I valori non negoziabili sono il primo riferimento etico nella vera democrazia
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La ragione naturale, illuminata dalla fede, - osserva l’Episcopato spagnolo rifacendosi ai nn. 565 - 574 del Compendio della dottrina sociale della Chiesa - vede le cose in un’altra maniera da quella proposta da molti “cattolici democratici”. La democrazia non è un sistema totale di vita. E’ piuttosto una maniera di organizzare la convivenza secondo una concezione della vita precedente e superiore alle procedure democratiche e alle norme giuridiche. Prima delle procedure e delle norme esiste il valore etico, riconosciuto sia dal punto di vista naturale sia religioso della persona umana e quindi prima che democratici si è cattolici per il vero bene di ogni essere umano concreto. Andando al di là di qualsivoglia ordinamento politico, ogni cittadino deve cercare onestamente la verità sull’uomo e sulla retta formazione della sua coscienza, guardando a quella verità.
E’ una ricerca che ognuno intraprende, aiutato dalla famiglia in cui nasce e cresce, guidato dal patrimonio culturale e religioso della sua società di appartenenza, e in forza delle sue personali decisioni religiose e morali. Le istituzioni politiche non hanno competenza né autorità per determinare o condizionare le convinzioni religiose e morali delle persone: la verità non si impone mai dall’esterno, si propone culturalmente argomentando, rendendo ragione. In una vera democrazia non sono le istituzioni politiche a dare forma alle convinzioni personali dei cittadini, nemmeno con lo strumento democratico maggioritario, ma proprio il contrario: sono i cittadini che devono delineare le istituzioni politiche e agire all’interno di esse, secondo le personali convinzioni morali, d’accordo con la propria coscienza e sempre a favore del bene comune cioè di ogni essere dono del Donatore divino o Creatore, com’è ogni persona al cui servizio è la struttura democratica moderna. E questo è un valore non negoziabile nella struttura democratica.
E’ ideologico, nemmeno conforme al sistema democratico moderno, esigere nella vita democratica che le decisioni politiche non riconoscano alcun criterio morale né accettino di sottomettersi ad alcun valore non negoziabile. Questa concezione non è accettabile e in Italia non è nemmeno conforme positivamente alla Costituzione. Le decisioni politiche sono decisioni umane contingenti e responsabili, ragion per cui devono essere necessariamente decisioni morali, sostenute da quei valori e criteri morali che gli uomini politici riconoscono nel fondo della loro coscienza. I criteri operativi, nelle decisioni politiche, non possono essere arbitrari e opportunisti, ma al contrario devono essere obiettivi, fondati sulla retta ragione e sul patrimonio spirituale di ogni popolo o nazione; devono avere carattere vincolante, riconosciuto e rispettato dalla comunità, e ad essi i cittadini e i governanti devono sottostare nelle loro azioni pubbliche.
L’anticamera del totalitarismo
In caso contrario si vivrebbe alla mercè dei governanti, con il rischio di cadere nel cesarismo e nell’indifferenza. Se i parlamentari, e più concretamente i dirigenti di un gruppo politico al potere, possono legiferare secondo il loro proprio criterio, senza sottostare ad alcun principio morale socialmente vigente e vincolante, l’intera società rimane in balìa delle opinioni e dei desideri di poche persone che si arrogano un potere quasi assoluto, che va sicuramente oltre le loro competenze. Tutto ciò ha una conseguenza terribile: il positivismo giuridico - così si chiama la dottrina che non riconosce l’esistenza di principi etici che nessun potere politico può mai trasgredire: come rischiano di scivolare i “cattolici democratici” - è l’anticamera del totalitarismo.
Non si può confondere la condizione di aconfessionalità o laicità con l’affrancamento morale
Non si può confondere la condizione di aconfessionalità o laicità dello stato con l’affrancamento morale e l’esenzione da obblighi morali oggettivi dei dirigenti politici. Non si tratta di pretendere che i governanti si sottomettano ai criteri della morale cattolica (anche imporre la morale cattolica con il potere anziché proporla e maturarla, argomentarla culturalmente è illegittimo), ma all’insieme dei valori morali vigenti nella società, considerati con rispetto e realismo, come risultato storico del contributo dei vari attori sociali. Ogni società e tutti i gruppi che di essa fanno parte hanno il diritto di essere governati nella vita pubblica secondo il denominatore comune della morale socialmente vigente, fondata sulla retta ragione e sull’esperienza storica di ogni singolo popolo. Una politica che pretenda emanciparsi da questo riconoscimento ed imporre con il potere un’altra etica, un’altra morale degenera, senz’altro, nella dittatura, nella discriminazione e nel disordine. Una società, poi, nella quale la dimensione morale delle leggi e del governo non è tenuta in sufficiente considerazione, è una società senza spina dorsale, letteralmente disorientata, facile preda della manipolazione, della corruzione e dell’autoritarismo.
Di conseguenza - conclude l’Episcopato spagnolo - i cattolici e i cittadini che vogliono agire responsabilmente, prima di suffragare con il proprio voto una delle varie proposte, devono valutare le differenti offerte politiche, prendendo in considerazione il valore che ogni partito o coalizione politica, ogni programma e ogni candidato attribuisce alla dimensione morale della vita, nonché alla giustificazione morale delle proprie proposte e programmi. La qualità e l’esigenza morale del cittadino, quando esercita il proprio diritto di voto, sono il migliore mezzo per conservare il vigore e l’autenticità delle istituzioni democratiche. “Ma occorre - l’Episcopato spagnolo cita il Discorso di Benedetto XVI al IV Convegno ecclesiale di Verona - anche fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicono fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell’ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il carattere peculiare e il ruolo sociale insostituibile della famiglia e del matrimonio”.