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2024 10 23 Preghiera e memoria: sono i nostri fratelli più cari

Fonte:
https://vanthuanobservatory.com
MESSICO - Padre Marcelo Perez, parroco indigeno, ucciso da sicari dopo aver celebrato messa
PAKISTAN - lavoratore cristiano diciassettenne convertito forzatamente all'Islam dal suo datore di lavoro
YUNNAN - aggiornamento sul fratello Chang Hao: condannato, liberato e nuovamente detenuto
TERRA SANTA - I cristiani di Palestina ai cattolici Usa: aiutateci a restare in Terra Santa

MESSICO - Padre Marcelo Perez, parroco indigeno, ucciso da sicari dopo aver celebrato messa

La comunità cattolica del Chiapas condivide in queste ore dolore e preghiere dopo l’assassinio di un sacerdote indigeno parroco del quartiere Cuxtitali di San Cristobal de las Casas. L’agguato ai danni di padre Marcelo Pérez Pérez è avvenuto mentre rientrava dalla parrocchia di Nuestra Señora de Guadalupe, a San Cristobal de las Casas, dopo aver celebrato la messa. Secondo le indagini in corso due sicari in motocicletta hanno raggiunto la vettura sulla quale si trovava p. Marcelo e lo hanno colpito a morte la mattina di domenica 20 ottobre.

Conosciuto per il suo lavoro a favore della giustizia e della pace nelle comunità indigene della regione, oltre ad essere stato mediatore nei conflitti in zone come Pantelhó, dove la violenza e l’insicurezza sono aumentate notevolmente e dove gruppi armati combattono da tempo per il controllo della zona, il sacerdote Maya Tsotsil, indios americani discendenti diretti dei maya classici, negli anni aveva ricevuto una serie di minacce di morte e continue diffamazioni anche a causa delle sue denunce delle azioni dei gruppi armati presenti nella zona.

Proprio a causa delle continue minacce la diocesi di San Cristóbal de las Casas aveva deciso di trasferirlo dalla parrocchia di Simojovel alla parrocchia di Nuestra Señora de Guadalupe. “Il Chiapas è una bomba a orologeria, ci sono molte persone scomparse, rapiti, uccisi per mano della criminalità organizzata”, aveva dichiarato in una intervista lo scorso 13 settembre durante una manifestazione per la pace alla quale hanno partecipato parrocchiani delle tre diocesi del Chiapas. Nel mese di agosto 2024 raccontava che a Simojovel avevano messo una taglia sulla sua vita di un milione di pesos (poco meno di 50 mila euro), ma che sotto la protezione di Dio avrebbe continuato il suo processo di pace. “Ho un mandato divino”, dichiarava a Sol de México il 2 agosto 2024.

Figlio di genitori contadini era nato nella comunità di Chichelalhó, a San Andrés Larráinzar, Chiapas. Ha studiato in Seminario, è stato ordinato sacerdote il 6 aprile 2002 e ha iniziato la sua attività ecclesiastica come parroco di Chenalhó, dove ha avuto contatti con i sopravvissuti al massacro di Acteal, avvenuto nel 1997. Per decenni è stato un attivista a favore dei diritti umani e per più di 10 anni è rimasto a Simojovel. Ha coordinato la Pastorale Sociale della Provincia del Chiapas, che comprende le Diocesi dei municipi di San Cristóbal de Las Casas, Tapachula e Tuxtla Gutiérrez, e ha sostenuto organizzazioni e gruppi religiosi indigeni, oltre a dirigere pellegrinaggi e attività sulla salute, la povertà e la violenza a Simojovel. Il sacerdote è stato anche parroco per 10 anni a Chenalhó, 10 anni a Simojovel e da più di due anni nella parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe.

Nel 2020 è stato insignito del premio “Per Anger 2020”, che viene assegnato a persone e organizzazioni che lavorano per i diritti umani e la democrazia.

Profondo dolore ha espresso tra gli altri il cardinale Felipe Arizmendi Esquivel, vescovo emerito di San Cristóbal de las Casas, che ha ricordato che padre Marcelo è stato uno dei primi sacerdoti indigeni Tsotsil da lui ordinato sacerdote. “Si è sempre impegnato per la giustizia e la pace tra i popoli indigeni, soprattutto a Simojovel e per l’accompagnamento delle vittime della violenza interna a Pantelhó”, ha detto Esquivel. Secondo il cardinale, il sacerdote non si è mai impegnato in politiche partitiche, ma ha sempre difeso il rispetto e la giustizia tra le comunità: “Ha lottato perché i valori del Regno di Dio prendano vita nelle comunità. I valori della verità e della vita, della santità e della grazia, della giustizia, dell’amore e della pace”.

