in nome di un’errata concezione dell’inclusione. La libertà religiosa, che non può essere ridotta semplicemente alla libertà di culto, è uno dei requisiti minimi per uno stile di vita dignitoso”.
“I governi - ha concluso monsignor Nwachukwu, citando ancora Papa Francesco - hanno il dovere di tutelare questo diritto e di assicurare che ogni persona, in modo compatibile con il bene comune, goda della possibilità di agire secondo la propria coscienza, anche nella sfera pubblica e nell’esercizio della propria professione di fede”.

Le Chiese di Terra Santa: Pasqua rafforzi la fede dei cristiani messa alla prova

Nel messaggio pasquale i leader religiosi di Gerusalemme scrivono delle difficili prove che i fedeli sono costretti a subire e dell’”escalation di violenza” che colpisce persone e luoghi di culto. La richiesta alle autorità governative è che si garantiscano “la sicurezza, l’accesso e la libertà religiosa della comunità cristiana residente e dei milioni di pellegrini cristiani” e lo Status Quo religioso

Il messaggio pasquale della risurrezione di Cristo, e la speranza che esso porta con sé, incoraggi e dia forza ai cristiani di Terra Santa, la cui fede “continua ad essere messa alla prova” in questi tempi “tumultuosi”. Lo scrivono nel loro messaggio per la Pasqua 2023, i Patriarchi e i Capi delle Chiese a Gerusalemme, che sottolineano “l’escalation di violenza” che negli ultimi mesi “ha inghiottito la Terra Santa”. In particolare i cristiani del luogo, si legge ancora, “soffrono sempre più spesso avversità”.

Si garantisca lo Status Quo religioso
“Nell’ultimo anno - indica il testo - alcune delle nostre chiese, dei cortei funebri e dei luoghi di ritrovo pubblici sono diventati bersaglio di attacchi, alcuni dei nostri luoghi sacri e cimiteri sono stati profanati e alcune delle nostre antiche liturgie, come la processione della Domenica delle Palme e il rito del Fuoco Sacro, sono state chiuse a migliaia di fedeli”. E tutto questo nonostante gli accordi con le autorità governative e nonostante qualunque richiesta formulata da parte loro fosse stata accolta.
I capi religiosi si rivolgono alle stesse autorità affinché rispondano agli sforzi condotti “in buona fede”, cooperando e collaborando con le Chiese, mentre la comunità internazionale e gli stessi cittadini sono sollecitati a dare il loro sostegno alla causa, “per contribuire a garantire la sicurezza, l’accesso e la libertà religiosa della comunità cristiana residente e dei milioni di pellegrini cristiani che ogni anno visitano la Terra Santa, nonché il mantenimento dello Status Quo religioso”.

Risuoni l’antico saluto cristiano
La speranza ultima, conclude il testo, è tuttavia riposta definitivamente non in mani umane, ma in quelle di Dio, “in grado di sostenerci oggi, così come ha sostenuto la nostra vita oggi, proprio come sosteneva i primi cristiani di Gerusalemme tanti secoli fa”. Il saluto che i capi religiosi di Terra Santa scambiano con i fedeli di tutto il mondo è quindi quell’antico saluto cristiano che continua a risuonare con tanta forza anche oggi: “Cristo è risorto!”.
(Vatican News 2023 03 21 Francesca Sabatinelli)

NICARAGUA - Monsignor Alvarez riceve in carcere la visita dei fratelli

Diffuse le immagini del vescovo di Matagalpa e amministratore apostolico della diocesi di Estelí, che lo mostrano all’interno del Sistema Penitenziario Nazionale, carcere di massima sicurezza. Il presule è condannato a 26 anni e 4 mesi per reati considerati “tradimento” dal governo

Il vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Alvarez, condannato a oltre 26 anni di reclusione dal regime del presidente Ortega, ha potuto ricevere in carcere la visita dei fratelli, Vilma e Manuel Antonio.

Le immagini diffuse in carcere
Il governo nicaraguense presieduto dal sandinista Daniel Ortega ha diffuso sabato 25 marzo le foto del vescovo nicaraguense Rolando José Álvarez Lagos, condannato a 26 anni e 4 mesi di carcere per reati considerati “tradimento”. Álvarez Lagos, vescovo della diocesi di Matagalpa e amministratore apostolico della diocesi di Estelí, entrambe nel nord del Nicaragua, è stato mostrato in abiti carcerari all’interno del Sistema Penitenziario Nazionale Jorge Navarro di Tipitapa, noto come carcere La Modelo, un carcere di massima sicurezza. Le immagini sono state diffuse dopo che diversi settori dell’opposizione nicaraguense e organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto in maniera indipendente una prova che fosse in vita.

Diritti di cittadinanza sospesi a vita
Álvarez Lagos, 56 anni, è stato privato della nazionalità e i suoi diritti di cittadinanza sono stati sospesi a vita. La sentenza è stata emessa un giorno dopo il suo rifiuto di salire a bordo di un aereo che avrebbe dovuto portare lui e altri 222 prigionieri politici nicaraguensi negli Stati Uniti, suscitando l’indignazione del Presidente del Nicaragua Daniel Ortega, che lo ha definito “arrogante”, “squilibrato” e “pazzo”. Il presule era già agli arresti domiciliari nella sua residenza dall’agosto 2022 perché indagato. Nonostante il processo fosse previsto per il 15 febbraio, un giudice nicaraguense ha dichiarato il vescovo traditore della patria e autore di quattro crimini contro la società e lo Stato. Álvarez è il primo vescovo ad essere arrestato, accusato e condannato da quando Ortega è tornato al potere nel 2007, dopo aver guidato una giunta di governo dal 1979 al 1985 e aver presieduto il Nicaragua dal 1985 al 1990. Dall’aprile 2018 il Nicaragua sta attraversando una crisi politica e sociale, accentuatasi dopo le controverse elezioni generali del 7 novembre 2021, in cui Ortega è stato rieletto per il quinto mandato, quarto consecutivo e secondo con la moglie, Rosario Murillo, come vicepresidente, con i suoi principali contendenti in carcere o in esilio.
(Vatican News 2023 03 29)

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