2023 07 05 Forse siamo troppo distratti per accorgerci dei nostri fratelli perseguitati
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
FILIPPINE - Proseguono gli arresti di missionari, suore, preti, laici accusati di sostegno a gruppi armati comunisti COLOMBIA - Attacco armato ai danni di due operatori pastorali
NICARAGUA - basta coprire la processione cattolica perché il giornalista vada in prigione
USA - 6 mesi di carcere al frate francescano per aver bloccato l’ingresso alla clinica per aborti di New York

PAKISTAN - donna cristiana stuprata in gruppo e uccisa per essersi rifiutata di convertirsi all’islam
Shazia Bibi è stata violentata e uccisa il 6 giugno a Lahore, ma la notizia è stata riportata solo il 1° luglio. La polizia ha affermato che l’omicidio non era “religioso”. I vescovi anglicani non sono d’accordo.
Il 6 giugno, una donna cristiana di nome Shazia Bibi, che lavorava presso la Lahore University of Management Sciences (LUMS), è scomparsa a Lahore, in Pakistan, ed è stata successivamente ritrovata morta. La notizia è stata riportata sui social media solo il 1° luglio, dopo che la polizia aveva arrestato un sospetto.
La polizia del Punjab ha rilasciato una dichiarazione in cui incolpava la vittima. Affermava che la donna, vedova, aveva avviato una relazione con l’imputato e aveva cercato di ricattarlo, fino ad ucciderla.
La polizia del Punjab ha affermato che “dare un colore religioso ai motivi dietro l’omicidio è inappropriato e completamente contrario ai fatti. Sono in corso ulteriori indagini, il caso sarà riunito secondo i requisiti della giustizia e della legge e i colpevoli saranno puniti”.
Tuttavia, la comunità anglicana, a cui Shazia Bibi apparteneva, ha svolto le proprie indagini e ha affermato chiaramente che la polizia sta mentendo. Il vescovo Azad Marshall, vescovo moderatore della Chiesa del Pakistan (anglicana), ha affermato che “Shazia Bibi è stata rapita, violentata, uccisa e il suo corpo cosparso di acido da quattro uomini musulmani il 6 giugno dopo aver rifiutato ripetutamente i tentativi di convertire con la forza e sposare il principale accusato.
(04/07/2023 MASSIMO INTROVIGNE Bitter Winter)
IRAN - Teheran: a processo tre donne cristiane arrestate ‘senza accusa’
Shilan Oraminejad, Razieh (Maral) Kohzady e Zahra (Yalda) Heidary sono state fermate il 9 maggio mentre si trovavano nelle loro abitazioni. Domani in programma la prima udienza, ma i capi di imputazione restano sconosciute. Portate in un luogo sconosciuto, in un secondo momento sono state trasferite al carcere di Evin. Negata l’assistenza di un avvocato.
Tre donne iraniane convertite al cristianesimo, arrestate il mese scorso e tenute in isolamento nella prigione di Evin a Teheran per 40 giorni, dovranno affrontare domani 2 luglio una udienza in tribunale con accuse sconosciute. È quanto denuncia Article18, sito specializzato nel documentare le repressioni in atto nella Repubblica islamica contro le minoranze religiose, soprattutto quella cristiana, rilanciando la denuncia di una organizzazione con sede negli Stati Uniti. Il rinvio a processo senza formalizzazione dell’incriminazione non è una rarità in Iran, così come l’arresto di cristiani che in più di una occasione sono finiti nel mirino delle autorità solo per essersi riuniti in una abitazione privata a pregare.
Shilan Oraminejad, Razieh (Maral) Kohzady e Zahra (Yalda) Heidary sono state arrestate mentre si trovavano nelle loro abitazioni nelle prime ore della mattina del 9 maggio scorso, prelevate da agenti del ministero iraniano dell’Intelligence. Secondo Mehr Ministries, le forze di sicurezza hanno dichiarato di avere mandati di perquisizione, per poi procedere con la confisca di effetti personali tra cui telefoni cellulari, computer portatili, libri e opuscoli “senza fornire alcuna spiegazione”.
Le tre donne cristiane sarebbero state portate in una località sconosciuta e tenute in isolamento per 40 giorni, prima di poter chiamare le loro famiglie per informarle che erano detenuti nella prigione di Evin dove sono state trasferite in un secondo momento. Da allora hanno potuto vedere le loro famiglie, ma si sono viste negare - anche qui senza spiegazione - l’assistenza di un avvocato.
Hamid Hatami, presidente di Mehr Ministries, ha dichiarato a Voice of America (Voa) in lingua farsi che, dopo averle incontrare, i parenti hanno detto che le donne “non erano in buone condizioni fisiche e di salute”. Nei giorni scorsi la stessa fonte ha riferito che due di loro - Shilan e Zahra - sono state rilasciate su cauzione in attesa del processo, mentre Maral rimane in custodia.
