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«L’intima amicizia con Gesù», da essa «tutto dipende»

Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
«Io spero che il lettore comprenda che questo libro (Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli) non è stato scritto contro la moderna esegesi, ma con grande riconoscenza per il molto che essa ci ha dato e continua a darci» (p. 22). «Il suo libro - ci rifacciamo in tutto questo commento a stralci della presentazione fatta il 13 aprile 2007 nell’Aula del Sinodo in Vaticano dall’Arcivescovo di Vienna, cardinale Cristoph Schoenborn - testimonia, in ogni pagina, quanta dimestichezza egli abbia con i lavori delle odierne scienze bibliche. Proprio questa dimestichezza lo ha rafforzato nella convinzione di potere avere fiducia nei Vangeli. Egli vorrebbe fare il tentativo “di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il ‘Gesù storico’ in vero e proprio senso”.» «Io sono convinto e spero - Ratzinger/Benedetto XVI - che se ne possa rendere conto anche il lettore, che questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni. Io ritengo che proprio questo Gesù - quello dei Vangeli - sia una figura storicamente sensata e convincente» (p. 20). «Il nostro autore parte da questo assunto. In vista di esso legge la vita di Gesù dal Battesimo al Giordano fino alla Trasfigurazione, il lasso di vita pubblica di cui tratta questo primo volume, nell’attesa di un secondo, che dovrebbe trattare dell’inizio e della fine del cammino terreno di Gesù».


In primo piano sta in Ratzinger/Benedetto XVI l’instancabile confronto intellettuale, la fatica del concetto, la forza degli argomenti, la passione oggettiva della verità, lo sforzo della vocazione di ogni teologo di dare una risposta a tutti coloro che chiedono e cercano il motivo della propria speranza(1 Pt 3,15), ma si intravede che centro interiore del suo libro su Gesù sta l’esperienza dell’“intima amicizia con Gesù” e dice che da essa “tutto dipende”. Per questo il Papa, chiamato a parlare del suo Maestro e Signore, ricolmo dell’amicizia con Cristo per confermare tutti nella fede, si espone nella piazza del pubblico dibattito, perché come ricordava Pio XII, non può mancare nella Chiesa un’opinione pubblica. Nell’Areopago (At 17,22) della pluralità attuale di opinioni espone la sua visione di Gesù: “perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell’anticipo di simpatia senza il quale non c’è alcuna comprensione” (p. 22).
Secondo la testimonianza personale di Papa Benedetto, uno degli impulsi a scrivere questo libro è stato l’incontro con il libro del “grande erudito ebreo Jacob Neusner” (p. 99) “Disputa immaginaria tra un rabbino e Gesù” (Piemme, Casale Monferrato 1996). Tale libro, per il cardinale Schoenborn, è così essenziale per la comprensione del suo stesso libro su Gesù, che vale la pena iniziare citando quello che dice: Jacob Neusner “si è, per così dire, inserito tra glia ascoltatori del Discorso della montagna e ha poi cercato di avviare un colloquio con Gesù, il figlio di Abramo, più delle altre interpretazioni del Discorso della Montagna a me note, mi ha aperto gli occhi sulla grandezza della parola di Gesù e sulla scelta di fronte alla quale ci pone il Vangelo. Così… desidero entrare anch’io, da cristiano, nella conversazione del rabbino con Gesù, per comprendere meglio, partendo da essa, ciò che è autenticamente ebraico e ciò che costituisce il mistero di Gesù” (p. 99).
Il rabbino Neusner, “nel suo dialogo interiore, aveva seguito Gesù per tutto il giorno e ora si ritira per la preghiera e lo studio della Torah con gli ebrei di una cittadina, per poi discutere le cose sentite - sempre nell’idea della contemporaneità attraverso i millenni - con il rabbino del luogo” (p. 136). Essi ora paragonano gli insegnamenti di Gesù con quelli della tradizione ebraica. Il rabbino chiede a Neusner “se Gesù insegni le stesse cose di costoro”. Neusner: “Non precisamente, ma quasi”.”Che cosa ha tralasciato?” “Nulla”. “Che cosa ha aggiunto allora?” “Se stesso”. Proprio questo è il punto, di fronte al quale Neusner, nel suo incontro pieno di rispetto con Gesù, indietreggia spaventato. Egli esprime il suo spavento nella frase che Gesù dice al giovane ricco: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri; vieni e seguimi” (Mt 19,20). Tutto dipende, dice Neusner, “da chi si intenda con questo mi”… Questo è il motivo centrale per cui (il rabbino Neusner) non vuole seguire Gesù e rimane fedele all’Israele eterno” (p. 137). “La centralità dell’Io di Gesù nel suo annuncio è dunque il motivo per cui, come scrive il rabbino Neusner nella prefazione al suo libro, egli non sarebbe unito alla “cerchia degli apostoli di Gesù” se fosse vissuto nel “primo secolo in terra di Israele”. Quello che Gesù richiede dai suoi seguaci “può chiederlo solo Dio da me”. E quello che egli esige, porta infine a mettere in pericolo la forma sociale di Israele, così come la prescrive la Torah: “Sul Discorso della montagna non si può costruire nessuno stato e nessun ordine sociale” (p. 146). Il rabbino Neusner è così importante per il libro di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, proprio perché egli oppone un netto rifiuto a tutti i tentativi di scindere il Gesù storico dal Gesù del dogma della Chiesa. Non è stata la Chiesa, e neanche l’apostolo Paolo a innalzare un predicatore ambulante della Galilea, mite, liberale, profetico, apocalittico e come altro sia, al rango di Figlio di Dio, ma egli stesso accampa una pretesa, in tutto il suo fare e dire, che spetta solo a Dio. Ed è questa la tematica centrale del libro. Si tratta della domanda di Gesù a Cesarea di Filippo: Ma voi, chi dite che io sia?” Mt 16,15).

