Benedetto XVI - Così ha vissuto: il «martirio» della fedeltà quotidiana
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Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità.
La Verità è Verità, non ci sono compromessi.
La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni.
Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio.
La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio.
San Giovanni Battista interceda per noi, affinché sappiamo conservare sempre il primato di Dio nella nostra vita.
(UDIENZA GENERALE - Castel Gandolfo Mercoledì, 29 agosto 2012)
VATICANO - I missionari uccisi nell’anno 2022
Nell’anno 2022, secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, sono stati uccisi nel mondo
18 missionari e missionarie: 12 sacerdoti, 1 religioso, 3 religiose, 1 seminarista, 1 laico.
La ripartizione continentale evidenzia che il numero più elevato si registra in Africa, dove sono stati uccisi 9 missionari (7 sacerdoti, 2 religiose), seguita dall’America Latina, con 8 missionari uccisi (4 sacerdoti, 1 religioso, 1 religiosa, 1 seminarista, 1 laico) e quindi dall’Asia, dove è stato ucciso 1 sacerdote.
Negli ultimi anni sono l’Africa e l’America ad alternarsi al primo posto di questa tragica classifica: dal 2011 al 2021 per 8 anni l’America e per 3 anni l’Africa (2018,2019,2021). Dal 2001 al 2021 il totale dei missionari uccisi è di 526.
L’elenco annuale di Fides ormai da tempo non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma cerca di registrare tutti i cristiani cattolici impegnati in qualche modo nell’attività pastorale, morti in modo violento, anche se non espressamente “in odio alla fede”. Per questo si preferisce non usare il termine “martiri”, se non nel suo significato etimologico di “testimoni”, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro. Allo stesso modo usiamo il termine “missionario” per tutti i battezzati, consapevoli che “in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione” (EG 120).
Le poche notizie sulla vita e sulle circostanze che hanno causato la morte violenta di questi 18 missionari e missionarie ci offrono immagini di vita quotidiana, anche se in contesti particolarmente difficili, contrassegnati dalla violenza, dalla miseria, dalla mancanza di giustizia e di rispetto per la vita umana. Spesso hanno condiviso la stessa sorte dei missionari anche altre persone che erano con loro.
Sacerdoti uccisi mentre stavano andando a celebrare la Messa con la comunità che guidavano, a spezzare quel pane e a consacrare quel vino che sarebbero stati alimento e vita per tanti fedeli.
Una religiosa medico uccisa mentre era di guardia al centro sanitario della diocesi, pronta a salvare la vita di altre persone, e chissà quante ne aveva già salvate in passato. Una suora uccisa durante un assalto alla missione: invece di pensare a mettere in salvo la propria vita, si è preoccupata di andare a verificare che quella delle ragazze ospitate nel dormitorio fosse al sicuro. Ancora un laico, operatore pastorale, ucciso mentre andava verso la chiesa, a guidare una liturgia della Parola per i fedeli di quella zona, che non avevano un sacerdote residente.
Testimoni e missionari della vita, con la loro vita, che hanno offerto fino alla fine, totalmente, gratuitamente, per gratitudine. Come ha scritto Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2022, “ai discepoli è chiesto di vivere la loro vita personale in chiave di missione: sono inviati da Gesù al mondo non solo per fare la missione, ma anche e soprattutto per vivere la missione a loro affidata; non solo per dare testimonianza, ma anche e soprattutto per essere testimoni di Cristo. L’essenza della missione è il testimoniare Cristo, vale a dire la sua vita, passione, morte, e risurrezione per amore del Padre e dell’umanità”.
(Agenzia Fides 30/12/2022 Dossier a cura di Stefano Lodigiani)
TESTIMONIANZA
NATALE IN SIRIA - “Siamo alla fame, ma Dio si serve anche di questo per cambiare il mondo”
Già piegata dalle sanzioni internazionali, la Siria dopo l’inizio della guerra in Ucraina non riceve più alcun aiuto. “E qui la gente muore di fame e di freddo nel più completo disinteresse”
Un Paese e un popolo dimenticati nella morsa della fame e nel freddo, vittime di giochi geopolitici più grandi di loro. È la situazione della Siria, che dopo dodici anni di guerra sanguinaria, come ci ha detto in questa intervista padre Firas Lutfi, parroco della comunità cristiana latina di Damasco e ministro francescano della Regione San Paolo, vive una situazione ancora peggiore:
“Manca tutto l’indispensabile, dal pane per sfamarsi al gas per riscaldarsi. Io e tutti gli altri parroci della Siria non sappiamo più come fare davanti alla gente che ci chiede qualcosa da mangiare. Con lo scoppio della guerra in Ucraina i rubinetti degli aiuti internazionali che ci avevano sostenuti durante la guerra sono stati chiusi”.
