Le due forme fondamentali dell’amore in Dio e nell’uomo maschio e femmina: l’agape e l’eros
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In rapporto alle problematiche attuali Benedetto XVI rivela contemporaneamente acute capacità critiche, ma con un grande volontà costruttiva, una grande apertura e anche simpatia per il cuore, l’io di ogni essere umano concreto, maschio-femmina, che pur ferito dal peccato e dalla colpa, è infallibile fino al momento terminale della vita nella capacità di rendersene conto, pentirsi e lasciarsi riconciliare incontrando la Persona salvifica di Gesù Cristo, il suo amore più grande di ogni peccato, di ogni delitto. Riguardo al tema sulla “Verità salvifica di Gesù Cristo alla ragione del nostro tempo” egli parte dalla convinzione che “al termine del secondo millennio, il cristianesimo si trova, proprio nel luogo della sua originaria diffusione, in Europa, in una crisi profonda, basata sulla crisi della sua pretesa verità” (Fede… p. 170). Questa crisi ha una duplice dimensione:
- la sfiducia riguardo alla possibilità, per l’uomo, di conoscere la verità su Dio e sulle cose divine,
- e i dubbi che le scienze moderne, naturali e storiche, hanno sollevato e sollevano riguardo ai contenuti e alle origini del cristianesimo.
Il Dio della fede e il Dio dei filosofi
Già prima della nascita di Cristo la critica dei miti religiosi compiuta dalla filosofia greca - critica che può definirsi come l’illuminismo filosofico dell’antichità - ha trovato un corrispettivo nella critica dei falsi profeti di Israele (in particolare il Deutero Isaia) in nome del monoteismo javistico, e poi l’incontro tra fede giudaica e filosofia greca dell’Antico Testamento dei “Settanta”, “è più di una traduzione” e rappresenta “uno specifico importante passo della storia della rivelazione” (Discorso di Regensburg). Pertanto l’affermazione “In principio era il Logos”, con cui inizia il prologo del Vangelo di Giovanni, costituisce “la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi” di natura e rivelazione storica, di ragione e fede.
In questo senso, l’incontro tra il messaggio biblico e il pensiero filosofico greco non è stato un semplice caso, ma la concretizzazione storica del rapporto intrinseco tra rivelazione e razionalità: dal racconto del roveto ardente di Esodo 3 fino alla formula “Io sono” che Gesù applica a se stesso nel Vangelo di Giovanni mi dice che l’unico Dio dell’Antico Testamento e il Suo volto umano in Gesù è l’essere che esiste da se stesso e in eterno, tutto in atto e fondamento dell’atto d’essere di ogni ente che viene all’esistenza, ricercato dai filosofi.
Ma questa conoscenza di Dio della rivelazione supera radicalmente ciò che i filosofi erano giunti ad argomentare di Lui. In primo luogo, infatti, Dio è nettamente distinto dalla natura, dal mondo che Egli ha liberamente creato: solo così la “fisica” e la “metafisica” giungono a una chiara distinzione l’una dall’altra. E soprattutto questo Dio non è una realtà a noi inaccessibile, che noi non possiamo incontrare e a cui sarebbe inutile rivolgersi nella preghiera come ritenevano i filosofi. Al contrario, il Dio biblico è tripersonale, un incontro tra la sua libertà e il libero arbitrio di ogni essere umano concreto, ama ogni uomo del suo amore e per questo entra nella nostra storia, dà vita ad un autentica storia di amore con Israele, suo popolo prediletto, e poi, con il volto umano in Gesù Cristo, non solo dilata questa storia di amore ma giunge all’estremo di lasciarsi uccidere in Croce, per rialzare ogni uomo e chiamarlo quell’unione sponsale con Lui che culmina nell’Eucaristia, che rende attuale in ogni luogo e tempo quello che è avvenuto una volta per sempre sulla Croce. In questo modo il Dio che è l’Essere e il Verbo è anche identicamente Agape ed Eros, l’Amore originario e la misura dell’amore autentico, che proprio per amore ha creato liberamente l’universo. Così la fede biblica riconcilia tra loro le due dimensioni della religione che prima erano separate una dall’altra, cioè il Dio eterno di cui parlavano i filosofi e il bisogno di salvezza storica che ogni uomo porta dentro di sé e che le religioni pagane tentano in qualche modo di soddisfare.
