2023 05 24 Messico, Nigeria, Pakistan...
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NIGERIA - Rapito un sacerdote della diocesi di Okigwe: è solo l’ultimo di una lunga lista
PAKISTAN - Due adolescenti cristiani in carcere per presunta blasfemia
MESSICO - Assassinato con armi da fuoco il parroco di Santa Ana Maya
La Procura Generale dello Stato di Michoacàn sta indagando per chiarire l’omicidio di padre Javier García Villafaña, avvenuto lunedì 22 maggio 2023 nel municipio di Huandacareo. Secondo le informazioni diffuse dalla stampa locale, il sacerdote, parroco della parrocchia di Santa Ana Maya, è stato trovato morto sull’autostrada Capacho-Cuitzeo, ucciso a colpi di arma da fuoco, sulla strada che porta alla comunità di Capacho di cui faceva parte.
Al momento dell’omicidio, era alla guida di una Nissan bianca, indossava abiti civili. In Messico Solo domenica scorsa un uomo aveva cercato di uccidere l’arcivescovo di Durango aspettandolo alla fine della Messa con un coltello. Un sacrestano e un sacerdote sono riusciti a fermare l’attentatore. L’arcivescovo ha poi detto di non conoscere il suo aggressore ma ha parlato di un «tessuto sociale ferito e con mancanza di valori morali». Nel grande Stato centroamericano sono molti i religiosi assassinati, soprattutto dalla criminalità organizzata. Secondo l’ultimo report di Multimedia Catholic Center, almeno 63 sacerdoti sono stati uccisi dal 1990, 9 negli ultimi quattro anni. «Il Messico è da 14 anni uno dei Paesi più pericolosi per esercitare il sacerdozio», si legge nel rapporto. Registrate anche 850 tra estorsioni e minacce di morte.
(AP) (Agenzia Fides 23/5/2023)
NIGERIA - Il rapimento di un sacerdote della diocesi di Okigwe è solo l’ultimo di una lunga lista
Rapito il 19 maggio don Kingsley Maduka, parroco della parrocchia cattolica di Cristo Re, Ezinnachi-Ugwaku, Okigwe L.G.A., nello Stato di Imo, nella Nigeria sud-orientale. Secondo il cancelliere della diocesi di Okigwe, p. Iwuanyanwu, il sacerdote è stato rapito mentre visitava la cappella di recente costruzione per l’adorazione eucaristica nel villaggio di Ogii a Okigwe.
Il 15 aprile di quest’anno era stato rapito un altro sacerdote appartenente al clero della diocesi di Okigwe. Si tratta di don Michael Ifeanyi Asomugha, parroco della chiesa di San Paolo a Osu, sequestrato lungo la strada Oriagu-Obowo nello Stato di Imo, mentre tornava da un’ordinazione diaconale. I rapitori avevano messo un enorme masso sulla carreggiata per bloccare l’automobile sulla quale viaggiava il sacerdote. Questi una volta sceso dalla vettura per rimuovere la grossa pietra venne assalito dai banditi. Il fratello sacerdote che era al posto di guida era riuscito a scappare e ha lanciare l’allarme. Don Asomugha è stato poi liberato dopo qualche giorno grazie all’interessamento della sua famiglia. Il rapimento lungo gli assi di comunicazione stradale è una delle tattiche più utilizzati dai sequestratori in Nigeria (vedi Fides 29/3/2023).
Secondo i dati riferiti all’Agenzia Fides dalla Chiesa in Nigeria, tra il 2021 e il 2022 sono 5 i preti rapiti nella diocesi di Okigwe.
Il caso di p. Fidelis Ekemgba, parroco della chiesa di San Pietro a Umunohu Amakaohia nell’area del governo locale di Ihitte/Uboma, rapito il 12 settembre 2021 e in seguito liberato, ha suscitato un certo scalpore perché secondo la polizia nigeriana sarebbe stato sequestrato da una banda a capo della quale c’era Izuchukwu Anoloba, pastore della Apostolic Church of Christ in Lagos. Questi dopo l’arresto ha dichiarato di “essere pentito delle mie azioni perché ora sono una vergogna per il corpo di Cristo e per la mia famiglia”.