La Siria paga il prezzo di essere un paese alleato con la Russia, che, non dimentichiamolo, è la nazione che ha fatto di più per sconfiggere lo Stato islamico. “Ma a pagare non sono i politici o i governanti, è il popolo” ci ha detto ancora padre Lutfi. Nonostante questo quadro, il Natale si rinnova ancora: “Viviamo le stesse condizioni di povertà e di morte che visse la famiglia di Nazareth, come dice san Giovanni: ‘Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto’. Ma c’è la certezza che tutta questa sofferenza affidata al Padre celeste serve per redimere l’intero genere umano”.
(…)
Le poche notizie che ormai ci arrivano dalla Siria dicono che si sono verificati diversi incidenti, folle esasperate per le condizioni di povertà estrema hanno assalito e incendiato uffici governativi. Le risulta?
Sì, è così. Viviamo momenti molto difficili a causa delle sanzioni che colpiscono più che mai la vita dei cittadini. La gente sta arrivando alla disperazione.
E altrove come è la situazione?
Quello che vive questa gente lo vivono tutti i siriani, nelle città e nei villaggi. La mancanza delle cose più semplici, il pane per sfamarsi, il gas per riscaldarsi, l’alto costo della vita rispetto agli stipendi, scatenano questo atteggiamento di insofferenza, però non è questo il modo giusto di reagire, distruggendo le istituzioni che servono alla vita dei cittadini.
Questo è un quadro della situazione che ormai dura da troppo tempo, non crede?
L’esasperazione è un sentimento che noi parroci tocchiamo con mano tutti i giorni. È Natale, ma la gente non ha da mangiare, non riesce a farsi curare negli ospedali, le file in attesa anche per l’intervento più semplice sono infinite. Cosa può fare un padre di famiglia? Con lo scoppio della guerra in Ucraina quegli aiuti che nei dodici anni di guerra ci arrivavano adesso si sono interrotti. Rischiamo di soffrire da soli senza l’appoggio della comunità internazionale.
C’è una disparità di trattamento su come la comunità internazionale si comporta con l’Ucraina e la Siria?
È così. Capiamo che l’Ucraina è in Europa e anche culturalmente è più vicina a voi, ma siccome il nemico dell’Ucraina è la Russia e la Russia è alleata della Siria, questi interessi politici giocano un ruolo negativo nella nostra situazione.
Si punisce la Siria per punire la Russia? Siete vittime per interposta persona?
Esatto. Il popolo siriano ha già sofferto tantissimo durante la guerra e adesso sta soffrendo molto di più a causa delle sanzioni e dell’isolamento imposto alla Siria. Io sono tornato a vivere a Damasco, non ho internet, sono senza riscaldamento, c’è gente affamata che viene da me tutti i giorni e non so più cosa fare. È come dice la Bibbia: “Anche il profeta vaga per il paese e non sa cosa fare”.
Tutto questo è terribile.
Sì, è veramente terribile, è insopportabile.
(…)
In una situazione del genere, come si può vivere il Natale?
Penso che oggi il Natale dei siriani, ma anche dei cristiani e non cristiani di tutto il mondo, sia simile a quello di duemila anni fa, a quello che Gesù ha sperimentato quando assunse la natura umana. Come noi, anche lui ha dovuto subire i dominatori del suo tempo, la fame e il freddo. Come dice san Giovanni nel suo vangelo: “Venne tra i suoi e non l’hanno accolto”. Ci sentiamo come quel povero Gesù Bambino e la sua famiglia quando Erode voleva ucciderlo. Ma come lui ci abbandoniamo nelle mani del Padre celeste, che si serve anche della povertà per redimere il genere umano. (ilSussidiario.net 26.12.2022 - int. Firas Lutfi - Paolo Vites)