“P. Marcelo Pérez è stato un esempio vivente di impegno sacerdotale verso i più bisognosi e vulnerabili della società. La sua azione pastorale, caratterizzata dalla vicinanza al popolo e dal costante sostegno a chi più ne aveva bisogno, lascia un’eredità di amore e di servizio che rimarrà nel cuore di tutti coloro che ha toccato con il suo ministero”, ha evidenziato la Conferenza episcopale messicana (CEM) in un comunicato firmato dal suo presidente, Rogelio Cabrera López, e dal segretario generale, Ramón Castro Castro.

“L’assassinio di p, Marcelo non solo priva la comunità di un pastore dedicato alla sua gente, ma mette anche a tacere una voce profetica che ha instancabilmente lottato per la pace con verità e giustizia nella regione del Chiapas. Marcelo Pérez è stato un esempio vivente di impegno sacerdotale verso i più bisognosi e vulnerabili della società – dichiarano dalla CEM. I vescovi chiedono che le autorità svolgano “un’indagine esaustiva e trasparente che porti a chiarire questo crimine e a rendere giustizia a padre Marcelo Pérez”, attuino “misure efficaci per garantire la sicurezza dei sacerdoti e degli operatori pastorali” e raddoppino “gli sforzi per combattere la violenza e l’impunità che affliggono la regione del Chiapas” e il Paese in generale.
(AP) (Agenzia Fides 21/10/2024)

PAKISTAN - lavoratore cristiano diciassettenne convertito forzatamente all’Islam dal suo datore di lavoro
A quanto si dice, a Samsoon Javed è stato detto che poteva rinunciare alla sua religione o al suo lavoro. Sua madre sospetta che la vera storia possa essere anche peggiore.

Le conversioni forzate di indù e cristiani all’Islam sono una piaga ben nota in Pakistan, ma il caso del diciassettenne Samsoon Javed include un elemento in qualche modo nuovo. A un lavoratore cristiano impoverito è stata offerta l’alternativa di convertirsi all’Islam o perdere il lavoro, secondo le informazioni che sua madre ha condiviso con i media locali e i giornalisti che regolarmente riportano sui social network questioni relative alla libertà di credo.

Samina Javed, una fornace di mattoni del villaggio di Bhadru Minara nel distretto di Sheikhupura, Punjab, e membro di una chiesa dei Fratelli, è la madre di Samsoon Javed. Il padre di Samsoon, Falamoon Masih, è morto nel 2018 a causa di una malattia. Samsoon è uno dei quattro figli di quel matrimonio. Samina è ora sposata con un gentiluomo il cui cognome è Javed, da cui ha avuto un altro figlio.

Nel novembre 2023, Samsoon ha iniziato a lavorare presso un punto vendita di GPL (gas di petrolio liquefatto) di proprietà di un musulmano chiamato Usman Manzoor. Nel luglio 2024, Umar Manzoor, fratello di Usman, ha chiesto a Samsoon di trasferirsi e iniziare a lavorare presso il suo punto vendita di GPL. Lì sono iniziati i problemi, secondo Samina.
A settembre, Samsoon non tornò a casa dal lavoro. I genitori andarono a trovare Umar e lui disse loro che Samsoon si era convertito all’Islam e non voleva più tornare a casa o vederli.
La madre riuscì a far visita a Samsoon qualche giorno dopo, mentre Umar era in viaggio. Durante il breve incontro, il figlio sembrava terrorizzato, riferì Samina, e continuava a dire che sarebbe stato licenziato o peggio se Umar avesse scoperto che aveva incontrato sua madre.
Sia Samsoon che la sua famiglia sono estremamente poveri. Tuttavia, Samina non crede che Samsoon abbia solo paura di perdere il lavoro, anche se è qualcosa che difficilmente può permettersi. Sospetta che sia trattenuto dai fratelli Manzoor e dal loro capo religioso contro la sua volontà.
Che si tratti di rapimento o di semplice ricatto, l’incidente sembra un altro capitolo della triste storia delle conversioni ottenute con mezzi illegali in Pakistan.
(Bitter Winter 16/10/2024 Massimo Introvigne)

CINA YUNNAN - aggiornamento sul fratello Chang Hao: condannato, liberato e nuovamente detenuto
Il famoso predicatore stava battezzando nuovi cristiani insieme al famoso pastore John Cao quando la polizia ha fatto irruzione nel luogo dell’incontro il 15 ottobre.

“Bitter Winter” ha dedicato diversi articoli al predicatore dello Yunnan Chang Hao, “l’uomo cristiano anti-COVID con le mascherine”, diventato famoso distribuendo mascherine con versetti della Bibbia, un’iniziativa che ha fortemente turbato le autorità.
Nell’aprile 2023, la polizia ha fatto irruzione nella piccola chiesa rurale del fratello Chang Hao nella contea di Zhenxiong , città di Zhaotong, provincia dello Yunnan . Hanno confiscato Bibbie, libri cristiani e le famose maschere anti-COVID con i versetti della Bibbia.

