Per non decadere in una delle tante varianti ideologiche che dominano il mondo
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“Sono sicuro - ha concluso Carròn - di parlare a nome di ognuno dei miei amici, ci impegneremo nel viverle con tutte le nostre capacità, certi della compagnia appassionata di don Giussani alla nostra vita”. Io mi riconosco totalmente, e penso tutti gli amici, in questa presentazione dell’essenzialità del carisma della fraternità di Comunione e Liberazione “totalmente tesi ad accogliere le indicazioni, e le eventuali correzioni (del Papa), per il cammino che abbiamo davanti, convinti che, seguendole, renderemo utile per tutta la Chiesa e per il mondo il dono del carisma che ci ha affascinato”.
Sono due gli elementi essenziali, cui essere sempre fedeli, pur consapevoli che non è facile questa tensione di unità nella diversità tra dimensione istituzionale e dimensione carismatica non solo per i Movimenti per i quali la seconda è espressione significativa, ma anche per le istituzioni essenziali, perenni della Chiesa che sono pure carismatiche cioè dono dello Spirito da accogliere liberamente. Sia per le istituzioni perenni e sia per i movimenti storici, chiamati pure a darsi un minimo di istituzionalità per avere coerenza e continuità, ambedue le dimensioni, originate dallo stesso Spirito Santo per lo stesso Corpo di Cristo, concorrono insieme a rendere presente il mistero e l’opera salvifica di Cristo nel mondo.
Questo spiega l’attenzione del Papa e di tutti i Vescovi in comunione con lui alla ricchezza dei doni carismatici, segno della continua fecondità dello Spirito del Signore, perché si manifesti nel mondo la vittoria di Cristo risorto, la più grande “mutazione” mai accaduta, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, “l’ingresso” in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma con Lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo.
Ci possono essere aggregazioni nate nella Chiesa dalla volontà organizzativa della Gerarchia, dei Vescovi, dei parroci, come l’Azione Cattolica (che va sempre proposta pur nell’attesa di una risposta carismatica alla singolare vocazione laicale di collaborazione con ciò che è pastoralmente specifico della Gerarchia), per rispondere a necessità e nuove possibilità. Diversa la priorità, che ha cambiato la vita del Fondatore, ha “ferito” e “ferisce” quella dei moltissimi suoi figli spirituali, dando vita alle molteplici esperienze religiose ed ecclesiali, che costituiscono la storia dell’istituzionalizzarsi della vasta e articolata Famiglia spirituale. “Comunione e Liberazione - ha riconosciuto il Papa per tutta la Chiesa - è un’esperienza comunitaria della fede, nata nella Chiesa non da una volontà organizzativa della Gerarchia, ma da un incontro rinnovato con Cristo e così, possiamo dire, da un impulso derivante ultimamente dallo Spirito Santo. Ancor oggi essa si offre come possibilità di vivere in modo profondo e attualizzato la fede cristiana, da una parte con una totale fedeltà e comunione con il Successore di Pietro e con i Pastori che assicurano il governo della Chiesa (cioè la contemporaneità di Cristo); dall’altra, con una spontaneità e una libertà che permettono nuove e profetiche realizzazioni apostoliche e missionarie”.
Lo stile, il rapporto della Gerarchia, di noi sacerdoti con i movimenti, con queste realtà, degli stessi appartenenti alla Fraternità nel vederla ridestarsi in altri, deve essere di attesa affinché la risposta di fede passi sempre attraverso “il rischio” della spontaneità e della libertà che permettono nuove e profetiche realizzazioni apostoliche e missionarie dall’azione mai totalmente prevedibile e programmabile dello Spirito Santo.
“Percorso” e “metodo” di Comunione e Liberazione
Carròn, e tutti noi, abbiamo documentato questo “percorso” e questo “metodo” di rapporto dell’allora Prefetto della Congregazione della fede in occasione dei funerali di don Giussani. “La sua commovente disponibilità a venire a celebrarlo e le parole piene di affezione e di comprensione profonda di lui, non potremo mai dimenticare. Quante volte, da allora,, ci siamo sorpresi a parlare di don Giussani con le parole che Lei ci ha rivolto quel giorno per descriverne la personalità: un uomo ferito dalla bellezza che non guidava a sé, ma a Cristo, e così guadagnava i cuori!”.
L’originale intuizione pedagogica nel proporre in modo affascinante e in sintonia con la cultura contemporanea, l’avvenimento cristiano, percepito come fonte di nuovi valori e capace di orientare l’intera esistenza, è oggi quello che Benedetto XVI non si stanca di ripetere: la bellezza del cristianesimo. “Noi - ancora Carròn - siamo affascinati dalla bellezza di Cristo, resa persuasiva dall’intensità contagiosa di don Giussani, fino al punto che ciascuno di noi può ripetere con Jacopone da Todi: “Cristo me trae tutto, tanto è bello”. Questa bellezza del cristianesimo noi l’abbiamo scoperta senza tralasciare niente di quello che è autenticamente umano. Anzi, per noi vivere la fede in Cristo coincide con l’esaltazione dell’umano. Tutto il tentativo educativo di don Giussani è stato di mostrare la corrispondenza di Cristo con tutte le autentiche esigenze umane. Egli era convinto che solo una proposta rivolta alla ragione e alla libertà, e verificata nell’esperienza, fosse in grado di interessare l’uomo, perché l’unica in grado di fare percepire la sua verità, cioè la sua convenienza umana. Così ci ha mostrato come è possibile vivere la fede da uomini, nel pieno uso della ragione, della libertà e dell’affezione”.
Così descriveva, nel 1984 per il trentennale della nascita del movimento, la Fraternità di Comunione e Liberazione: “…quella baldanza ingenua che ci caratterizza, per la quale ogni giorno della nostra vita è concepito come una offerta a Dio, perché la Chiesa esista dentro i nostri corpi e le nostre anime, attraverso la materialità della nostra esistenza”.
Il cuore di ogni uomo, pur ferito, resta sempre capace di riconoscere la verità e la bellezza, se la trova esperimentata sulla strada della vita
“Consapevoli del nostro niente, - lo attualizza Carròn - domandiamo ogni giorno di poter dire “sì” alla grazia che ci viene donata perché possiamo testimoniarla senza pretese, ma senza paura, a tutti i nostri fratelli uomini (la preghiera è questione di vita o di morte e questo concreto vissuto di fede si rafforza donandolo). Siamo certi che, in questo momento di confusione che il mondo sta vivendo, il cuore dell’uomo, pur ferito, resta capace di riconoscere la verità e la bellezza, se la trova sulla strada della vita. Noi desideriamo vivere la novità che ci è capitata in tutte le situazioni e ambienti dove si svolge la nostra esistenza, confidando di poter testimoniare nella nostra piccolezza tutta la bellezza che ha invaso la nostra vita, in modo tale che possa essere incontrata”.