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2024 03 06 SUDAN - un missionario: preghiamo sotto le bombe, ma siamo rimasti in pochissimi

Fonte:
CulturaCattolica.it
SUDAN - un missionario: preghiamo sotto le bombe, ma siamo rimasti in pochissimi
SRI LANKA - Attentati di Pasqua: la comunità cattolica prega per il riconoscimento dei suoi “martiri” CINA: una riflessione e qualche notizia

SUDAN - un missionario: preghiamo sotto le bombe, ma siamo rimasti in pochissimi

Il racconto di un religioso alle prese con la guerra civile che sta provocando migliaia di morti e milioni di sfollati svela il dolore della minoranza cristiana con sempre meno sacerdoti e sempre più missionari stranieri tornati nei Paesi d’origine: “In tutta Khartoum sono solo quattro preti e quattro suore. Il 95% della popolazione non riesce ad avere un pasto al giorno”

La vita delle parrocchie non c’è più, l’attività delle scuole e degli ospedali cattolici è stata interrotta, i fedeli si sono dispersi, moltissimi tra preti, religiosi e religiose hanno abbandonato il Sudan, la stragrande maggioranza dei missionari stranieri ha varcato il confine per far ritorno nelle proprie nazioni d’origine. La sofferenza della Chiesa in Sudan cresce ogni giorno di più, proporzionalmente all’escalation della guerra civile che negli ultimi dieci mesi ha provocato decine di migliaia di morti e la distruzione di villaggi e città.

Sempre meno
Raccontare la tragedia che si sta consumando nello Stato africano non sempre è una cosa facile. Le comunicazioni telefoniche, compresi quelle via Internet, sono interrotte da giorni. E anche quando si riesce a stabilire una connessione, non sempre chi potrebbe trova il coraggio di denunciare gli orrori commessi dalle fazioni in lotta, il rischio di essere additati come sostenitori dell’una o dell’altra parte è molto alto. Sotto stretto rispetto dell’anonimato, un missionario da anni presente nel Paese spiega ai media vaticani che i “pochi preti che sono rimasti hanno dovuto abbandonare la capitale, Khartoum, epicentro degli scontri, per riparare in città più isolate e più tranquille. A Khartoum dovrebbero esserne rimasti solo quattro, più quattro suore, per le quali qualche settimana fa si era provato a fare un tentativo di evacuazione”.

La speranza non muore
Nella capitale, come in altre zone del Sudan, la vita di fede però non si è interrotta. Il religioso riferisce che gruppi di fedeli “la domenica si radunano per pregare insieme ai catechisti, nonostante ci siano costanti bombardamenti a tappeto che rendono molto difficile gli spostamenti. Quello che manca sono le celebrazioni delle Messe e l’accesso ai sacramenti”. Secondo i calcoli del missionario, in tutto il Paese musulmano nel quale la Chiesa cattolica è una minoranza attestata in torno al 2%, gli scontri recenti hanno ridotto a 30 il numero totale dei religiosi. È molto difficile con queste cifre mantenere vive tutte le attività ecclesiastiche destinate a circa un milione di fedeli.

Guerra in estensione
Il missionario scatta anche una fotografia abbastanza realistica delle dinamiche belliche che, nelle ultime settimane, stanno interessando soprattutto il Darfur, Khartoum, Omdurman ed El-Obeid. “Oltre alle vittime dirette - denuncia il missionario - che dovrebbero essere più di 10 mila, bisogna contare quelle indirette causate alla mancanza di lavoro, di cibo, di medicinali. Il 95% della popolazione non riesce ad avere un pasto al giorno”. E poi ci sono gli sfollati: “Quelli interni ed esterni sono ormai 9 milioni. Egitto, Ciad e Sud Sudan sono le mete agognate da chi è deciso a salvare la propria vita”.
(Federico Piana - RV 27 febbraio 2024)
SRI LANKA - Attentati di Pasqua: la comunità cattolica prega e si impegna per il riconoscimento dei suoi “martiri”