Dalle ultime informazioni la prima udienza, nella quale tutte e tre sono invitate a comparire, è in calendario domani 2 luglio presso la 28esima sezione del Tribunale rivoluzionario di Teheran.
Quest’ultima vicenda di cronaca conferma che in Iran è in atto una “netta regressione” della situazione in tema di libertà religiosa, in linea con la crescente repressione delle autorità legata alle proteste divampate in seguito alla morte di Mahsa Amini per mano della polizia della morale. Un dato emerso anche nel rapporto 2023 della US Commission on International Religious Freedom, pubblicato a maggio, che invita a riclassificare la Repubblica islamica come “nazione di particolare preoccupazione (Cpc)” per le sue “violazioni sistematiche ed eclatanti”.
(AsiaNews 01/07/2023)
FILIPPINE - Proseguono gli arresti di missionari, suore, preti, laici accusati di sostegno a gruppi armati comunisti
La pratica del “red tagging”, ovvero etichettare una persona come ‘comunista’ o ‘sostenitrice di gruppi comunisti o terroristi armati’, continua a colpire religiosi, missionari, cooperanti, persone che si spendono per i gruppi vulnerabili, poveri o indigeni nel Centro e nel Sud delle filippine.
Nei giorni scorsi la polizia della provincia di Sultan Kudarat (sull’isola di Mindanao) ha arrestato Aileen Manipol Villarosa, 41 anni, operatrice di una organizzazione affiliata ai “Missionari rurali delle Filippine”, con l’accusa di finanziamento al terrorismo. I Missionari Rurali delle Filippine (RMP) sono un’organizzazione cattolica nazionale, a carattere inter-congregazionale e interdiocesano, di religiose e religiosi, sacerdoti e laici, che vivono accanto a contadini, agricoltori, pescatori, popolazioni indigene. L’organizzazione, istituita nel 1969, è partner della Associazione dei Superiori Religiosi Maggiori delle Filippine e oggi denuncia il proseguire della pratica del “red tagging”: già ad agosto del 2022 il Dipartimento di Giustizia ha incriminato 16 persone legate all’organizzazione, tra cui cinque suore, per presunto finanziamento del terrorismo, con l’accusa di trasferire fondi al New People’s Army, gruppo armato di ispirazione comunista, in conflitto con lo stato.
Inoltre a novembre del 2022 il rev. Edwin Egar, sacerdote della “Chiesa Unita di Cristo nelle Filippine”, insieme con sua moglie, Julieta Egar, sono stati accusati di sostegno al terrorismo, insieme con altre 71 persone, tra sindacalisti e cooperanti, che negano ogni addebito.
Come afferma il Consiglio nazionale delle Chiese nelle Filippine (NCCP) il “red-tagging” si verifica indipendentemente dalle convinzioni o affiliazioni politiche ed è “un incitamento alla repressione e alla persecuzione contro coloro che sono critici nei confronti del governo”. Organizzazioni della società civile, missionari e personale delle Chiese hanno subito minacce e arresti, con l’accusa di “coprire gruppi terroristici comunisti locali”. Leggi come l’Anti-Terrorism Act del 2020 e il Terrorism Financing Prevention and Suppression Act del 2012 aggravano la minaccia del “red-tagging”.
Membri di comunità cristiane come la Chiesa cattolica, Chiesa unita di Cristo nelle Filippine, Iglesia Filipina Independiente, Chiesa metodista unita nelle Filippine, sono stati presi di mira tali accuse. I beni dei Missionari rurali delle Filippine e della Chiesa unita di Cristo nelle Filippine meridionali e nelle Filippine centrali sono stati congelati ai sensi della legge per la prevenzione del finanziamento del terrorismo.
Il sistema di “etichettatura rossa” è stato usato da parte del governo filippino, nel contesto di una campagna di contro-insurrezione militarizzata, già sotto il governo dell’ex presidente filippino Rodrigo Duterte e continua sotto l’amministrazione dell’attuale presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. Il risultato è l’intensificata militarizzazione nelle aree rurali e una crescente costrizione dei cittadini, nota il Consiglio nazionale delle Chiese nelle Filippine.
“Quanti difendono la terra, spesso proprietà ancestrale delle popolazioni indigene, dallo sviluppo di miniere e dighe, si confrontano con i militari filippini che usano il loro potere per proteggere gli interessi delle compagnie multinazionali. Gli agricoltori, che cercano mezzi di sussistenza giusti, dignitosi e sostenibili per le loro famiglie e comunità, vengono spesso imprigionati o uccisi, mentre gli avvocati che cercano di rappresentarli vengono aggrediti o arrestati”, rileva il Consiglio.
