L’“altra enciclica”, i discorsi di Ratisbona e di Verona, da meditare attentamente
- Autore:
- Fonte:
Il tema centrale è tutto racchiuso in una frase che Papa Benedetto XVI raccoglie dalla penna di un imperatore bizantino medioevale, Manuele II Paleologo (1350 - 1425): “(…) non agire secondo ragione, “syn lògo”, è contrario alla natura di Dio”.
L’obiettivo primario di Papa Benedetto XVI non era quello di mettere in guardia l’Occidente contro i pericoli del jihad islamico, con tutte le problematiche del senso del termine, ma di fargli prendere coscienza di un rischio ancora più grave, che viene dal suo stesso interno: quello di smarrire la stretta relazione che la ragione intrattiene con la sua storia religiosa, che è storia cristiana.
Oggi nel mondo occidentale cosiddetto laico - meglio sarebbe dire laicista - la ragione - osserva don Pietro Cantoni in un articolo su Cristianità di gennaio febbraio 2007 -, quando è applicata ai grandi problemi dell’uomo, quando si interroga sul senso della vita e di ogni essere dono del Donatore divino, cioè quando diventa “metafisica”, è vista con sospetto e decisa ostilità che sta crescendo verso il Papa stesso che la richiama per tutti, laici e credenti.
Nell’orizzonte del secolarismo relativista egemone la ragione è limitata solo al verificabile empirico del “fattibile”, cioè nel domino della tecnica. E il costo di questa autolimitazione sta diventando tragicamente elevato perché si perde il contatto vivo con la propria realtà, il senso della famiglia umana e della storia: sono oscurate le evidenze originarie. Ed un uomo con una ragione così mal ridotta può produrre tecniche sempre più potenti, ma non è più in grado di rispondere alla domanda di bellezza, di giustizia, di bontà. Oggi esplode il malessere grave delle giovani generazioni e la vera e propria catastrofe educativa di cui siamo testimoni, lo dimostra. Questa mentalità è penetrata anche all’interno dell’azione pastorale dove la ragione, la fatica del pensare, è percepita come un ostacolo alla fede: la fede da sola, senza bisogno d’interrogarsi e di verificarsi, di pensare con l’aiuto della ragione metafisica, sarebbe più che sufficiente per fondare la vita del singolo credente e della comunità in cui vive. Occorre evangelizzare fede e ragione in un Occidente che sembra ridursi solo all’arte di costruire automobili sempre più potenti e computer sempre più efficienti e non teme di avventurarsi - senza nessuna remora etica - nel campo del controllo e della manipolazione della vita umana. Un’abilità crescente nel costruire mezzi va di pari passo alla rinuncia pregiudiziale a indagare sui fini, cioè sul “perché” e quindi sul “come” usare tali mezzi. A questa rinuncia spesso da man forte il teologo, autonomo dal magistero, che si compiace di sottolineare a ogni pié sospinto quanto la fede si contrapponga al pensiero metafisico e ontologico, e viceversa con gravi conseguenze a livello pastorale e catechistico.
E questo pensiero occidentale egemone, ammirato per le sue prestazioni tecniche, spaventa i popoli dell’Asia e dell’Africa - ha detto il Papa a Monaco qualche giorno prima di Ratisbona - perché “…esclude totalmente Dio dalla visione dell’uomo”, legittima una spaventosa trasgressività morale ed etica e non è certamente convincente al fine di ricondurre anche l’islam a un rinnovato matrimonio con la ragione.
E il Papa traccia le grandi linee del processo che ha condotto sempre più l’Occidente ad allontanarsi dalla ragione metafisica con la fiducia di una ripresa, certo in tempi non brevi. All’interno del percorso ecclesiale lo indvidua nel movimento di “deellenizzazione del cristianesimo”, avvenuto a tre “ondate”.
- La prima ondata è costituita dal pensiero della Riforma protestante, che vede nel metodo scolastico della tradizione medioevale della filosofia dell’essere una sovrapposizione della filosofia alla purezza della parola di Dio, una “determinazione della fede dall’esterno”, estranea alla fede stessa e che le impedisce di essere autenticamente sé stessa. Di qui il rifiuto di tutta la Tradizione dogmatica per la “sola Bibbia”. Il filosofo illuminista tedesco Immanuel Kant (1724 - 1804) asseconda questo indirizzo e lo estremizza con una critica radicale alla metafisica medinate la quale si ripropone di “accantonare il pensare per far spazio alla fede”: drammatico fideismo.
- La seconda ondata è costituita dalla teologia liberale dei secoli XIX e XX, il cui rappresentante tipico è lo storico e teologo protestante tedesco Adolf von Harnack (1851 - 1930), che, accostandosi a Gesù Cristo con una ragione ormai divenuta refrattaria all’invisibile e al trascendente, lo riconsegna spogliato della divinità - e quindi della fede nella Trinità - e ridotto a maestro di morale.
- La terza ondata, quella che stiamo vivendo oggi, insiste nel vedere la sintesi tra cristianesimo ed ellenismo verificatasi nella Chiesa antica e continuata in tutta la Tradizione dogmatica come “(…) una prima inculturazione, che non dovrebbe vincolare le altre culture”. Con questa lettura che squalifica “grossolana ed imprecisa” lo stretto rapporto della fede con la ragione avvenuto attraverso la filosofia greca e in continuità con tutta la Tradizione cattolica diventa un evneto casuale, un approccio culturale contingente che si allinea con altri senza che sia possibile nessun giudizio di valore su di essi.
Ma - dice con forza il Papa e questo è il cuore dell’“altra enciclica di Ratisbona e Verona” - non è così: “(…) non agire secondo ragione, “syn lògo”, è contrario alla natura di Dio”, e, quindi alla natura dell’uomo, contrario al cristianesimo, la religione del Logos fatto carne, Dio dal volto umano in Gesù. “L’incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La visione di san Paolo, davanti al quale si erano chiuse le vie dell’Asia e che, in sogno, vide un Macedone e sentì la sua supplica: Passa in Macedonia e aiutaci” (Atti 16, 6-10) - questa visione può essere interpretata come una “condensazione” della necessità intrinseca di un avvicinamento tra la fede biblica e l’interrogarsi greco” e quindi in continuità con tutta la Tradizione dogmatica della chiesa.
Genetica normativa non può essere solo la teologia biblica, ma anche quella dogmatica e in continuità tutto il magistero ordinario, che il Catechismo ci propone.
Pastoralmente il rendere ragione, limitando imposizioni e proibizioni al puro necessario, è un’altra conseguenza per superare l’attuale dramma tra Vangelo e cultura: la fede pienamente accolta, con la tensione di viverla e pensarla diviene continuamente cultura ed evangelizzazione delle culture, anche dell’attuale cultura secolarizzata. Ratisbona e Verona sono quell’“altra enciclica” da capire perché è un discorso profondo e con cui verificare l’attuale percorso di fede e ragione.