“I fedeli che hanno perso la vita da innocenti, nel momento del culto a Dio, per gli attacchi terroristici di Pasqua del 2019, mentre stavano partecipando alla celebrazione eucaristica la domenica in chiesa, sono nostri eroi della fede. Sono stati uccisi mentre adoravano Dio. Erano in chiesa per celebrare la Resurrezione di Cristo. Desideriamo vengano proclamati martiri”, dice all’Agenzia Fides p. Cyril Gamini Fernando, sacerdote di Colombo e direttore del settimanale cattolico in lingua singalese “Gnartha Pradeepaya” (“La luce della conoscenza”). Il sacerdote conferma: “Per questo il prossimo 21 aprile, il giorno dell’anniversario della loro morte, sarà consegnata nelle mani del Cardinale Malcolm Ranjith una petizione firmata da migliaia di fedeli, per chiedere che si possa avviare il processo per la beatificazione. Questo è un passo importante, è il frutto di una iniziativa popolare, diffusa tra i fedeli. Il Cardinale poi, la sottoporrà alla Santa Sede”:
P. Fernando riferisce che la comunità dell’Arcidiocesi di Colombo desidera ardentemente avviare il processo di canonizzazione di 171 fedeli cattolici uccisi nell’attacco terroristico della domenica di Pasqua del 2019, per onorare i suoi “martiri della fede”: a tal fine sta vivendo il periodo di Quaresima con questa intenzione di preghiera. Il cammino culminerà con una solenne celebrazione il 21 aprile, nel giorno del quinto anniversario degli attentati. Il trascorrere di un quinquennio, ricorda il direttore, è il tempo minimo richiesto dalla Chiesa per aprire la causa di canonizzazione e allora il Cardinale potrà presentare al Dicastero vaticano per le Cause dei Santi la petizione per avviare la fase diocesana del processo.
Il 19 aprile 2019 otto attentatori suicidi presero di mira due chiese cattoliche, una chiesa evangelica, tre hotel di lusso e altri luoghi uccidendo nel complesso 269 persone e ferendone più di 500. Tra costoro, i fedeli cattolici uccisi mentre si trovavano a messa, nelle chiese cattoliche di San Sebastiano e Sant’Antonio, sono 171. “Coloro che sono morti nelle chiese nell’aprile 2019 hanno sacrificato la loro vita per ciò in cui credevano. Sono venuti in chiesa perché credevano in Cristo”, ha detto nei giorni scorsi ai fedeli il Cardinale Malcolm Ranjith, Arcivescovo di Colombo, appoggiando l’iniziativa popolare dei fedeli.
Secondo gli inquirenti un gruppo radicale locale legato allo Stato islamico, il National Thowheeth Jama’ath, ha pianificato e organizzato l’attacco ma, a cinque anni dai fatti, secondo molti osservatori restano da accertare i reali mandanti della strage e le collusioni con gli ambienti della politica, accusata di voler nascondere informazioni e coprire i responsabili. La Chiesa in Sri Lanka e chiede tuttora “verità e giustizia”, dato che esistono piste investigative che vedono in quegli attentati degli atti deliberati per destabilizzare la nazione.
(PA) (Agenzia Fides 4/3/2023)

CINA: una riflessione e qualche notizia

Pechino e la Santa Sede: segnali positivi, ma c’è un silenzio che pesa

Le tre recenti nomine dei vescovi indicano la volontà di non rompere. Ma l’Accordo con il Vaticano non viene mai nemmeno menzionato dalla Repubblica popolare cinese. Mentre è appena entrato in vigore un “piano quinquennale” per i cattolici che cita Xi Jinping anziché il papa e invoca un “fondamento teologico” a una sinicizzazione che nei fatti resta solo un adeguamento alla politica del Partito.

Scrivo questo commento proprio mentre si festeggia il capodanno cinese, una festa sentita da tutti i cinesi, in patria e oltremare. È l’anno del drago, che tra i dodici animali dell’oroscopo è quello più forte e più amato: c’è da credere che molte donne cinesi vorranno avere un figlio proprio in questo anno considerato il più fortunato.
La festa di oggi mi catapulta nel pensiero della fede cattolica in Cina, il tema fondamentale della mia vita dedicata alla missione. Il 2024 dovrebbe essere, da quanto possiamo sapere, un anno decisivo per il dialogo tra Cina e Santa Sede: l’accordo del 2018, rinnovato per due volte, dovrà essere ratificato permanentemente oppure abbandonato.