Oltre ai sacerdoti anche le religiose sono vittime di sequestro, come quattro religiose della congregazione diocesana Sisters of Jesus the Saviour rapite mentre si recavano alla messa il 21 agosto 2022. Le religiose, Johannes Nwodo, Christabel Echemazu, Liberata Mbamalu e Benita Agu sono state in seguito liberate.
La piaga dei rapimenti a scopo di estorsione è diffusa in gran parte della Nigeria (vedi Fides 29/4/2023). Per quel che riguarda lo Stato di Imo, dove è collocata la diocesi di Okigwe, l’asse stradale Enugu-Port Harcourt, lungo la tratta tra Enugu e Okigwe, è una delle aree dove si verificano con una certa frequenza rapimenti di automobilisti.
Quanto ai rapitori, oltre a banditi locali, nello Stato di Imo si accusano anche bande di pastori Fulani, che non sono però originari dello Stato, ma che appaiono in grado di muoversi liberamente, evitando i controlli delle autorità. Suscitando quindi dubbi sul fatto che possano godere di complicità locali. (L.M.) (Agenzia Fides 22/5/2023)
PAKISTAN - Due adolescenti cristiani in carcere per presunta blasfemia
Sono stati arrestati e incriminati ieri, 19 maggio, su diposizione di un magistrato, due adolescenti cristiani di Lahore, Adil Baber, 18 anni, e Simon Nadeem, 12 anni, accusati di “blasfemia” ai sensi dell’art 295-C del Codice Penale. Un agente di polizia, Zahid Sohail, ha sporto denuncia contro di loro affermando di averli visti e sentiti giocare e chiamare un cucciolo di cane “Muhammad Ali”.
Le famiglie dei due ragazzi hanno dichiarato di non avere alcun cane. Samina Nadeem, madre di Simon, afferma che si tratta di un malinteso in quanto i ragazzi parlavano del “Naswar” (una pasta di tabacco da masticare, diffusa in Pakistan, ndr) la cui marca si chiama “Muhammad Ali”. Il poliziotto, che passava in quel momento, ha iniziato a percuoterli e a richiamare la gente, accusandoli di blasfemia. In men che non si dica una folla si è radunata sul posto. “Ho iniziato pregare affinché non scoppiasse la violenza”, ha detto il padre di Simon. I due ragazzi sono stati presi in consegna dalla polizia per evitare il linciaggio. Ora un First Information Report (denuncia in prima istanza) è stata registrata a carico dei due ragazzi.
“Non credo che questi due ragazzi abbiano mai pensato che un passante potesse ascoltare la loro conversazione e accusarli di aver commesso blasfemia. L’uso improprio della blasfemia è di uso comune. I cristiani vivono sotto la costante minaccia della loro vita”, afferma Nasir Saeed, dell’organizzazione CLAAS.
In un altro caso, Ishtiaq Saleem, resta in carcere un cristiano accusato di blasfemia a novembre 2022. Al suo avvocato e ai familiari è stato impedito di visitarlo in prigione. L’uomo, un operatore ecologico analfabeta, è accusato di aver condiviso contenuti blasfemi sui social media. Secondo sua moglie, le immagini e le parole che ha postato sui social media sono in arabo e l’uomo non ne conosce il significato. Per i reati contestati, rischia l’ergastolo.
Le legge pakistana sulla blasfemia (tre articoli del Codice Penale) punisce chiunque insulti l’Islam, il sentimento religioso, il Profeta o il Corano, prevedendo pene come l’ergastolo o la pena di morte. Afferma l’organizzazione “Christian Solidairity Wordwide”: “Questa legge è strumentalizzata per fare del male, è incompatibili con il diritto fondamentale alla libertà di religione e deve essere rivista e modificata con urgenza”.
(PA) (Agenzia Fides 20/5/2023)