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2024 02 28 BURKINA FASO - 15 morti in un assalto a un gruppo di fedeli riuniti in preghiera

Fonte:
CulturaCattolica.it
AFRICA – Il dolore del Papa per i rapimenti in Nigeria e le violenze in RD Congo
LIBIA - Perseguitati. A morte per la loro conversione. La Libia soffoca anche i cristiani
HAITI - rapiti sette religiosi e un sacerdote

BURKINA FASO - 15 morti in un assalto a un gruppo di fedeli riuniti in preghiera sotto la direzione di un catechista

Una piccola residuale comunità di fedeli che si riuniva per la preghiera domenicale sotto la direzione di un catechista è stata vittima di un feroce assalto jihadista domenica 25 febbraio, a Essakane, un villaggio a 45 km da Dori, nella regione del Sahel nel nord-est del Burkina Faso. Il villaggio di Essakane si trova nella cosiddetta zona dei “tre confini”, ai confini tra Burkina Faso, Mali e Niger, covo di gruppi jihadisti.
Secondo quanto afferma all’Agenzia Fides Mons. Laurent Dabiré, vescovo di Dori, “L’attacco è avvenuto intorno alle 8.30 di domenica 25 febbraio. I jihadisti hanno fatto irruzione nella cappella dove era in corso la preghiera domenicale sotto la direzione di un catechista. Dal 2018 infatti la maggior parte della comunità di fedeli è stata costretta alla fuga per le violenze dei gruppi jihadisti. Sono rimaste poche persone che, in essenza di un sacerdote in pianta stabile, si riuniscono la domenica per una preghiera comune diretta da un catechista”.
“I jihadisti hanno sparato contro gli uomini risparmiando le donne; 12 sono morti sul colpo e 3 al centro sanitario locale a seguito delle ferite riportate. Altre due persone sono rimaste ferite” riferisce Mons. Dabiré.
Nel comunicato firmato da don Jean-Pierre Sawadogo, vicario generale di Dori, si invita i fedeli “in queste dolorose circostanze a pregare per il riposo eterno di quanti sono morti nella fede, per la guarigione dei feriti e per la consolazione dei cuori addolorati” “Preghiamo per la conversione di coloro che continuano a seminare morte nel nostro Paese. Che i nostri sforzi di penitenza e di preghiera in questo tempo benedetto di quaresima ci portino la pace e la sicurezza per il Burkina Faso”.
Sempre domenica 25 febbraio secondo quanto riporta l’agenzia AFP decine di fedeli musulmani sono stati uccisi in un attacco contro una moschea a Natiaboani, nel Burkina Faso orientale.
“Individui armati hanno attaccato una moschea a Natiaboani domenica intorno alle 5:00 (ora locale e GMT), lasciando diverse dozzine di morti”, ha detto una fonte della sicurezza. “Le vittime sono tutti musulmani, per lo più uomini che si erano riuniti nella moschea” per pregare, secondo un testimone sul posto. (L.M.) (Agenzia Fides 26/2/2024)

AFRICA – Il dolore del Papa per i rapimenti in Nigeria e le violenze in RD Congo

È uno sguardo intriso di dolore quello che Papa Francesco rivolge all’Africa, dove aumentano le violenze nella Repubblica Democratica del Congo e dove cresce il numero di persone rapite in Nigeria. Al termine dell’Angelus, il Papa menziona i due Paesi lanciando appelli di dialogo e pace.

Seguo con preoccupazione l’aumento delle violenze nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Mi unisco all’invito dei Vescovi a pregare per la pace, auspicando la cessazione degli scontri e la ricerca di un dialogo sincero e costruttivo

Repubblica Democratica del Congo

Il Paese vede consumarsi intensi combattimenti tra l’esercito congolese e il gruppo armato M23. La città di Sake è uno degli epicentri, colpita nelle scorse settimane da bombe che hanno provocato morti e feriti e che hanno costretto la popolazione a spostarsi per trovare rifugio altrove, in particolare a Goma, nella parte orientale del Paese. Ma pure nel Nord Kiwu proseguono le violenze che hanno costretto oltre 133 mila persone a fuggire, secondo un rapporto Oxfam che denuncia condizioni inimmaginabili per i rifugiati senza un solo bagno a disposizione né acqua potabile, col rischio di ammalarsi di colera e di malnutrizione per i bambini.