Il Consiglio ha portato tali istanze alla riunione del Comitato centrale del “Consiglio Ecumenico delle Chiese” (CEC), tenutasi nei giorni scorsi a Ginevra. Il CEC ha condannato le gravi violazioni dei diritti umani commesse nelle Filippine, invitando il governo delle Filippine ad adottare misure per porre fine a tali violazioni.
Il Consiglio nazionale delle Chiese nelle Filippine, che opera coraggiosamente con e per i poveri, chiede al governo e ai gruppi comunisti di riprendere i negoziati di pace e di affrontare le cause profonde del conflitto armato. L’organismo ecumenico invita le comunità cristiane, di tutte le confessioni, a pregare per quanti lottano e soffrono per difendere la dignità di ogni persona, specialmente dei gruppi più vulnerabili, chiedendo ai fedeli di accompagnare e sostenere il loro impegno evangelico.
(PA) (Agenzia Fides 3/7/2023)
COLOMBIA - Attacco armato ai danni di due operatori pastorali: riflesso delle ferite dell’intera società civile
“Ogni atto violento nei nostri territori esige da parte nostra un impegno maggiore. Non possiamo continuare a rimandare l’obiettivo di una Colombia riconciliata e in pace”, ha dichiarato Omar Alberto Sánchez Cubillos, arcivescovo di Popayán e vicepresidente della Conferenza episcopale della Colombia (CEC), in merito all’attentato ai danni di un veicolo con a bordo due operatori pastorali.
Secondo quanto confermato dai vescovi del paese, il grave episodio si è verificato nelle prime ore di domenica 2 luglio, nell’area urbana del comune di Caldono (Cauca). Il veicolo, con a bordo il diacono Fredy Muñoz, che il prossimo mese sarà ordinato sacerdote, e il laico Eider Bototo, entrambi della parrocchia di San Lorenzo de Caldono, è stato attaccato da un gruppo armato al rientro da un servizio religioso nella parrocchia del villaggio di La Esmeralda.
L’arcivescovo di Popayán ha definito le ferite riportate dalle vittime dell’attentato, che fortunatamente non sono gravi, come un riflesso di quelle dell’intera società civile di Cauca, “in cui i suoi abitanti sono vittime permanenti di questa violenza armata che scaturisce da tutti i principi di razionalità e rispetto del Diritto Internazionale Umanitario”.
Secondo il presule, questo attacco spiega il degrado del conflitto in quel territorio. Nonostante il tragico contesto, mons. Sánchez sancisce l’incrollabile impegno della Chiesa cattolica colombiana nella ricerca della riconciliazione e della pace.
(AP) (Agenzia Fides 3/7/2023)
NICARAGUA - basta coprire la processione cattolica perché il giornalista vada in prigione
Victor Ticay è in carcere dal 6 aprile. Il 22 giugno il regime ha confermato che era stato dichiarato colpevole il 9 giugno, ma a quale pena è stato condannato è segreto di Stato.
La Chiesa cattolica in Nicaragua subisce una continua persecuzione da parte del regime neomarxista di Daniel Ortega. Vescovi e sacerdoti vengono arrestati, università e scuole chiuse, suore espulse dal Paese.
Uno degli ultimi, silenziosi modi rimasti ai cattolici per protestare è quello di andare silenziosamente a messa e partecipare a processioni e altre feste, almeno quelle che non sono state ancora vietate. Una processione popolare onora Gesù come il Señor de La Reseña e si tiene a Nandaime il Mercoledì Santo, durante la settimana di Pasqua.
Quest’anno il successo della processione è stato un chiaro messaggio al regime, anche se privo di contenuto politico. Un famoso giornalista televisivo noto per aver seguito gli eventi in bicicletta, Victor Ticay, ha seguito la processione e ha documentato come i devoti sono stati vessati e minacciati dalla polizia del regime.
Dopo aver pubblicato il suo video su Facebook, Ticay è stato arrestato il 6 aprile. La sua posizione è stata tenuta segreta, anche se i netizen hanno riferito che è finito nel temuto carcere “Jorge Navarro”, noto come “La Modelo”, dove gli oppositori vengono regolarmente torturati.
Il 26 giugno è stato ufficialmente confermato che Ticay era stato condannato il 9 giugno e la decisione era stata registrata il 14 giugno. È stato giudicato colpevole di “diffusione di notizie non autorizzate” e “messa in pericolo per la sicurezza nazionale”.
Tuttavia, i dettagli della sentenza, inclusa la sanzione, sono tenuti segreti per motivi di sicurezza nazionale. Quello che si sa è che il giudice che ha condannato Ticay era Karen Vanessa Chavarría Morales, sanzionata nel 2022 dagli Stati Uniti per la sua complicità in gravi violazioni dei diritti umani. La sua divisione giudiziaria è nota per aver condannato i critici del regime a pesanti pene detentive, alcune superiori ai vent’anni.
