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Il Dio vivente, possa nel suo Figlio arrivare in questo nostro tempo, raggiungere la nostra vita…

Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
«…nella processione della Domenica delle Palme ci associamo alla folla dei discepoli che, in gioia festosa, accompagnano il Signore nel suo ingresso in Gerusalemme. Come loro lodiamo il Signore a gran voce per tutti i prodigi che abbiamo veduto. Sì, anche noi abbiamo visto e vediamo tuttora i prodigi di Cristo: come Egli porti uomini e donne a rinunciare alle comodità della propria vita e a mettersi a servizio dei sofferenti; come Egli dia il coraggio a uomini e donne di opporsi alla violenza e alla menzogna, per far posto nel mondo alla verità; come Egli, nel segreto, induca uomini e donne a far del bene agli altri, a suscitare la riconciliazione dove c’era l’odio, a creare la pace dove regnava l’inimicizia» [Omelia di Benedetto XVI nella XXII Giornata Mondiale della Gioventù, 1 aprile 2007].

Questo giudizio, questa proposta pastorale, educativa di Benedetto XVI, è il contrario di quello che da anni si è proposto a livello pastorale. Nelle annotazioni della sua prigionia, Bonhoeffer ha osservato un giorno che oggi il cristiano dovrebbe vivere “come se Dio non esistesse”. Egli non dovrebbe coinvolgere Dio nelle faccende della sua vita quotidiana, soprattutto negli impegni culturali e socio-politici e dovrebbe plasmare la sua vita terrena con totale autonomia anche dalla comunità ecclesiale di appartenenza, con la propria responsabilità, senza deleghe o riferimenti a soggetti religiosi. Contraria a questo taglio secolare è la direttiva di Benedetto XVI: oggi, anche colui per il quale l’esistenza di Dio e il mondo della fede sono diventati oscuri, dovrebbe vivere praticamente come se Dio realmente esistesse e si fosse manifestato nel volto umano di Gesù Cristo, presente oggi nella Sua Chiesa a servizio di tutti. E questo per vivere sotto la piena sovranità della verità, la quale rende liberi perché non è un nostro prodotto, ma è la nostra signora, la signora di tutti gli uomini. Essa richiede che io mi doni liberamente ad un Altro - per la verità, per l’amore, per Dio che, in Gesù Cristo, mi precede e mi indica la via. Si tratta della decisione infallibile di ogni cuore umano: non considerare più l’utilità e il guadagno, la carriera e il successo come scopo ultimo della mia vita, ma di riconoscere invece come criteri autentici la verità e l’amore. Si tratta della scelta tra il vivere per me stesso o il donarmi - per la cosa più grande. Storicamente verità e amore in Gesù Cristo non sono valori astratti, ideologici, utopistici ma sono divenuti persona in persone concrete, attuali. Per cui assimilandomi a Lui nel servizio della verità e dell’amore è vivere sotto il modello della giustizia, che non è qualcosa che possiamo escogitarci a piacere, ma è una istanza di cui avvertiamo tutta la forza e che è metro che misura anche noi. Vivere nella responsabilità di fronte all’amore, che ci attende e ci ama in prima persona. Vivere avvertendo la pretesa dell’Eterno.
Chi, infatti, è attento all’odierno volgere degli eventi, capisce che questa è l’unica maniera in cui l’uomo può essere salvato. Dio, il Dio dal volto umano in Gesù Cristo - lui solo - è la salvezza di ogni uomo; questa incredibile verità, che per molto tempo è sembrata teorica e irraggiungibile, è divenuta oggi la formula più pratica di questa nostra particolare ora storica. E chi, sia pure forse esitante all’inizio, si rimette a questo arduo eppure inevitabile “come se” - vivere come se Dio esistesse e storicamente si fosse rivelato nel volto umano in Gesù Cristo oggi presente nella Chiesa - si accorgerà sempre più che questo “come se” è la vera realtà in tutti gli ambiti cioè la verità che libera dalla schiavitù dell’ignoranza. La responsabilità che essa sprigiona renderà allora avveduti della sua forza liberante. E si saprà profondamente e indistruttibilmente perché, anche oggi, il cristianesimo sia ancora necessario come il vero e lieto annuncio che salva l’uomo. Occorre, però, che oggi i cristiani non vivano, non operino che se Dio dal volto umano in Gesù Cristo presente nella Chiesa a cui appartengono, non esistesse in tutti gli ambiti del loro vissuto.