Nigeria:Arginare i rapimenti
Una tragedia vera e propria, come quella che si registra in Nigeria, dove, ha detto il Papa dalla finestra del Palazzo Apostolico, “destano apprensione i sempre più frequenti rapimenti”.

Esprimo al popolo nigeriano la mia vicinanza nella preghiera, auspicando che ci si impegni affinché il dilagare di questi episodi sia arginato il più possibile
(Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano 2024 02 24)

LIBIA - Perseguitati. A morte per la loro conversione. La Libia soffoca anche i cristiani
Sei persone accusate di avere messo a repentaglio la sicurezza nazionale sono in carcere in attesa dell’esecuzione. Open Doors: il Paese al terzo posto tra quelli che conculcano la libertà religiosa

Rischiano la pena di morte con l’accusa di avere messo a repentaglio la sicurezza della Libia. Gli imputati sono sei, tutti libici. Da un anno attendono di sapere quando verranno impiccati, oppure fucilati. Intanto pregano per venire graziati. Ma anche questo è un reato. Perché l’articolo 207 del codice penale di Tripoli punisce qualsiasi tentativo di diffondere opinioni che mirano ad «alterare i principi costituzionali fondamentali, o le strutture fondamentali dell’ordine sociale», o addirittura rovesciare lo Stato. Chiunque possieda libri, volantini, disegni, immagini, slogan «o qualsiasi altro oggetto» di stampo eversivo rischia fino alla pena di morte. Questo dice la legge. E questo è quello che si aspettano i sei uomini convertiti al cristianesimo e che per il solo fatto di non avere nascosto la conversione sono trattati alla stregua dei terroristi del Daesh locale.

La Libia è salita fino alla terza casella nella classifica dei Paesi dove è più brutale la persecuzione dei cristiani. Il rapporto annuale di Open Doors, l’organizzazione non governativa nordamericana che monitora gli attacchi alle comunità e ai singoli cristiani in tutto il mondo, segnala come la nazione nordafricana abbia purtroppo guadagnato «due posizioni nella World Watch List (il “barometro” che misura le persecuzioni, ndr), con il più alto incremento nel numero di episodi di violenza denunciati contro i fedeli. È chiaro che non esiste una zona sicura della Libia per nessun credente», si legge nel dossier dell’organizzazione.
La legislazione e il traballante governo di Tripoli convergono in una stretta di intolleranza verso coloro che non aderiscono alla fede musulmana. I migranti sono spesso bersagliati perché non islamici

Si ritiene che in Libia vi siano poco più di 35mila cristiani, circa lo 0,5% dei 7,1 milioni di abitanti, in maggioranza islamici. Gran parte del Paese vive sferzato da una sorta di anarchia perpetua, governata dalle milizie. «Nell’ultimo anno in Libia è aumentato l’uso dell’articolo 207 contro gli esponenti più impegnati della società civile e le organizzazioni internazionali», ha dichiarato Noura Eljerbi, un’attivista per i diritti umani costretta all’esilio dopo aver ricevuto minacce di morte per il suo lavoro.

I sei cristiani arrestati nel marzo del 2023 avevano con sé un missionario di una Chiesa protestante americana, rilasciato e rimpatriato incolume. L’Agenzia per la sicurezza interna libica (Isa) non aveva scelto alcun giro di parole, quando con un comunicato aveva spiegato di essere stata costretta a intervenire con le maniere forti per «fermare un’azione organizzata di gruppo che mira a sollecitare a far abbandonare l’Islam». E per confermarlo aveva messo in circolazione i video con le confessioni.

Uno dei “sovversivi”, l’ingegner Seyfao Madi, sposato e padre di un bambino, davanti alla telecamera della polizia confermava di essersi convertito al cristianesimo nel 2017 e di aver cercato di convertire altre persone. La prova del crimine era nelle sue parole: «Nel 2016, un mio amico mi ha presentato ad altri, tra cui un cristiano statunitense. Abbiamo parlato e discusso insieme. L’anno successivo sono stato battezzato». (…)

