2024 04 10 La Chiesa nel mirino
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HAITI - i camilliani asserragliati nell’ospedale della capitale
NICARAGUA - condannati 11 pastori evangelici
TESTIMONIANZA - Una suora dal Myanmar insanguinato: “La nostra Pasqua, miracolo di speranza”
HAITI - attacco a un seminario minore. La Chiesa nel mirino delle bande criminali
A Port-au-Prince è stato vandalizzato e danneggiato il Petit Séminaire Collège Saint Martial della Congregazione dello Spirito Santo. “Siamo nella desolazione e la preoccupazione è grande di fronte al continuo deterioramento della situazione nel Paese” è l’allarme espresso dal superiore provinciale degli spiritani, padre Raynold Joseph
Banditi armati hanno fatto irruzione lunedì scorso, intorno alle 17, nell’atrio del Petit Séminaire Collège Saint Martial appartenente alla Congregazione del Santo Spirito di Port-au-Prince, capitale di Haiti, e dopo aver neutralizzato i due guardiani, hanno cominciato a bruciare i veicoli parcheggiati e a commettere atti vandalici. Quattro sacerdoti e quattro dipendenti sono riusciti a sottrarsi alle violenze nascondendosi o fuggendo a piedi in strada o nella vicina cattedrale. Malgrado le diverse chiamate, la polizia, alle prese con un violento attacco al vicino Palazzo Nazionale, non è riuscita a intervenire.
Ingenti danni alla struttura
In un comunicato, il superiore provinciale dei religiosi spiritani, padre Raynold Joseph, fa sapere che “per più di sei ore i malviventi hanno continuato a saccheggiare, bruciare, rubare”. Non si registrano feriti, ma “i danni materiali sono stati ingenti: quattro auto bruciate, le altre vandalizzate, l’amministrazione del Collegio data alle fiamme, uffici saccheggiati così come la residenza comunitaria e i locali scolastici”. Sono stati danneggiati frigoriferi, pannelli solari, batterie, inverter, il sistema di depurazione dell’acqua, materassi, apparecchiature informatiche e elettroniche. I religiosi temono che un simile attacco possa ripetersi. “È probabile - si legge nel comunicato - che altre intrusioni avvengano nelle ore o nei giorni a venire se la scuola, in un modo o nell’altro, non è sicura”. “La situazione a Port-au-Prince sta andando fuori controllo e noi siamo più vittime che mai - afferma padre Joseph - siamo nella desolazione e la preoccupazione è grande di fronte al continuo deterioramento della situazione nel Paese”.
La solidarietà della Conferenza haitiana dei religiosi
La Conferenza haitiana dei religiosi, in una nota, esprime profondo dolore per la situazione di caos in cui vive oggi la popolazione haitiana, solidarietà agli spiritani e denuncia “con forza gli attacchi alle istituzioni della Chiesa che vengono saccheggiate e profanate da individui pesantemente armati che aggrediscono persone umili che non fanno che servire l’intera popolazione, in particolare i più poveri”. Indignata per gli attacchi senza scrupoli alle proprietà private e statali che mettono in pericolo la vita altrui, la Conferenza dei religiosi auspica che “tutte le persone che esercitano l’autorità politica, civile e religiosa collaborino con perseveranza per ristabilire la pace e costruire la giustizia in questa terra che ha visto nascere eroi della libertà”.