Possiamo conoscere Gesù nella sua contemporaneità ecclesiale, perché Egli ci concede di essere suoi amici e perché ci ha donato la chiave della vita
La gioia di averlo incontrato e di incontralo esistenzialmente in volti concreti, gioia che sta all’inizio della consapevolezza di essere cristiani, è anche espressione del nostro “sì” a Gesù e della nostra disponibilità ad andare con Lui ovunque ci porti, per lasciarsi assimilare a Lui nella nostra coscienza, chiedendo la grazia di “seguirLo”. Cosa vuol dire in concreto “seguire Cristo”?
“All’inizio - osserva Benedetto XVI nella Sua omelia -, con i primi discepoli, il senso era molto semplice ed immediato: significava che queste persone avevano deciso di lasciare la loro professione, i loro affari, tutta la loro vita per andare con la nuova famiglia di Gesù. Significava intraprendere una nuova professione: quella di discepolo. Il contenuto fondamentale di questa professione era l’andare con il maestro, l’affidarsi totalmente alla sua guida. Così la sequela era una cosa esteriore e, allo stesso tempo, molto interiore. L’aspetto esteriore era il camminare dietro a Gesù nelle sue peregrinazioni attraverso la Palestina; quello interiore era il nuovo orientamento dell’esistenza, che non aveva più i suoi punti di riferimento negli affari, nel mestiere che dava da vivere, nella volontà personale, ma che si abbandonava totalmente alla volontà di un Altro. L’essere a sua disposizione era ormai diventata la ragione di vita. Quale rinuncia questo comportasse a ciò che era proprio, quale distogliersi da se stessi, lo possiamo riconoscere in modo assai chiaro in alcune scene dei Vangeli”.
“Chi salirà il monte del Signore?”, chiede il salmo, ed indica due condizioni essenziali. Coloro che salgono e vogliono giungere veramente in alto, arrivare fino all’altezza vera, devono essere persone che si interrogano su Dio. Persone che scrutano intorno a sé per cercare Dio, per cercare il suo Volto. “Cari giovani - l’invito di Benedetto XVI - quanto è importante oggi proprio questo: non lasciarsi semplicemente portare qua e là nella vita; non accontentarsi di ciò che tutti pensano e dicono e fanno. Scrutare Dio e cercare Dio. Non lasciare che la domanda su Dio si dissolva nelle vostre anime. Il desiderio di ciò che è più grande. Il desiderio di conoscere Lui - il suo Volto…
L’altra condizione molto concreta per la salita è questa: può stare nel luogo santo “chi ha mani innocenti e cuore puro”. Mani innocenti - sono mani che non vengono usate per atti di violenza: Sono mani che non sono sporcate con al corruzione, con tangenti. Cuore puro - quando il cuore è puro? E’ puro un cuore che non finge e non si macchia con menzogna e ipocrisia. Un cuore che rimane trasparente come acqua sorgiva, perché non conosce doppiezza. E’ un cuore che non si strania con l’ebbrezza del piacere; un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento. Mani innocenti e cuore puro: se noi camminiamo con Gesù, saliamo e troviamo le purificazioni che ci portano veramente a quell’altezza a cui l’uomo è destinato: l’amicizia con Dio stesso”.
Gesù Cristo, con il legno della sua croce, con la forza del suo amore che si dona, ha bussato dal lato del mondo alla porta di Dio; dal lato di un mondo che non riusciva a trovare accesso presso Dio. Con la croce Gesù ha spalancato la porta di Dio, la porta tra Dio e gli uomini. Ora essa è aperta. Ma Gesù bussa alle porte del mondo, alle porte dei nostri cuori e attende una risposta libera, alle porte della vita in tutti gli ambiti, privati e pubblici. E ci parla più o meno così: se le prove che Dio nella creazione ti dà della sua esistenza non riescono ad aprirti per Lui; se la parola della Scrittura e il messaggio della Chiesa ti lasciano indifferente, allora parti dall’infallibilità dei veri desideri del tuo cuore e guarda a me, tuo Signore e tuo Dio.

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