Benedetto XVI e la Parrocchia
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«Soprattutto nel nostro contesto sociale largamente secolarizzato, la parrocchia è un fatto che irradia la luce della fede e viene incontro così ai desideri più profondi e veri del cuore dell'uomo, dando significato e speranza alla vita delle persone e delle famiglie» [Omelia di Benedetto XVI nella visita pastorale alla Parrocchia Romana Santa Maria dell'Evangelizzazione 10 dicembre 2006].
E’ nella “logica dell’Incarnazione” che si ha una intelligenza profonda del “Fatto cristiano” che da duemila anni accade nella Tradizione cioè del mistero della Chiesa, senza la quale l’incontro con la Persona di Gesù Cristo risorto si riduce biblicamente ad un essere ideale e non reale, ad una grande etica, incapace di salvarci.
Esiste una profonda correlazione fra il mistero dell’Incarnazione e il mistero della Chiesa. In che senso va intesa questa correlazione? Il Vaticano II risponde: “Come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a Lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del Corpo” (LG 8,1).
Certo la Chiesa non deve essere né identificata né separata dal Signore risorto, ma unita a Lui che, in essa si fa continuamente presente, ed attraverso essa porta ogni uomo alla salvezza: né identica, né separata ma unita nella distinzione. Proprio come lo sono due sposi (Ef 5,25-31): complementari nella loro diversità. Ma in che modo la Persona del Risorto si fa presente “qui e ora” nella Chiesa e quindi attraverso di essa incontra ogni uomo che a Lui si converte. Ma quando parliamo di mistero della Chiesa o realtà divino - umana, popolo-sposa di Cristo sposo, parliamo della Chiesa particolare, unita nella persona del suo Vescovo, che è membro del Collegio episcopale presieduto dalla autorità del Vescovo di Roma; stiamo parlando di questa Chiesa che si incontra nell’ultima localizzazione delle parrocchie e negli ambienti attraverso movimenti ecclesiali riconosciuti. Stiamo parlando di una realtà di cui noi facciamo quotidianamente esperienza con il settenario sacramentale e che raggiunge la sua sintesi nella logica dell’Incarnazione continua o via umana alla Verità e alla Vita nella presenza eucaristica, la meraviglia di tutte le meraviglie, il compendio del Cattolicesimo. “Nel sacramento dell’Eucaristia il Salvatore, incarnatosi nel grembo di Maria venti secoli fa, continua ad offrirsi come sorgente di vita divina” (Terbio millennio, n. 55).
Durante il Risorgimento l’élite liberale ha fatto di tutto per protestantizzare l’Italia con la sola Bibbia, incamerando i beni degli ordini religiosi dediti alla carità e alla scuola e mettendo in difficoltà le parrocchie. E a livello culturale ha fatto di tutto per ridurre il fatto cristiano a una grande idea biblica e a una decisione etica. Ma nel 1860, in La politica e il diritto cristiano, Massimo d’Azeglio dà un giudizio lucidissimo. Alcuni sperano con l’unica Scuola di Stato per formare gli italiani di rendere protestante l’Italia? si domandava il marchese. “No! Rinunziate ad un pensiero che era per voi una speranza. Le moltitudini in Italia o saranno cattoliche o nulla. Tutti gli sforzi delle società bibliche e dei loro missionari non riusciranno a sostituire un’altra credenza a quella che ha nutrito le nostre generazioni, che ha dato all’Italia le sue arti, le sue costumanze, tutta la sua vita sociale; si può di qua delle Alpi giungere a una dissoluzione delle idee religiose,ad una decomposizione morale, ad un niente (…) si può corrompere, viziare, dissolvere (…) ma sostituire al cattolicesimo il protestantesimo, giammai!”. Ancora oggi c’è chi continua a credere (o far finta di credere) che i mali dell’Italia derivino dalla sua mancata Riforma e a disprezzare le comunità cattoliche, in modo che i cattolici non intralcino il progresso che avanza e la fede, Dio non abbia più una rilevanza pubblica. Altro è il giudizio di Benedetto XVI a Verona, constatando che la Chiesa localmente, attraverso le parrocchie, e negli ambienti, attraverso i movimenti e nuove comunità, è una realtà molto viva che conserva una presenza capillare in mezzo alla gente di ogni età e condizione, “La testimonianza aperta e coraggiosa che la Chiesa e i cattolici italiani hanno dato e stanno dando (…) sono un servizio prezioso all’Italia, utile e stimolante anche per molte altre Nazioni. Questo impegno e questa testimonianza fanno certamente parte di quel grande “sì” che come credenti in Cristo diciamo all’uomo amato da Dio”.