Negli ultimi giorni sono giunte notizie commentate, giustamente, in modo positivo dagli osservatori: tre nuovi vescovi sono stati ordinati, con l’approvazione di entrambi le parti, in osservanza dell’accordo. Il 2023 era stato un annus horribilis per la Santa Sede, con il clamoroso trasferimento a Shanghai del vescovo Shen Bin. Era il secondo atto unilaterale della Cina che aveva estromesso la Santa Sede da ogni consultazione. Il Vaticano ha protestato. Dopo di che, ha accettato quanto successo, chiedendo però che la situazione non si ripeta.

Le ultime tre ordinazioni concordate, corredate dal riconoscimento da parte della Santa Sede della costituzione di una nuova diocesi (Weifang, nella provincia di Shandong, con confini ridisegnati dalle autorità cinesi) hanno dato l’impressione che ci sia, da parte cinese, la volontà di non rompere con Roma e di ratificare permanentemente l’accordo.

Occorre ricordare che queste ‘buone’ notizie vanno contestualizzate: se è vero che il papa nomina i vescovi, essi non sono scelti da lui ma da un processo autonomo guidato dalle autorità cinesi, i cui dettagli non sono conosciuti, in quanto il testo dell’accordo rimane segreto. Quelli eletti in Cina sono dunque vescovi cattolici, ma allo stesso tempo certamente graditi alle autorità. Inoltre è bene evidenziare che in nessun modo, in Cina, il papa e la Santa Sede o l’accordo vengono menzionati all’annuncio di tali nomine. Temo che anche nel corso della liturgia dell’ordinazione stessa, la nomina pontificia non sia messa in debito risalto. In ogni caso, da tempo le celebrazioni delle consacrazioni episcopali non sono accessibili a osservatori esterni.

Il doppio registro - nomine che sembrano dare forza all’accordo da una parte; silenzio sul ruolo di Roma dall’altra - è ancora più evidente se si legge il Piano quinquennale per la sinicizzazione del cattolicesimo in Cina (2023-2027). Tale Piano, molto dettagliato e articolato in quattro parti e 33 paragrafi, è stato approvato il 14 dicembre del 2023 dall’organismo ufficiale che unisce la Conferenza dei vescovi cattolici (non riconosciuta dalla Santa Sede) e l’Associazione Patriotica dei Cattolici Cinesi: entrambe operano sotto la supervisione del Fronte Unito, l’ufficio del Partito comunista che governa la vita religiosa del Paese. Il documento è stato pubblicato il giorno di Natale presso il sito della Chiesa Cattolica Cinese. Un simile documento per le chiese protestanti era uscito il 19 dicembre.

Composto da 5000 caratteri (corrispondono a circa 3000 parole italiane), il Piano quinquennale ‘cattolico’ non nomina mai il papa e la Santa Sede; né l’accordo intervenuto tra il Vaticano e la Cina. Il leader Xi Jinping è invece nominato quattro volte; cinque volte viene ribadito che il cattolicesimo deve assumere ‘caratteristiche cinesi ???? ‘. La parola sinicizzazione (???) la fa da padrona: ricorre ben 53 volte.

Il Piano è il programma di lavoro per rendere il processo di sinicizzazione più profondo, ideologico e efficace: “È necessario intensificare la ricerca per dare fondamento teologico alla sinicizzazione del cattolicesimo, per migliorare continuamente il sistema del pensiero teologico sinicizzato, costruire un solido fondamento teorico per la sinicizzazione del cattolicesimo, affinché esso si manifesti costantemente con caratteristiche cinesi”.

Chi da anni studia la politica religiosa del governo cinese non trova in questa impostazione grandi novità: quello che ci impressiona, però, è la fermezza e la perentorietà del linguaggio. Come se non ci fosse stato nessun dialogo e nessun riavvicinamento con la Santa Sede; come se il riconoscimento del papa di tutti i vescovi cinesi non contasse niente; come se non ci fosse un accordo tra la Santa Sede e la Cina che offre al mondo l’impressione che il cattolicesimo romano abbia trovato ospitalità e cittadinanza in Cina.

