Il timore degli uomini, di Satana, regna tanto più incontrastato là dove è svanito il timor di Dio
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Ciò che infatti accade oggi con tutta evidenza davanti ai nostri occhi può essere sintetizzato in questa affermazione: Il timore degli uomini - una volta che si è preteso di fare a meno del timor di Dio - è il principio d'ogni follia» [Joseph Ratzinger, Collaboratori della verità, pp. 59-61].
Diventa una follia il timore degli uomini, la paura di Satana, una volta che si è preteso di fare a meno del timor di Dio e dell’attenzione alle sue leggi, della capacità di riconciliazione e di lasciarsi perdonare, perché la santità non consiste nel non aver mai sbagliato. La morale cristiana è una “tensione” cioè un tentare e ritentare con fiducia e speranza anche quando non si riesce, convinti che se trovati in questo atteggiamento al termine del nostro cammino terreno Lui porterà a compimento. Non è quindi il non aver mai sbagliato, ma la capacità di riconciliazione e di perdono dopo aver riconosciuto i propri peccati, le proprie colpe e i propri errori e l’amore di Dio più grande di ogni male. E tutti possiamo tentare e ritentare a giusti comportamenti in ogni ambito, qualunque sia la nostra struttura naturale e la nostra storia. E’ il grande tema della “giustificazione”, sulla quale cattolici, luterani e metodisti, si sono trovati teologicamente d’accordo ma oggi il tema è centrale solo per i teologi non per i fedeli cattolici, luterani, metodisti, anzi è quasi assente perché nella modernità secolarizzata - e tutti siamo “moderni” - il senso di colpa è quasi scomparso e spesso fatto intenzionalmente scomparire come presunta causa di nevrosi (certo quando è disgiunto dalla possibilità di perdono) e di conseguenza non stupisce più il cuore del Vangelo cioè il lasciarsi riconciliare.
Avevo preso un taxi e giunto alla meta il tassametro aveva segnato 6 euro e 66 centesimi. Sul tassametro figurava 666. Il tassista scende in fretta e mi grida: “reverendo, ma lei chi è? Non vede la scritta?”. Non ho detto che sono un esorcista ma: “Perché tanta paura per il caso di 6,66? Lei crede in Dio che vede e provvede con una onnipotenza più grande di tutti i nostri pericoli, se a Lui ci rivolgiamo, se tentiamo e ritentiamo di fare la sua volontà, di ricevere il suo perdono?”. Ma sì il “buon dio”, di certo non ci fa del male comunque ci comportiamo, ma “di Satana … ho il terrore. Non mi fido più di nessun uomo, di nessuna donna, anche se faccio il tassista!” Come deve essere diventato terribile il suo lavoro.
“Il timore di Dio è il principio della sapienza”, della forza morale di giusti comportamenti nei rapporti reciproci, di sicurezza, di serenità e di pace. Benedetto XVI confessa che per molto tempo gli è stato difficile penetrare il senso di questa espressione ma che gli è stato facile comprenderla a partire dalle conseguenze della sua assenza, che gli hanno fatto toccare quasi con mano la sua verità.
Ciò infatti che accade oggi con tutta evidenza davanti ai nostri occhi attraverso le vantate trasgressioni morali fin da ragazzi, una diffusa e generalizzata illegalità adolescenziale giovanile, tanta violenza anche negli stadi può essere sintetizzato in questa affermazione: “Il timor degli uomini - una volta che si è preteso di fare a meno del timor di Dio il cui amore è certamente più grande di ogni peccato ma che non può non richiedere la tensione per giusti comportamenti in ogni ambito che è l’unico nostro bene - è il principio d’ogni follia, anche negli stadi”. E non basta aumentare le misure di sicurezza, anche se immediatamente urgenti.
Al presente, da quando l’immagine di Dio è stata piegata alle regole della pubblicità, il timor di Dio è stato praticamente del tutto rimosso dall’insieme dei valori e delle virtù. Per esercitare il suo fascino da reclame, Dio deve essere rappresentato in maniera tale che nessuno, al suo cospetto, possa avvertire il benché minimo timore. Questo dovrebbe occupare l’ultimo posto nella nostra immaginazione. Perfino nella liturgia dei funerali sembra che nessuno abbia bisogno della purificazione ultraterrena cioè del suffragio: non solo si escludono i paramenti neri, ma anche quelli violacei, per usare il bianco come tutti fossero in grazia di Dio. Esemplare, invece, il Vescovo di Parigi che ai funerali dell’Abbé Pierre lo ricordò come cristiano impegnato per i più poveri, come sacerdote, come peccatore bisognoso - come tutti - di suffragio.
“Ma in questo modo - osserva sempre Ratzinger nel testo citato - sia nella Chiesa che nella società si diffonde sempre più di frequente quell’inversione di valori che fu la vera e propria “malattia” della storia delle religioni, prima dell’evento cristiano. Anche allora era infatti diffusa l’opinione che non fosse necessario temere la divinità - il dio “buono”, che effettivamente meritava tale nome - poiché, anzi, da lui, in quanto Bene, avrebbe potuto venirne all’uomo solo del bene. Del “dio” non c’è affatto da preoccuparsi: perciò in ogni modo si deve cercare di restare in buoni rapporti con le potenze pericolose.
In questa massima dobbiamo riconoscere l’essenza della idolatria, come deviazione e decadenza della retta adorazione di Dio. Ma anche noi siamo impelagati dalla testa ai piedi in una idolatria del genere. Il “buon Dio”, di certo, non ci farà del male; in ogni caso, basta nutrire nei suoi confronti una sorta di confidenza e di fiducia primordiale, e tutto poi andrà liscio… Ma di potenze pericolose ce n’è attorno a noi persino troppe, e con loro bisogna allora cercare di scendere a patti.
In questo modo, noi uomini, dal primo all’ultimo, dentro e fuori la chiesa, agiamo normalmente non più con l’attenzione rivolta a Dio e alle sue leggi (che anzi non riteniamo importanti, fino a non imparare più i comandamenti), bensì con sguardo circospetto e attento al potere che è nelle mani dei nostri simili, per cavarcela più o meno felicemente in questo mondo. Non la sostanza delle cose né la verità valgono più come principio di fondo della nostra condotta, ma l’“immagine”, ciò che si pensa di noi e come gli altri ci vedono.
La dittatura dell’“immagine” è l’idolatria del nostro tempo, anche dentro la Chiesa. Il timore degli uomini è il principio d’ogni stoltezza: ma il timore degli uomini regna tanto più incontrastato là dove è svanito il timore di Dio”.
Dopo questa lunga citazione, come esorcista, devo documentare di incontrare tante persone passate dall’assenza del timor di Dio, da tutte le forme di trasgressione morale della Sua Legge, dei suoi Comandamenti, dalla irresponsabilità etica, legale al terrore patologico del demonio, alla paura di Satana. Recuperare un giusto e sano timor di Dio, dell’attenzione alle sue leggi unite alla certezza che quello che Lui ci chiede non è la riuscita ma il tentare e ritentare con fiducia nel suo perdono, è oggi anche umanamente il bisogno più grande e pastoralmente l’attenzione più urgente.