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La fede cristiana nasce non dall’accoglienza di una dottrina, ma dall’incontro con una Persona, con Cristo morto e risuscitato

Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
«Fu veramente una gioia indicibile quella che esse (Maria di Magdala e l’altra Maria) provarono nel rivedere il loro Signore e, piene di entusiasmo, corsero a farne parte ai discepoli.
Anche a noi, oggi, come a queste donne che rimasero accanto a Gesù durante la Passione, il Risorto ripete di non avere paura nel farci messaggeri dell’annunzio della sua risurrezione. Non ha nulla da temere chi incontra Gesù risuscitato e a Lui si affida docilmente. E’ questo il messaggio che i cristiani sono chiamati a diffondere sino agli estremi confini del mondo. La fede cristiana nasce non dall’accoglienza di una dottrina, ma dall’incontro con una Persona, con Cristo morto e risuscitato. Nella nostra esistenza quotidiana, cari amici, tante sono le occasioni per comunicare agli altri questa nostra fede in modo semplice e convinto. Ed è quanto mai urgente che gli uomini e le donne della nostra epoca conoscano e incontrino Gesù e, grazie anche al nostro esempio, si lascino conquistare da Lui» [Lunedì dell’Angelo, 9 aprile 2007].

In una presunta rivelazione privata, la Regina dell’Amore, ha detto che anche oggi “l’annuncio della Risurrezione di Gesù è stato da molti deformato o svuotato con la mancanza di fede”. Di conseguenza quando ci si trova davanti a queste situazioni, che oggi mediatamente e quindi economicamente, attirano molto occorre offrire la certezza della fede completa della Chiesa, la chiarezza e la bellezza dottrinale della fede cattolica, da testimoni entusiasti ed entusiasmanti. Ma pastoralmente non è prioritaria, pur molto utile, la conoscenza analitica nemmeno del Compendio e del Catechismo della Chiesa cattolica. Il primo annuncio nell’evangelizzazione non è il suo contenuto dottrinale, ma l’incontro con Dio dal volto umano in Gesù morto e risorto, reso contemporaneo nel Suo corpo totale, che è la Chiesa per tutti e per tutto. L’ “affetto del cuore” verso Gesù e Maria è il modo semplice, cattolico cioè accessibile a tutti di chi percepisce il mistero divino nella contemporaneità umana ecclesiale dell’incontro corrispondente alle attese, alle domande originarie di ogni io. E nella catechesi del mercoledì 11 aprile 2007 Benedetto XVI ha offerto l’essenzialità dell’annuncio come nella veglia pasquale risuona ogni anno: “Il Signore è davvero risorto, alleluia!” e come dovrebbe accadere nell’omelia e in modo semplice e convinto nella catechesi.
E con la semplicità tipica di chi veramente crede ha cominciato col dire che qui e ora è Lui stesso a parlarci: “Non morirò - proclama - resterò in vita”. E ai peccatori oggi dice: “Ricevete la remissione dei peccati. Sono io, infatti la vostra remissione”. A tutti, tramite il Suo Vicario ripete, come si esprime uno scrittore del II secolo, Melitone di Sardi, e interpretando con realismo le parole e il pensiero del Risorto: “Sono io la Pasqua della salvezza, l’Agnello immolato per voi, io il vostro riscatto, io la vostra vita, io la vostra risurrezione, io la vostra luce, io la vostra salvezza, il vostro re. Io vi mostrerò il Padre”.

L’incontro del Risorto con Maria Magdalena, le altre donne e con gli Apostoli
Nei primi quaranta giorni della cinquantina pasquale il Risorto ci fa rivivere con Lui i diversi incontri che ebbe dopo la risurrezione: con Maria Magdalena e le altre donne andate al sepolcro di buon mattino, il giorno dopo il sabato, in quella prima Domenica della storia; con gli Apostoli riuniti increduli nel Cenacolo; con Tommaso e altri discepoli, più di cinquecento in una volta sola. Rivivendo queste diverse apparizioni approfondiamo il fondamentale messaggio della Pasqua; ci stimolano a ripercorrere l’itinerario spirituale di quanti hanno incontrato Cristo risorto e lo hanno riconosciuto in quei primi giorni dopo gli eventi pasquali. L’evangelista Giovanni narra che Pietro e lui stesso, udita la notizia data da Maria Maddalena, erano corsi, quasi a gara, verso il sepolcro. Arrivato primo Giovanni, aspetta Pietro e lo segue nel sepolcro: una prima documentazione del carattere gerarchico degli apostoli che documentano, non creano. E i Padri della Chiesa hanno visto in questo rapido affrettarsi verso la tomba vuota un’esortazione a quell’unica competizione legittima tra credenti: la gara nella ricerca e nella comprensione di Cristo. E che dire di Maria Maddalena? Piangente resta accanto alla tomba vuota con l’unico desiderio di sapere dove abbiano portato il suo Maestro. Lo ritrova e lo riconosce quando viene da Lui chiamata per nome (Gv 20,11-18). Anche noi con le nostre domande fondamentali, originarie, “Chi sono? Da dove vengo e dove vado? Perché la presenza del male? cosa ci sarà dopo questa vita?”, se cerchiamo la verità cioè il Signore, il Donatore di ogni essere dono che viene all’esistenza, e lo facciamo con animo semplice e sincero, lo incontreremo, anzi sarà Lui stesso a venirci incontro attraverso la mediazione di qualche volto; si farà riconoscere, ci chiamerà per nome perché le sue pecore lo riconoscono dalla voce, ci farà entrare nell’intimità del suo amore.