Da teologo mi impressiona il progetto di dare un fondamento teologico alla sinicizzazione. Troppo facile per osservatori superficiali giustificarlo, e scambiare questo termine come una tappa del legittimo processo ecclesiale dell’inculturazione. Non è così: qui non ci sono credenti che liberamente cercano un dialogo virtuoso tra la fede cattolica e le proprie appartenenze culturali. Si tratta piuttosto dell’imposizione, da parte di un regime autoritario, dell’adattamento della pratica della fede alla politica religiosa stabilita d’imperio dalle autorità politiche.

Cento anni fa, dal 15 maggio al 12 giugno del 1924, si tenne il Concilio di Shanghai, il primo incontro di tutti in vescovi di Cina (ahimè, allora non c’era ancora alcun cinese tra di loro). Il concilio (interessante l’adozione di questo termine) fu convocato dal delegato pontificio Celso Costantini. Quest’ultimo era stato inviato in Cina a seguito dell’enciclica Maximun Illud del 1919, che imponeva alle missioni di procedere sulla via della dell’inculturazione. Diversi missionari, tra cui il Superiore generale del Pime Paolo Manna (oggi beato) avevano denunciato il carattere straniero della Chiesa cattolica in Cina. Nel 1926 furono finalmente ordinati i primi sei vescovi cinesi, e qualche anno dopo a Pechino, Costantini fondò una scuola per creare un’arte cristiana cinese. Partì cosi, con grave ritardo, il processo di sinicizzazione. E nell’anno centenario del Concilio di Shanghai è doveroso riflettere, storicamente e teologicamente, su queste vicende e sulle sfide per il futuro della fede in Cina.

Quello che riteniamo non accettabile è che il controllo da parte delle autorità politiche sui credenti cattolici - un controllo che si vorrebbe far passare come sinicizzazione - sia convenientemente e ambiguamente giustificato in nome dell’inculturazione del Vangelo.
(di Gianni Criveller ??? AsiaNews12/02/2024)

NOTIZIE

CINA - Il pastore Kan Xiaoyong della Chiesa domestica di Dalian condannato a 14 anni di prigione
I pastori delle chiese domestiche in Cina stanno ricevendo pene detentive sempre più pesanti, a seguito delle istruzioni di Xi Jinping di obbligare tutte le chiese protestanti ad aderire alla Chiesa delle Tre Autonomie controllata dal governo, reprimendo coloro che rifiutano.
Il 12 gennaio 2024, il pastore Kan Xiaoyong di Dalian è stato condannato dal tribunale popolare del distretto di Ganjingzi a quattordici anni di prigione. Sua moglie Wang Fengying è stata condannata a quattro anni e il collega Chu Xinyu a dieci anni. Altri tre imputati hanno ricevuto sentenze di tre anni.
Kan, originario di Wuhan, era un uomo d’affari di successo e rampollo di una famiglia collegata al PCC . Nel 2018, all’età di 60 anni, ha lasciato la carriera secolare e ha fondato con sua moglie, due anni più giovane di lui, il Discipleship Home Network, come una combinazione di evangelizzazione online e offline. Sua moglie Wang Fengying aveva vinto premi nazionali come insegnante modello e si era esibita anche come ballerina. Andarono a Dalian per fondarvi una chiesa. Il loro ministero ebbe successo e divenne famoso a livello nazionale nel circuito delle chiese domestiche .
Il 20 ottobre 2021, la loro casa di Dalian è stata perquisita e il pastore Kan e sua moglie sono stati arrestati. Arrestati anche quattro colleghi. Sia Kan che sua moglie furono torturati per diversi giorni nel vano tentativo di ottenere la loro confessione. Le prove della tortura sono state presentate dai loro avvocati al processo ma sono state respinte dal giudice.
(Bitter Winter 15/01/2024 TAN QIU)