L’amore di Dio: agape ed eros
“Il termine agape - afferma Benedetto XVI nel messaggio per la quaresima 2007 -, molte volte presente nel Nuovo Testamento, indica l’amore ablativo di chi ricerca esclusivamente il bene dell’altro; la parola eros denota invece l’amore di chi desidera possedere ciò che gli manca ed anela all’unione con l’amato. L’amore di cui Dio ci circonda è senz’altro agape. In effetto, può l’uomo dare a Dio qualcosa di buono che Egli già non possegga? Tutto ciò che l’umana creatura è ed ha è dono divino: è dunque la creatura ad aver bisogno di Dio in tutto. Ma l’amore di Dio è anche eros. Nell’Antico Testamento il Creatore dell’universo mostra verso il popolo che si è scelto una predilezione che trascende ogni umana motivazione. Il profeta Osea esprime questa passione divina con immagini audaci come quella dell’amore di un uomo per una donna adultera (3,1-3); Ezechiele, per parte sua, parlando del rapporto di Dio con il popolo di Israele, non teme di utilizzare in linguaggio ardente e appassionato (16, 1-22). Questi testi biblici indicano che l’eros fa parte del cuore stesso di Dio: l’Onnipotente attende il “sì” delle sue creature come un giovane sposo quello della sua sposa. Purtroppo fin dalle sue origini l’umanità sedotta dalle menzogne del Maligno, si è chiusa all’amore di Dio, nell’illusione di una impossibile autosufficienza (Gn 3,1-7). Ripiegandosi su se stesso, Adamo si è allontanato da quella fonte della vita che è Dio stesso, ed è diventato il primo di “quelli che per timore della morte erano tenuti in schiavitù per tutta la vita” (Eb 2,15). Dio però non si è dato per vinto, anzi il “no” dell’uomo è stato come la spinta decisiva che l’ha condotto a manifestare il suo amore in tutta la forza redentrice”.
Ma è nel mistero della Croce che si rivela appieno la potenza incontenibile della misericordia del Padre celeste. Per conquistare l’amore della sua creatura, Egli ha accettato di pagare un prezzo altissimo: il sangue del suo Unigenito Figlio. La morte, che per il primo Adamo era segno estremo di solitudine e di impotenza, si è così trasformata nel supremo atto di amore e di libertà del nuovo Adamo: Cristo morì divinamente, poiché morì liberamente. Nella Croce si manifesta l’eros di Dio per noi. Eros è infatti quella forza che non ammette all’amante, anche divenuto indegno, di rimanere in se stesso, ma lo spinge ad unirsi all’amato: quale più folle eros di quello che ha portato il Figlio di Dio ad unirsi in qualche modo ad ogni uomo, a noi battezzati fino al punto di soffrire come proprie le conseguenze dei nostri delitti?
“Guardiamo a Cristo trafitto in Croce! E’ Lui la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio, un amore in cui eros e agape, lungi da contrapporsi, si illuminano a vicenda. Sulla Croce è Dio stesso che mendica l’amore della sua creatura: Egli ha sete dell’amore di ognuno di noi”. Il Cuore di Gesù è l’espressione più commovente di questo amore. Si potrebbe addirittura dire che la rivelazione dell’eros di Dio verso l’uomo è, in realtà, l’espressione suprema della sua agape. In verità, solo l’amore in cui si uniscono il dono gratuito di sé e il desiderio appassionato di reciprocità infonde un’ebbrezza che rende leggeri i sacrifici più pesanti. Gesù ha detto: Quando sarà innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). La risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui facendo accadere la volontà di fare solo quello che Lui vuole. Accettare il suo amore, però, non basta. Occorre che accada in noi la corrispondenza a questo amore fino ad impegnarsi e comunicarlo agli altri: Cristo mi attira a sé per unirsi a me, perché impari ad amare i fratelli con il suo stesso amore: è il comandamento nuovo!
Sangue ed acqua
“Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto”. Guardiamo con fiducia al costato trafitto di Gesù, da cui sgorgano “sangue ed acqua” (Gv 19,34). I Padri della Chiesa hanno considerato questi elementi come simboli dei sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia. Con il Battesimo d’acqua e quello di lacrime della Confessione, grazie all’azione dello Spirito Santo, si dischiude a noi l’intimità dell’amore trinitario. Con l’Eucaristia, che rende attuale la croce, il Crocefisso risorto, veniamo coinvolti nell’eros e nell’agape divina. Nasce il bisogno di aprire il cuore agli altri riconoscendo le ferite inferte alla dignità dell’essere umano e ci spinge, in particolare, a combattere ogni forma di disprezzo per la vita e di sfruttamento della persona e ad alleviare i drammi della solitudine e dell’abbandono di tante persone, dovute soprattutto alla dissoluzione della famiglia.
Molto ci viene dalla conoscenza della natura che Dio ha liberamente creato e che rimanda metafisicamente a Lui, ma moltissimo ci viene da quello che storicamente ci ha rivelato e continuamente ci rivela come salvezza, liberazione, per cui fede e ragione sono ugualmente necessarie per volare verso la Verità di Agape ed Eros di Dio e di ogni uomo e donna fatti a sua immagine.