L’incontro con i due discepoli di Emmaus
Mentre sconsolati per la morte del loro Maestro ritornavano a casa. Il Signore si fece loro compagno di cammino senza che essi lo riconoscessero. Le sue parole, a commento delle Scritture che lo riguardavano, resero ardenti i cuori dei due discepoli che, giunti a destinazione, gli chiesero di restare con loro. Quando, alla fine, Egli “prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro” (v. 30), i loro occhi si aprirono. Ma in quello stesso istante Gesù si sottrasse alla loro vista. Lo riconobbero dunque quando Egli scomparve. Sant’Agostino osserva: “Gesù spezza il pane, lo riconoscono. Allora noi non diciamo più che non conosciamo Cristo! Se crediamo, lo conosciamo! Anzi, se crediamo, lo abbiamo! Avevano il Cristo alla loro tavola, noi lo abbiamo nella nostra anima!”. E conclude: “Avere Cristo nel proprio cuore è molto di più che averlo nella propria dimora: Infatti nel nostro cuore è più intimo a noi che la nostra casa”. (Discorso, 232,VII,7). Nel prologo degli Atti, san Luca afferma che il Signore risorto “si mostrò (agli apostoli) vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni” (1,3). Occorre capire bene: quando l’autore sacro dice che “si mostrò vivo” non vuole dire che Gesù fece ritorno alla vita di prima, come Lazzaro. La Pasqua che noi celebriamo, osserva san Bernardo, significa “passaggio” e non “ritorno”, perché Gesù non è tornato nella situazione precedente, ma “ha varcato una frontiera verso una condizione più gloriosa”, nuova e definitiva. Per questo, egli aggiunge, “ora il Cristo è veramente passato a vita nuova”.

L’incontro con l’incredulo Tommaso
A Maria Maddalena il Signore aveva detto: “Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre” (Gv20,17). Un’espressione che ci sorprende, soprattutto se confrontata con quanto invece avviene con l’incredulo Tommaso. Lì, nel Cenacolo, fu il Risorto stesso a presentare le mani e il costato all’Apostolo perché li toccasse e da questo traesse la certezza che era proprio Lui (Gv 20,27). In realtà, i due episodi non sono in contrasto; al contrario, l’uno aiuta a comprendere l’altro. Maria Maddalena vorrebbe riavere il suo Maestro come prima, ritenendo la croce un drammatico ricordo da dimenticare. Ormai però non c’è più posto per un rapporto con il Risorto che sia meramente umano. Per incontrarlo non bisogna tornare indietro, ma porsi in modo nuovo in relazione con Lui: bisogna andare avanti! Lo sottolinea san Bernardo: Gesù “ci invita tutti a questa vita nuova, a questo passaggio… Noi non vedremo il Cristo voltandoci indietro” (Discorso sulla Pasqua). E’ ciò che è avvenuto con Tommaso. Gesù gli mostra le sue ferite non per dimenticare la croce, ma renderla anche nel futuro indimenticabile, rendendola attuale in ogni tempo e luogo con la celebrazione eucaristica. Compito di ogni discepolo è di testimoniare la morte e la risurrezione del suo Maestro e la vita nuova che ne deriva e che unica soddisfa i desideri di ogni cuore. Per questo Gesù invita l’incredulo suo amico a “toccarlo”: lo vuole testimone diretto della sua risurrezione.
Quando facciamo l’esperienza di questo incontro, per rafforzare la fede nella Sua presenza, dobbiamo annunciarla, testimoniarla, celebrarla, viverla, pregarla, recarla al mondo intero: “Abbiamo visto il Signore!” (Gv 20,25).
In un quarto d’ora Benedetto XVI ha mostrato come fare il primo annuncio della Pasqua, come dovrebbero essere le nostre omelie, le nostre catechesi semplici e convinte.

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