CINA - altri membri della Chiesa di Dio Onnipotente arrestati e torturati
Nonostante ora si facciano sforzi per mantenere segrete le informazioni, “Bitter Winter” ha ottenuto dati e testimonianze su diverse province.
Dopo che l’epidemia di COVID-19 è stata completamente attenuata nel 2023, il PCC ha avviato repressioni più frequenti contro la Chiesa di Dio Onnipotente (CDO). A “Bitter Winter” sono stati segnalati frequenti casi di tortura, anche nei confronti di credenti minorenni, anziani e disabili.
Zhejiang
Come riportato in precedenza da “Bitter Winter”, solo il 15 giugno 2023, almeno 1.043 cristiani della CDO sono stati arrestati nella provincia di Zhejiang. Uno di loro è morto tre giorni dopo il suo arresto. C’erano ferite sulla sua testa e macchie di sangue nei suoi occhi. Parenti e correligionari credevano che fosse stato torturato. (…)
Anhui
“Bitter Winter” ha riferito anche di arresti e torture nelle province di Anhui e Jiangsu. Nel corso del 2023, secondo le informazioni fornite a “Bitter Winter”, la polizia dell’Anhui ha arrestato almeno 3.319 credenti della CDO, di cui 1.277 sottoposti a indottrinamento forzato. I credenti sono stati costretti a rinunciare al proprio credo, a riferirsi alla propria fede in modi blasfemi e a fornire alla polizia informazioni sulla CDO. (…)
Jiangsu
Nel Jiangsu, il 16 maggio 2023, la polizia della contea di Xuyi, nella città di Huai’an , ha arrestato almeno 54 cristiani della CDO. A luglio, altri 109 sono stati arrestati nella stessa città.
A giugno, la polizia della città di Xuzhou ha arrestato 141 devoti della CDO e li ha rinchiusi nel seminterrato di un hotel per indottrinamento forzato. (…)
Jiangxi e Fujian
Secondo quanto riferito a “Bitter Winter”, a novembre 2023, circa 227 fedeli della CDO erano stati arrestati nella provincia di Jiangxi e almeno 102 nella provincia di Fujian.
Il 20 luglio, nella contea di Hukou , città di Jiujiang, provincia di Jiangxi , 48 credenti della CDO sono stati arrestati. La maggior parte di loro ha riferito di essere stata sottoposta alla tortura “Sfinimento di un’aquila”, che è durata da otto a dieci giorni e notti. “Non mi è stato permesso di dormire su un letto per quasi quaranta giorni. Il posto migliore per dormire era una panchina. La mia energia e la mia forza avevano raggiunto il limite”, ha detto a “Bitter Winter” un credente della CDO.
Un’altra credente è stata picchiata dalla polizia e sottoposta a scariche elettriche fino a farla svenire. La polizia le ha detto che avevano programmato di darle un centinaio di elettroshock, ma alla fine l’hanno colpita solo 93 volte. Hanno affermato che nessuno lo avrebbe saputo anche se fosse stata picchiata a morte.
Henan
Il 26 agosto 2023, più di 170 credenti della CDO, tra cui uno ottantenne e dieci settantenni, sono stati arrestati nelle quattro contee di Tanghe, Xichuan, Neixiang e Xixia di Nanyang. (…)
Sichuan
Dal 16 al 31 marzo 2023, nelle città di Guang’an, Nanchong e Dazhou, nel Sichuan, sono stati arrestati 152 credenti della CDO. (…)
Nel breve arco di tre giorni, dal 9 all’11 maggio, nelle cinque città del Sichuan, Chengdu, Meishan, Emeishan, Ya’an e Deyang, sono stati arrestati 141 fedeli della CDO. Gli arresti violenti hanno provocato la frattura delle costole di un devoto sia a sinistra che a destra.
I nostri intervistati hanno insistito sul fatto che questi casi sono solo la punta dell’iceberg. In effetti, molti altri fedeli della CDO sono stati arrestati e torturati in tutto il Paese. Oggi è più difficile ottenere statistiche precise, poiché la maggior parte delle decisioni dei tribunali non vengono più pubblicate. E ovviamente i correligionari vengono a conoscenza della tortura e delle uccisioni extragiudiziali solo quando i testimoni riferiscono loro questi incidenti.
(Bitter Winter 26/01/2024 JIANG TAO)

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