Le milizie coinvolte negli abusi sui migranti, come dimostrano diverse foto pubblicate da “Avvenire” negli anni scorsi, che provano l’esistenza di campi di prigionia dedicati esclusivamente ai cristiani, sono tutte affiliate alle autorità centrali di Tripoli. (…)
«Si ritiene che molte persone - segnala la stessa Open Doors - siano state prese di mira anche a causa della loro fede cristiana. Da anni, ormai, giungono dalla Libia segnalazioni di diffusi casi di traffico di esseri umani, abusi sessuali, torture ed estorsioni. La loro fede rende i migranti cristiani estremamente vulnerabili a tali abusi, costringendo la maggior parte di loro a mantenere segrete le loro appartenenze religiose».
(Avvenire di Nello Scavo venerdì 23 febbraio 2024)

HAITI - rapiti sette religiosi e un sacerdote
Continuano i sequestri ai danni di rappresentanti della Chiesa nel Paese caraibico. Sei Fratelli del Sacro Cuore sono stati prelevati dai gruppi armati mentre andavano in una scuola, mentre un altro sacerdote è stato preso dopo la celebrazione della Messa a Port-au-Prince. Operato monsignor Dumas, colpito da un’esplosione domenica scorsa

Sei Fratelli del Sacro Cuore sono stati rapiti il 23 febbraio 2024, mentre si recavano alla missione dell’École Jean XXIII ad Haiti. “Preghiamo per la loro liberazione e per la fine di questa piaga dell’insicurezza”, scrivono in un comunicato i religiosi e le religiose locali, che sottolineano come la scuola sia l’unica ancora in funzione nella zona ad alto rischio al centro della capitale di Port-au-Prince. Rapito anche un sacerdote che aveva appena celebrato la Messa nella Cappella di Nostra Signora di Fatima, nel quartiere Bicentenaire della capitale.

Operato monsignor Dumas
Intanto monsignor Pierre-André Dumas, vescovo di Anse-à-Veau e Miragoâne, ha subito due interventi chirurgici dopo essere stato ferito domenica scorsa da un’esplosione nella casa dove alloggiava durante una visita a Port-Au-Prince. Il presule sta meglio e ha cominciato a mangiare, riferiscono fonti locali, e sarà trasferito oggi o domani in un ospedale di Miami.
(Vatican News 23 febbraio 2024)

HAITI - “Il nostro orfanotrofio interessa alla gang affiliata ai G9 per difendersi dagli assalti dal mare di un gruppo rivale” dice suor Marcella

“Vogliono impossessarsi del nostro orfanotrofio per difendersi dagli assalti dal mare da parte di una banda rivale” dice all’Agenzia Fides Marcella Catozza, suora francescana, che gestisce kay Pè Giuss, nella baraccopoli di Warf Jeremie, collocata su una discarica tra il mare e un fiumiciattolo scuro e puzzolente. Il complesso comprende la casa di accoglienza degli orfani, la scuola elementare e la scuola materna.
Nei giorni scorsi Suor Marcella e la Fondazione Via Lattea, che assiste il progetto, avevano lanciato l’allarme sulle minacce della gang appartenente alla coalizione G9 (sulle gang haitiane vedi Fides 17/2/2024). “Da anni siamo costretti a convivere con questa gang, che si è impadronita di una scuola professionale statale che non ha mai funzionato perché l’edificio, che confina con il nostro complesso, è stato subito occupato da questi banditi” spiega suor Marcella. “E da anni ci taglieggiano chiedendo denaro e cibo solo per poterci muovere e permettere ai bambini di frequentare la nostra scuola” prosegue la religiosa. “La situazione è diventata mano a mano sempre più insostenibile. Ci hanno rubato lo scuolabus e l’automobile, hanno eretto un cancello sulla strada di accesso al nostro complesso impedendo il passaggio. L’ultima richiesta era di 30.000 dollari in cibo” continua suor Marcella. “Impediscono pure il passaggio del camion dell’acqua e siamo costretti a raccogliere l’acqua piovana per sopperire alle nostre esigenze”.
“Ora ci chiedono di abbandonare la nostra struttura che accoglie 150 orfani ed è frequentata da circa 450 alunni della nostra scuola. Si tratta di bambini di donne venditrici di strada che non hanno altro luogo dove andare mentre le loro madri sono fuori di casa. Oltre all’istruzione diamo loro due pasti al giorno” aggiunge la religiosa.
“La posizione del nostro complesso ci ha purtroppo collocato tra due fuochi. Da una parte abbiamo la spiaggia da dove possono arrivare i banditi appartenenti al gruppo rivale e dall’altra ci sono i componenti del G9, che per difendersi ora vogliono impossessarsi della nostra struttura”.
(L.M.) (Agenzia Fides 26/2/2024)

