Non si dà una scientia Christi senza innamorarsi di lui: la lectio divina e la Chiesa
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In verità Origene - autore di un importante e sempre attuale trattato Sulla preghiera - intreccia costantemente la sua produzione esegetica e teologica con esperienze e suggerimenti relativi all’orazione. Nonostante tutta la ricchezza teologica di pensiero, non è mai una trattazione puramente accademica; è sempre fondata sull’esperienza della preghiera, del contatto con Dio. A suo parere, infatti, l’intelligenza delle Scritture richiede, più ancora che lo studio, l’intimità con Cristo e la preghiera. Egli è convinto che la via privilegiata per conoscere Dio è l’amore, e che non si dia un’autentica scientia Christi senza innamorarsi di Lui…[Udienza Generale, mercoledì 2 maggio 2007].
Nella Lettera a Gregorio Origene raccomanda: “Dedicati alla lectio delle divine Scritture; applicati a questo con perseveranza. Impegnati nella lectio con l’intenzione di credere e di piacere a Dio. Se durante la lectio ti trovi davanti a un a porta chiusa, bussa e te l’aprirà quel custode, del quale Gesù ha detto: “il guardiano gliela aprirà”. Applicandoti così alla lectio divina, cerca con lealtà e fiducia incrollabile in Dio il senso delle Scritture divine, che in esse si cela con grande ampiezza. Non ti devi accontentare di bussare e di cercare: per comprendere le cose di Dio ti è assolutamente necessaria l’oratio. Proprio per esortarci ad essa il Salvatore ci ha detto non soltanto: “Cercate e troverete”, “Bussate e vi sarà aperto”, ma ha aggiunto: “Chiedete e riceverete” (Ep. Gr. 4). Balza subito agli occhi il ruolo primordiale” svolto da Origene nella storia della lectio divina. Il Vescovo Ambrogio di Milano - che imparerà le Scritture dalle opere di Origene - la introduce nell’Occidente, per consegnarla ad Agostino e alla tradizione monastica successiva»
Il più alto livello della conoscenza di Dio scaturisce da una reciprocità fraterna, ecclesiale di amore. E’ originariamente così anche tra gli uomini: uno conosce realmente in profondità l’altro solo nella reciprocità d’amore, se si aprono i cuori. E’ il significato dato talvolta al verbo conoscere in ebraico nell’esprimere l’atto dell’amore umano: “Adamo conobbe Eva, sua sposa, la quale concepì” (Gn 4,1). E così viene suggerito che l’unione nell’amore procura la conoscenza più autentica. Come l’uomo la donna sono “due in una sola carne”, così Dio e il credente diventano reciprocamente “due in uno stesso spirito”. Origene nelle sue Omelie sul Cantico dei Cantici attesta: “Spesso - Dio me ne è testimone - ho sentito che lo Sposo si accostava a me in massimo grado; dopo egli se ne andava all’improvviso, e io non potrei trovare quello che cercavo. Nuovamente mi prende il desiderio della sua venuta, talvolta egli torna, e quando mi è apparso, quando lo tengo tra le mani, ecco che ancora mi sfugge, e una volta che è svanito mi metto ancora a cercarlo…” (Hom. Cant. 1,7).
Nella Novo millennio ineunte così Giovanni Paolo II descriveva il cammino ecclesiale di “come la preghiera possa progredire, quale vero e proprio dialogo di amore, fino a rendere la persona umana totalmente posseduta dall’Amato divino, vibrante il tocco dello Spirito, filialmente abbandonata nel cuore del Padre… Si tratta di un cammino interamente sostenuto dalla grazia, che chiede tuttavia forte impegno spirituale e conosce anche dolorose purificazioni, ma che approda, in diverse forme possibili, all’indicibile gioia vissuta dai mistici come “unione sponsale” (n. 33).
Collegato con la preghiera come “unione sponsale” deriva l’insegnamento di Origene sulla Chiesa e all’interno di essa sul sacerdozio comune dei fedeli. E’ un discorso che riguarda tutti come fedeli innanzitutto, come accedere all’altare di Dio. “O non sai che anche a te, cioè a tutta la Chiesa di Dio e al popolo dei credenti, è stato conferito il sacerdozio? Ascolta come Pietro parla ai fedeli: ‘Stirpe eletta’, dice, ‘regale, sacerdotale, nazione santa, popolo che Dio si è acquisito’. Tu dunque hai il sacerdozio perché sei ‘stirpe sacerdotale’, e perciò devi offrire a Dio il sacrificio… Ma perché tu lo possa offrire degnamente, hai bisogno di indumenti puri e distinti dagli indumenti comuni agli altri uomini, e ti è necessario il fuoco divino”.
Così da una parte i “fianchi cinti” e gli “indumenti sacerdotali”, vale a dire la purezza e l’onestà della vita, dall’altra parte la “lucerna sempre accesa”, cioè la fede e la scienza delle Scritture, si configurano come le condizioni indispensabili per l’esercizio del sacerdozio universale, che esige purezza e onestà di vita, fede e scienza delle Scritture. A maggior ragione tali condizioni sono indispensabili, evidentemente, per l’esercizio del sacerdozio ministeriale.
Questo inesausto cammino ecclesialmente fraterno di perfezione riguarda tutti noi”, purché “lo sguardo del nostro cuore” sia rivolto alla contemplazione della Scrittura sempre in atto nella Chiesa cioè alla contemplazione della Sapienza e della Verità, che è la Persona viva di Gesù Cristo risorto.
Origene sembra rivolgersi proprio a noi: “Anche oggi, se lo volete, in questa assemblea i vostri occhi possono fissare il Salvatore. Quando infatti tu rivolgerai lo sguardo più profondo del cuore verso la contemplazione della Sapienza, della Verità e del Figlio unico di Dio, allora i tuoi occhi vedranno Dio. Felice assemblea, quella di cui la Scrittura attesta che gli occhi di tutti era fissi su di Lui! Quanto desidererei che questa assemblea ricevesse una simile testimonianza, che gli occhi di tutti, dei non battezzati e dei fedeli, delle donne, degli uomini e dei fanciulli, non gli occhi del corpo, ma quelli dell’anima, guardassero Gesù!...Impressa su di noi è la luce del tuo volto, o Signore, a cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen!” (Hom. Lc. 32,6).
Sono usciti i Lineamenta del prossimo Sinodo dei Vescovi, la XII Assemblea Generale ordinaria su La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. In questo spirito la Prefazione dice: “Tutta la storia della salvezza dimostra che la Parola di Dio è viva. Colui che prende l’iniziativa nel comunicarsi è Dio, sorgente della vita (Lc 20,38). La sua Parola è rivolta all’uomo, opera delle sue mani (Gb 10,3), creato proprio per essere capace di risponderGli entrando in comunicazione con il suo Creatore. Pertanto la Parola di Dio accompagna l’uomo dalla creazione fino alla fine del suo pellegrinaggio sulla terra. Essa si è manifestata in varietà di modi raggiungendo il culmine nel mistero dell’Incarnazione quando, per opera dello Spirito Santo, il Verbo, Dio presso Dio, si fece carne (Gv 1,1.14). Gesù Cristo, morto e risorto, è “il Vivente” (Ap 1,18), colui che ha parole di vita eterna” (Gv 6,68).