Haiti nelle mani di bande criminali
Dalla fine di febbraio, potenti bande criminali si sono alleate per attaccare stazioni di polizia, carceri, l’aeroporto e il porto marittimo, nel tentativo di spodestare il primo ministro Ariel Henry, dimessosi l’11 marzo per far posto a un Consiglio di transizione che, tuttavia, non è ancora stato istituito, tra disaccordi politici e dubbi circa la sua legalità. In una dichiarazione rilasciata lunedì, l’entourage di Ariel Henry ha fatto sapere che il Consiglio non è stato ancora formato perché la costituzione haitiana non ne autorizza la creazione. E mentre la situazione politica sembra bloccata, le bande criminali continuano ad imperversare e a imporre la legge della violenza nella capitale haitiana. (Jean-Benoît Harel – Città del Vaticano 03 aprile 2024)
HAITI - i camilliani asserragliati nell’ospedale della capitale. Popolazione in fuga
Sanità al collasso nello Stato caraibico, circa 53 mila persone spinte dalle bande armate e a fuggire. Il missionario padre Erwan: “Non possiamo uscire per acquistare cibo o farmaci per le persone che ospitiamo, bambini disabili, malati, parenti dei ricoverati e il personale medico e infermieristico. La situazione è ogni giorno più pericolosa”
“Le bande diventano ogni giorno più armate e più feroci, siamo asserragliati dentro l’Ospedale, con la speranza che non ci assaltino. Non possiamo uscire per acquistare cibo o farmaci per le persone che ospitiamo, bambini disabili, malati, parenti dei ricoverati e il personale medico e infermieristico”. Sono parole - riportate dall’agenzia Fides - di padre Erwan, missionario dei Ministri degli Infermi (Camilliani), che scrive dalla capitale di Haiti, Port-au-Prince, dove la tragedia continua a colpire la popolazione. “Ci hanno consentito, previo ‘pagamento del pizzo’ di uscire una sola volta con l’ambulanza per acquistare 30 bombole di ossigeno per i ricoverati e per gli interventi chirurgici. La situazione è ogni giorno più pericolosa!”, sottolinea il camilliano che è l’economo del Foyer San Camillo ed è presente insieme al suo confratello padre Robert, che è il direttore. Il Foyer si trova a La Plaine, nel comune di Croix de Bouquet, uscita nord di Port-au-Prince.
Ogni giorno più in fondo nel baratro
“Penso alla tragedia che sta vivendo il popolo haitiano e che precipita ogni giorno più in fondo al baratro nell’indifferenza mondiale”, fa eco padre Antonio Menegon. “Nessuno ne parla, peggio ancora nessuno interviene e con quel poco che possiamo fare cerchiamo di essere presenti per aiutare i tanti ‘fantasmi’ haitiani a vivere nonostante il silenzio intorno a loro. Salvare la vita del popolo haitiano è continuare nel quotidiano la risurrezione di Gesù”, conclude il sacerdote, responsabile della onlus Camilliana Madian Orizzonti.
Oltre 50 mila persone costrette a lasciare la capitale
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite nelle ultime settimane sono scappate dalla capitale oltre 50 mila persone che si aggiungono a oltre 100 mila profughi già presenti nel sud di Haiti. Le violenze delle bande armate hanno spinto circa 53 mila persone a lasciare la capitale nelle ultime tre settimane, rivela un rapporto pubblicato martedì dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Più della metà sono dirette verso il sud del Paese che già ospita 116 mila persone fuggite in precedenza. Vatican News 04 aprile 2024
NICARAGUA - condannati 11 pastori evangelici
I pastori, legati all’organizzazione statunitense Mountain Gateway, sono stati arrestati due mesi fa e tenuti in isolamento senza contatti con avvocati o familiari. Dopo un processo a porte chiuse, la giustizia del Paese li ha condannati con l’accusa di riciclaggio di denaro: sentenze tra i 12 e 15 anni di reclusione, oltre a una multa di 80 milioni di dollari a persona
Undici pastori evangelici legati all’organizzazione statunitense Mountain Gateway sono stati condannati dalla giustizia del Nicaragua con l’accusa di riciclaggio di denaro. Per i membri dell’organizzazione con sede in Texas — arrestati due mesi fa e tenuti in isolamento senza contatti con avvocati o familiari — i giudici hanno emesso sentenze tra i 12 e 15 anni di reclusione, oltre a una multa di 80 milioni di dollari a persona. Il processo si è svolto a porte chiuse.
A riferirlo l’organizzazione Alleanza in difesa della libertà, Adf Internacional, che ha parlato di una sentenza «irregolare» maturata in un procedimento nel corso del quale «le autorità non sono state in grado di presentare alcuna prova». La Adf ha chiesto l’intervento della Commissione interamericana dei diritti umani per esigere dalle autorità di Managua la garanzia del rispetto dei prigionieri durante la loro permanenza in carcere.