Il 7 novembre 2023, il pubblico ministero ha portato il caso contro il fratello Chang Hao alla Corte popolare della contea di Zhenxiong. Secondo la legge e la procedura cinese, un verdetto era solitamente previsto entro due mesi, e non oltre tre mesi. Questo periodo si è concluso a febbraio. Nonostante un documento affermasse che Chang Hao sarebbe stato trattenuto solo fino al 10 febbraio se non fosse stato emesso alcun verdetto, è rimasto in prigione senza un verdetto anche dopo quella data.
Tuttavia, alla fine è stato processato e condannato a un anno e un mese di carcere per “aver attaccato briga e provocato problemi”, un’accusa generica contro i religiosi che operano indipendentemente dagli organismi religiosi controllati dal PCC.
Contato a partire dalla prima detenzione, il termine di un anno e un mese è scaduto il 14 maggio 2024 e Chang Hao è stato rilasciato in quella data. Tuttavia, è stato tenuto sotto sorveglianza.

Il 15 ottobre 2024, Chang Hao radunò i fedeli locali nella contea di Zhenxiong per celebrare il battesimo di quindici nuovi cristiani, alcuni dei quali provenienti da Hunan, insieme al pastore John Cao (Cao Sanqiang), un’altra figura nota e perseguitata del movimento delle chiese domestiche.
La polizia ha fatto irruzione all’evento. Il pastore Cao e il fratello Chang con decine di cristiani sono stati portati alla stazione di polizia. Alla fine sono stati tutti rilasciati, tranne il fratello Chang, a cui è stato comunicato che rimarrà in detenzione amministrativa per dodici giorni. Cosa accadrà dopo non è ancora chiaro.
(Bitter Winter 18/10/2024 Li Xiaosi)


TERRA SANTA - I cristiani di Palestina ai cattolici Usa: aiutateci a restare in Terra Santa
Durante la messa domenicale a San Antonio, in Texas, alcuni fedeli arrivati dalla Cisgiordania hanno incontrato i parrocchiani della chiesa del Santissimo Sacramento che hanno offerto loro sostegno: “E
’ importante, non vogliamo lasciare la terra di Gesù”
di suor Bernadette M. Reis, fsp

David David, Jack Odeh e Sami Mubarak vengono da Beit Sahour, una città della Palestina a poco più di tre chilometri da Betlemme, in Cisgiordania. Domenica 13 ottobre sono stati ospiti della parrocchia del Santissimo Sacramento a San Antonio, in Texas. Con loro avevano portato bellissimi articoli religiosi in legno d’ulivo provenienti dalla Terra Santa da vendere: crocifissi, statue, presepi. Articoli dietro ai quali vi sono il lavoro e le speranze di 500 famiglie palestinesi cristiane con un sogno: quello di poter restare nella loro terra grazie alla vendita di oggetti che, allo stesso tempo, restituiscono, a chi li acquista, la possibilità di crescere nella fede. “Sono qui per svolgere la nostra missione a favore delle famiglie cristiane palestinesi”, spiega Jack Odeh, “lì abbiamo molti problemi”. Primo tra tutti: la permanenza dei cristiani in Terra Santa, “luogo molto importante – prosegue Odeh – è importante che le famiglie cristiane restino lì”.

Non si può lasciare la Terra Santa
Lo scoppio del conflitto, a seguito dei fatti del 7 ottobre 2023, ha avuto un impatto diretto sul sostentamento delle persone che vivono nei territori palestinesi. I turisti, che acquistavano nei loro negozi a Betlemme, “ora hanno paura di venire”, spiega ancora Odeh, che ha iniziato a viaggiare assiduamente alla volta degli Stati Uniti proprio per poter distribuire gli articoli religiosi nelle parrocchie degli Usa: “Tutte le entrate vanno alle famiglie cristiane, per permettere loro di rimanere in Terra Santa perché non vogliamo che nessuno lasci la Terra Santa, perché è un luogo Santo, è la Terra Santa. È dove Gesù è nato ed è morto. Non possiamo lasciare questa terra”.

I cristiani sono nel mezzo
Mentre sono in viaggio, restano sempre in contatto con i loro cari a casa. “Ci sono combattimenti tra ebrei e musulmani e i cristiani sono nel mezzo - spiega ancora Odeh - noi vogliamo la pace, non ci piace questa vita, ma non si può andare via, perché le famiglie sono lì. Io chiamo più di dieci volte al giorno a casa, perché potrebbero venire bombardati in ogni momento. Ciò che si vive lì non si può capire se non si vive in prima persona”. Le notizie sono pessime, “i cristiani di Terra Santa sanno cosa accade, ma le notizie non circolano e le persone hanno bisogno di aiuto. Non si può restare a lungo quando c’è una guerra, tutti vogliono andarsene, ma Gesù è morto lì, non si può lasciare, e moriremo per Gesù”.
(RV 18 ottobre 2024)

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