Che cosa ha portato Gesù?
Un nuovo ordine sociale? Il suo regno non è di questo mondo, egli spiega. Egli avrebbe già detto il suo “no” ad una attesa di salvezza puramente immanente e terrena, già nel rifiuto delle tentazioni, e cioè del tentatore. Nel capitolo delle tentazioni di Gesù - osserva Schoenborn - leggiamo: “nessun regno di questo mondo è il Regno di Dio, la condizione di salvezza dell’umanità in assoluto… e chi sostiene di poter edificare il mondo salvato asseconda l’inganno di Satana, fa cadere il mondo nelle sue mani” (p. 73). Ma che cosa allora? Che cosa ha portato Gesù se non un mondo migliore? Qui però sorge la domanda che anima tutto il libro: ma cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Che cosa ha portato? La risposta è molto semplice: Dio. Ha portato Dio” (p. 73). Questo è tutto? “Solo la durezza di cuore ci fa ritenere che ciò sia poco” (p. 73). “Il comandamento fondamentale di Israele è anche il comandamento fondamentale dei cristiani: si deve adorare solo Dio” (p. 74). E’ questo il presupposto per i comandamenti dell’amore del prossimo. Senza il primato di Dio dal volto umano in Gesù, la dignità di ogni uomo non regge a lungo. “Gesù ha portato Dio e con Lui la verità sul nostro destino e la nostra provenienza” (p. 73).
Tutti i fondatori di religione hanno portato il sapere e la sapienza dall’alto. Nell’Antico Testamento Mosé è il mediatore della conoscenza di Dio, della volontà di Dio. Egli era un amico e un confidente di Dio “lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia” (Dt 34,10). Solo così egli era potuto diventare il mediatore della Torah, della volontà di Dio. Ma Mosé annuncia “un profeta come me…”, uno che “parlerà faccia a faccia, come un amico tratta con l’amico” (p.29). Essere in rapporto immediato con Dio, questo è il segno di riconoscimento del promesso, del Messia. Gesù è il nuovo Mosé promesso. “Egli vive al cospetto di Dio, non solo come un amico ma come Figlio; vive in una profonda unità con il Padre” (p. 31). “Se si lascia da parte questo centro autentico, non si coglie lo specifico della figura di Gesù che diventa allora contraddittoria e in definitiva incomprensibile” (p.31). E’ dimostrabile questo rapporto immediato di Gesù con il Padre? Il suo essere-Figlio-di-Dio è, per così dire, “accertato”? In fondo tutto il libro di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI è un unico tentativo “sinfonico” di comprovare la “coerenza” della figura di Gesù, come dell’Unico che sia in assoluto rapporto immediato con Dio.
“Per tener dietro a questa dimostrazione - osserva il cardinale Schoenborn - bisogna capire, meditare il libro stesso, passo dopo passo. In ciò esperimento sempre, come lettore, che l’evidenza di Gesù risplende. Questa mia impressione è solo soggettiva? Oppure proviene dal mio apriori di fede che mi fa interpretare tutto, in Gesù, già dapprincipio, nel senso del dogma cristologico? Una cosa è certa: “che la figura di Gesù abbia fatto nella pratica saltare tutte le categorie disponibili e abbia potuto essere compresa solo a partire dal mistero di Dio” (p. 21). Dall’inizio sono stati i semplici ad avvertire: qui parla uno che non proferisce erudizioni scolastiche:”Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo!” la gente semplice diceva agli eruditi di Israele (Gv 7,46). “L’insegnamento di Gesù non proviene da un apprendistato umano, qualunque possa essere. Viene dall’immediato contatto con il Padre, dal dialogo ‘faccia a faccia’… E’ la parola del Figlio. Senza questo fondamento interiore sarebbe temerarietà” (p. 31 segg.).

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