Intanto, per il secondo anno consecutivo, la Settimana Santa si è svolta in Nicaragua senza processioni nelle strade delle città e Via Crucis in quanto vietate dalle autorità. Le uniche funzioni autorizzate si sono svolte all’interno dei luoghi di culto o nei loro cortili. Quattromila agenti di polizia sono stati posizionati intorno alle chiese del Paese per vigilare sul rispetto del divieto. (L’Osservatore Romano 03 aprile 2024)
TESTIMONIANZA MYANMAR
Una suora dal Myanmar insanguinato: “La nostra Pasqua, miracolo di speranza”
Scontri armati, aggressioni di civili, morti innocenti, chiese occupate: il Paese asiatico alle prese con una guerra civile senza tregua, ma, nonostante tutto, la luce del Risorto non fa mancare la gioia profonda e duratura. Suor Beatrice, religiosa della Congregazione delle Suore della Riparazione: “Più aumentano le ingiustizie, le violenze, l’indifferenza e più troviamo forza nella fede in Cristo”. Ora a combattere chiamati anche ragazzi e ragazze
C’è una nazione dell’Asia sudorientale nella quale la Pasqua ha generato un vero e proprio miracolo. È il Myanmar, dove sono migliaia i morti provocati da una guerra civile senza fine, scoppiata tre anni fa dopo un golpe al quale parte della popolazione si oppone e che ogni giorno pretende un enorme tributo di dolore e disperazione. Quel miracolo non è visibile ad occhio nudo, è quasi impercettibile, ma si svela in tutta la sua potenza quando una semplice e minuta religiosa racconta come la piccola comunità cristiana del Paese si è preparata alle celebrazioni pasquali e alla festa per il Risorto.
Serenità della fede
Ci si aspetterebbe che la voce di suor Beatrice sia incrinata e affievolita dalla paura, invece è più tonante e tranquilla che mai. Ai media vaticani - che la contattano con difficoltà in una piccola città dello Stato del Kachin - la religiosa, appartenente alla congregazione delle Suore della Riparazione, svela una certezza: “La Pasqua ci ha donato una speranza nuova, viva, tenace, concreta. Una speranza ancora più colorata di prima”. Eccolo, il miracolo. Più questi fedeli sperimentano sulla propria “pelle l’aumento delle violenze, delle ingiustizie, dell’indifferenza, in molte forme che appartengono alla morte, più trovano nella forza di Cristo Risorto una speranza indistruttibile”, dice la suora.
Celebrazioni nella foresta
In molti, quest’anno, sono stati costretti a celebrare la Pasqua nelle foreste perché le loro parrocchie sono state occupate dai militari: spesso sono state riconvertite in caserme o addirittura distrutte. I vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i catechisti sono riusciti a fuggire, spiega suor Beatrice, e “il popolo di Dio li ha seguiti. Non potevano rimanere separati. Quando è stato possibile, per evitare pericoli, le celebrazioni si sono svolte prima del sopraggiungere della sera, come nel caso della veglia pasquale”.
Ragazzi e ragazze mandati al macello
La religiosa racconta anche che le violenze sono sempre più in aumento: “Da almeno tre mesi, la giunta birmana sta perdendo molte basi militari in varie parti del Paese e questo innesca dei combattimenti più violenti e crudeli”. Poi denuncia che i militari hanno imposto ai ragazzi e alle ragazze di andare a combattere. “Non esistono - afferma - famiglie libere dal dolore e dalla paura. Non c’è pace nel cuore delle persone, tranne quella pace che ha portato Gesù Risorto”. La Chiesa reagisce a questa drammatica situazione stando insieme alla gente senza distinguere razza, colore e religione. “Dove è possibile vivere un po’ di serenità la Chiesa prega e aiuta molto. Noi chiediamo alla Comunità internazionale di intervenire al più presto per fermare questa violenza inaudita”, conclude suor Beatrice. (Federico Piana - Città del Vaticano 03 aprile 2024)