MOZAMBICO - cattolici sotto attacco a Cabo Delgado
La Conferenza episcopale: “Sacerdoti e missionari si mettano in salvo”

Si intensificano gli attacchi dei jihadisti affiliati all’ISIS nella provincia della città di Pemba, regione di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico.
Nell’incidente più recente, il 12 febbraio, la chiesa e gli uffici della missione di Nostra Signora dell’Africa a Mazeze, nella diocesi di Pemba, sono stati dati alle fiamme in seguito a un attacco terroristico nella città portuale, capitale della provincia.
Pertanto l’arcivescovo cattolico di Nampula, Ignazio Saure, a nome della Conferenza episcopale mozambicana di cui è presidente, ha ordinato ai missionari che si trovano in aree di grave pericolo nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, di mettersi in salvo trasferendosi in aree più sicure e nella città di Pemba.
Fonti locali hanno riferito all’associazione cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN) che gli attacchi hanno coinvolto varie comunità cristiane, costringendo sacerdoti, suore e altri operatori della Chiesa a fuggire verso città già sopraffatte dagli sfollati interni.

Dopo un periodo di relativa calma, seguito al dispiegamento delle Forze armate di difesa del Mozambico (FADM) e poi delle forze della Comunità per lo sviluppo dell’Africa meridionale (SADC), l’insurrezione guidata dallo Stato islamico è infatti recentemente ripresa in varie zone della provincia.
Numerosi attacchi sono avvenuti anche contro parrocchie e infrastrutture della chiesa cattolica, con la distruzione di chiese e edifici.

Il conflitto nel nord del Mozambico ha causato finora la morte di oltre 4mila persone e, secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), circa un milione di persone sono sfollate.
(21 Febbraio 2024 Nigrizia)

Due giorni prima:

MOZAMBICO - Ripresa degli assalti jihadisti nel nord, con un nuovo “modus operandi” volto a ingraziarsi una parte della popolazione

Si intensificano gli attacchi dei jihadisti della Ahl al-Sunnah wa al-Jamma’ah affiliati all’ISIS nella provincia di Pemba nel nord del Mozambico. Nei giorni scorsi la piccola città di pescatori del Mozambico di Quissanga, a circa 65 km a nord della capitale provinciale di Cabo Delgado e della città portuale di Pemba, è stata invasa e occupata dai jihadisti.
Gli abitanti riferiscono che i jihadisti hanno adottato un nuovo modus operandi. Invece che uccidere i civili, questi vengono “tassati” per preservare le proprie vite e i propri beni. Chi è musulmano viene incoraggiato a restare e invitato ad unirsi a loro nella preghiera comunitaria del venerdì.
Il 12 febbraio era stata assalita la cittadina di Mazeze, nel distretto di Chiúre, dove i jihadisti hanno distrutto importanti infrastrutture come l’ospedale, il mercato e la a missione cattolica di Nostra Signora d’Africa. Un fatto ricordato da Papa Francesco dopo l’Angelus di domenica 18 febbraio. “La violenza contro popolazioni inermi, la distruzione di infrastrutture e l’insicurezza dilagano nuovamente nella provincia di Cabo Delgado, in Mozambico, dove nei giorni scorsi è stata anche incendiata la missione cattolica di Nostra Signora d’Africa a Mazeze. Preghiamo perché la pace torni in quella regione martoriata” ha detto il Pontefice.
Nonostante le distruzioni arrecate alle infrastrutture, anche a Mazeze sembra che i jihadisti non abbiano provocato vittime anche se diverse persone sono state costrette a fuggire.
La nuova ondata di assalti giunge dopo che a fine 2023 sembrava che le autorità mozambicana con l’aiuto delle truppe ruandesi e di un contingente militare della SADC (Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale) avessero messo sotto controllo l’insurrezione jihadista. Secondo l’esercito mozambicano a metà dicembre la sicurezza era stata ristabilita in circa il 90% della provincia di Cabo Delgado. Ma diversi esperti indipendenti avevano avvertito che jihadisti, lungi dall’essere definitivamente sconfitti, avevano ridotte le loro azioni, mischiandosi in mezzo ai civili, per tornare a colpire al momento opportuno. Ora questo momento sembra arrivato dopo che è iniziato il ritiro del contingente della SADC, che sarà comunque completato nel luglio 2025.
(L.M.) (Agenzia Fides 19/2/2024)

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