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Il Logos creatore non è l’oggetto di una dimostrazione apodittica ma rimane "l’ipotesi migliore"

Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
«La fecondità di questo incontro (con la Persona di Gesù Cristo cioè all’inizio dell’esser cristiani, all’origine della nostra testimonianza di credenti) si manifesta in maniera peculiare e creativa, anche nell’attuale contesto umano e culturale, anzitutto in rapporto alla ragione che ha dato vita alle scienze moderne e alle relative tecnologie. Una caratteristica fondamentale di queste ultime è infatti l’impiego sistematico degli strumenti della matematica per poter operare con la natura e mettere al nostro servizio le sue immense energie. La matematica come tale è una creazione della nostra intelligenza: la corrispondenza tra le sue strutture e le strutture reali dell’universo - che è il presupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, già espressamente formulato da Galileo Galilei con la celebre affermazione che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico - suscita la nostra ammirazione e pone una grande domanda. Implica infatti che l’universo stesso sia strutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettiva della natura. Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi un’unica intelligenza originaria, che sia la comune fonte dell’una e dell’altra. Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il <EM>Logos</EM> creatore... [Benedetto XVI al IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, 19 ottobre 2006].

...Viene capovolta la tendenza a dare il primato all'irrazionale, al caso e alla necessità, a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libertà. Su queste basi diventa anche di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e la scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell'intrinseca unità che le tiene insieme. E' questo un compito che sta davanti a noi, un'avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza. Il "progetto culturale" della Chiesa in Italia è senza dubbio, a tal fine, un'intuizione felice e un contributo assai importante»

Per mostrare come la limitazione della ragione a ciò che è empiricamente sperimentabile e calcolabile sia non solo carica di conseguenze negative ma intrinsecamente contraddittoria, J. Ratzinger concentra l'attenzione sulla struttura stessa e sui presupposti della conoscenza scientifica e in particolare su quella posizione che vorrebbe fare della teoria dell'evoluzione la spiegazione almeno potenzialmente di tutta la realtà.
Una caratteristica fondamentale della conoscenza scientifica è infatti la sinergia tra matematica ed esperienza, ossia tra le ipotesi formulate matematicamente e la loro verifica sperimentale: questa sinergia è la chiave dei risultati giganteschi e sempre crescenti che si ottengono attraverso le tecnologie, operando con la natura e mettendo al nostro servizio le sue immense energie.
La matematica come tale è però una creazione della nostra intelligenza, il frutto puro e "astratto" della nostra razionalità. La fiducia (originariamente anche la ragione scientifica non può far a meno della fiducia) della corrispondenza che non può non esistere tra la matematica e le strutture reali dell'universo, perché in caso diverso le previsioni scientifiche e le tecnologie non funzionerebbero, pone dunque una grande domanda: implica cioè che l'universo stesso sia strutturato in maniera razionale, così che esista una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura.
Diventa allora inevitabile chiedersi a quale condizione una tale corrispondenza sia possibile e in concreto se non debba esservi un'intelligenza originaria, che sia la fonte comune della natura e della nostra razionalità e in essa sia restituita piena cittadinanza alla fede cristiana.
Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore e viene capovolta la tendenza a dare il primato, cittadinanza pubblica solo all'irrazionale, al caso,all'impossibile agnosticismo, all'ateismo e alla necessità, riconducendo ad esso la nostra intelligenza e la nostra libertà (Regensburg e Verona).
Naturalmente una simile domanda e riflessione, pur partendo dall'esame della struttura e dei presupposti della conoscenza scientifica, va al di là di questa forma di conoscenza e si pone a livello dell'indagine filosofica sull'essere di ogni ente: non si oppone dunque alla teoria della evoluzione, finché questa rimane nell'ambito scientifico del documentabile e del verificabile. Anche sul piano filosofico, inoltre, il Logos creatore non è l'oggetto di una dimostrazione apodittica, come puntava il fallito tentativo della scolastica nel voler dimostrare la verità delle premesse della fede (i "preambila fidei") mediante una ragione rigorosamente indipendente dalla fede stessa (si vola verso la verità con tutte e due le ali: fede e ragione), ma rimane "l'ipotesi migliore", un'ipotesi che esige da parte dell'uomo e della sua ragione "di rinunciare a una posizione di dominio, di categorizzazione come pretendeva Kant e di rischiare quella di ascolto umile della realtà in tutti i suoi ambiti", come richiede il realismo in filosofia.
In concreto, specialmente nell'attuale clima culturale, l'uomo con le sue sole forze non riesce a fare completamente propria questa "ipotesi migliore": egli rimane infatti prigioniero di una "strana penombra" e delle spinte a vivere secondo i propri interessi, prescindendo da Dio e dall'etica. Soltanto la rivelazione, l'iniziativa di Dio che nell'incontro attuale con la Persona di Cristo si manifesta all'uomo e lo chiama ad accostarsi a Lui come amico, ci rende capaci di superare questa penombra.
Comunque esiste una profonda analogia tra questione dell'uomo e questione di Dio: entrambe, per la loro somma importanza, vanno affrontate con tutto il rigore e l'impegno della nostra intelligenza, della conoscenza che proviene dalla razionalità e dalla rivelazione, ma entrambe sono sempre anche questioni eminentemente pratiche, inevitabilmente connesse con tutte le nostre concrete scelte di vita e tutte e due hanno diritto di piena cittadinanza. E occorre puntare perché in tutte le nostre università italiane a cominciare dalla università cattolica si torni, come in Germania, a rendere presente anche la facoltà di teologia e a coniugarla con la filosofia e le scienze.

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