E in occasione della prima bella chiesa parrocchiale che con l’ufficio di Vescovo di Roma dedica al Signore, mostra la gioia di incontrare una comunità dove è giovane la grande maggioranza delle famiglie e quindi numerosi i bambini e i ragazzi. “Alla vostra comunità pertanto, compete l’arduo e affascinante compito di educare i propri figli alla vita e alla gioia della fede. Confido che insieme, in spirito di sincera comunione, vi impegnerete nella preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana e aiuterete i vostri ragazzi, che d’ora in poi potranno trovare qui locali accoglienti e strutture adeguate, a crescere nell’amore e nella fedeltà al Signore”.
In una parrocchia è importante anche “l’edificio in cui Dio e l’uomo vogliono incontrarsi; una casa che ci riunisce, in cui si è attratti verso Dio, ed essere insieme con Dio ci unisce reciprocamente”.
E lasciandosi illuminare dalle tre letture indica i grandi temi della pastorale parrocchiale.
“L’edificio della chiesa esiste perché la Parola di Dio possa essere ascoltata, spiegata e compresa in mezzo a noi, esiste, perché la Parola di Dio operi fra noi come forza che crea giustizia e amore. Esiste, in particolare, perché in esso possa cominciare qui la festa a cui Dio vuol far partecipare l’umanità non solo alla fine dei tempi ma già ora. Esiste, perché venga destata in noi la conoscenza del giusto e del bene, e non c’è altra fonte per conoscere e dar forza a questa conoscenza del giusto e del bene se non la Parola di Dio. Esiste, perché noi impariamo a vivere la gioia del Signore che è la nostra forza. Preghiamo il Signore di renderci lieti della sua Parola; di renderci lieti della fede, perché questa gioia rinnovi noi stessi e il mondo”.
“La città - alla luce della seconda lettura tratta dall’Apocalisse - è sposa. Non è semplicemente un edificio di pietra. Tutto ciò che, in grandiose immagini, si dice sulla città rimanda a qualcosa di vivo: alla Chiesa di pietre vive, in cui già ora si forma la città futura. Rimanda al popolo nuovo che, nella frazione del pane, diventa un solo corpo con Cristo (1 Cor 10,16s). Come l’uomo e la donna nel loro amore diventano “una carne sola”, così Cristo e l’umanità raccolta nella Chiesa diventano mediante l’amore di Cristo”un solo spirito”. Paolo chiama Cristo il nuovo, l’ultimo Adamo: l’uomo definitivo. E lo chiama “spirito datore di vita”. Con Lui diventiamo una cosa sola; insieme con Lui, la Chiesa diventa spirito datore di vita”.
E il vangelo fa riascoltare la professione di fede di Pietro, fondamento incrollabile della Chiesa. “La Parola di Dio non è soltanto parola. In Gesù Cristo essa è presente in mezzo a noi come Persona. Questo è lo scopo profondo di questo edificio sacro: la Chiesa esiste perché in essa incontriamo Cristo, il Figlio del Dio vivente. Dio ha un volto. Dio ha un nome. In Cristo, Dio si è fatto carne e ci dona il mistero della santissima Eucaristia. La Parola è carne. Si dona a noi sotto le apparenze del pane e diventa così veramente il pane di cui viviamo. Noi uomini viviamo della Verità. Questa Verità è Persona: essa ci parla e noi parliamo ad essa. La chiesa è il luogo d’incontro con il Figlio del Dio vivente e così è il luogo d’incontro tra di noi. E questa la gioia che Dio ci dà: che Egli si è fatto uno di noi, che noi possiamo quasi toccarlo e che Egli vive con noi. La gioia di Dio realmente è la nostra forza”. Nell’unione a Lui ci precede e ci guida la Stella dell’evangelizzazione.