(29/06/2023 di MASSIMO INTROVIGNE Bitter Winter)
ABORTO: TACERE È COMPLICITÀ
USA - 6 mesi di carcere al frate francescano per aver bloccato l’ingresso alla clinica per aborti di New York
Padre Fidelis Moscinski, un noto attivista pro-vita e sacerdote dei Frati Francescani del Rinnovamento (CFR) è stato arrestato durante un teso scontro tra manifestanti pro-vita e pro-aborto nella Bassa Manhattan il 2 luglio 2022. I manifestanti pro-vita stavano cercando di raggiungere una clinica per aborti di Planned Parenthood dove avevano programmato di tenere una veglia di preghiera, e i manifestanti pro-aborto stavano cercando di bloccare il loro percorso. /Jeffrey Bruno/CNA
Il sacerdote cattolico e attivista pro-vita Padre Fidelis Moscinski, CFR, è stato condannato a sei mesi di prigione federale per aver bloccato l’accesso a una struttura per aborti di Planned Parenthood mettendo lucchetti e catene all’ingresso.
Il giudice Steven Tiscione ha stabilito la pena di sei mesi, che è il massimo disponibile per lo specifico reato. Moscinski è stato ritenuto colpevole di aver violato la legge sulla libertà di accesso alle entrate in clinica (FACE), che impone dure sanzioni per l’ostruzione dell’accesso a una struttura per aborti o a un centro per la gravidanza.
“Le mie azioni... sono state compiute perché Planned Parenthood come organizzazione si occupa di uccidere”, ha detto Moscinski al giudice chiedendo una sentenza clemente, secondo le sue osservazioni fornite dall’organizzazione pro-vita Red Rose Rescue.
Sebbene il sacerdote sia un membro del Red Rose Rescue, l’organizzazione ha sottolineato che il suo tentativo di bloccare l’accesso a una clinica per aborti non è stato deciso dal gruppo. Red Rose Rescue ha affermato che i membri possono impegnarsi in attivismo pro-vita al di fuori della loro organizzazione, ma sono gli unici responsabili quando lo fanno.
“Ogni aborto procurato che si verifica nei locali [di Planned Parenthood] costituisce l’uccisione deliberata di un essere umano innocente”, ha continuato Moscinski nella sua dichiarazione al giudice. “Inoltre, questi atti sanguinari e violenti causano anche gravi danni spirituali e psicologici alla madre del bambino. Tutte le mie azioni allora e ora sono dirette esclusivamente a prevenire l’assassinio di bambini indifesi e il ferimento delle loro madri”.
Il frate francescano ha criticato anche il FACE Act.
“Questa pseudo-legge cerca di mascherare l’atto di uccidere i bambini prenati sotto il linguaggio eufemistico e orwelliano di ‘assistenza sanitaria riproduttiva’”, ha detto Moscinski. “Non sono colpevole di aver violato questa legge perché questa legge non può essere vista come nulla di diverso dal fatto che tenta di dare protezione legale ad azioni che sono intrinsecamente malvagie e ingiuste”.
(...) L’arresto del sacerdote è avvenuto la mattina del 7 luglio 2022, presso la clinica Planned Parenthood of Greater New York a Hempstead, New York. Ha effettivamente chiuso la clinica per circa due ore posizionando serrature e catene all’ingresso e coprendone alcune con la colla, secondo il Dipartimento di Giustizia.
Una volta che i vigili del fuoco e il dipartimento di polizia hanno sfondato le serrature, Moscinski si è sdraiato davanti all’ingresso per impedire alle auto di entrare nel cancello, secondo un comunicato stampa dell’ufficio del procuratore degli Stati Uniti.
Moscinski è stato precedentemente arrestato per il suo attivismo a favore della vita, ma questa è la prima volta che viene giudicato colpevole di aver violato il FACE Act. L’anno scorso è stato arrestato per violazione di domicilio in una clinica per aborti dopo essere entrato nella struttura in segno di protesta e essersi rifiutato di andarsene su ordine del personale e poi della polizia.
All’inizio di questo mese, il procuratore generale di New York Letitia James ha intentato una causa contro Red Rose Rescue che cerca di impedire a Moscinski e ad altri membri di Red Rose Rescue di avvicinarsi a meno di 9 metri da una clinica per aborti. Anche se la violazione del FACE Act di Moscinski non faceva parte di un Red Rose Rescue, il procuratore generale ha citato quell’incidente come uno degli incidenti per giustificare la causa.
(Tyler Arnold per CNA29 giugno 2023 Agenzia di stampa cattolica)