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Voi siete il presente giovane della Chiesa e dell’umanità

Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
«Il mio appello odierno a voi, giovani che siete venuti a questo incontro, è di non sperperare la vostra gioventù Non cercate di fuggire da essa. Consacratela agli alti ideali della fede e della solidarietà umana.
Voi, giovani, non siete soltanto il futuro della Chiesa e dell’umanità, quasi si trattasse di una specie di fuga dal presente. Al contrario: voi siete il presente giovane della Chiesa e dell’umanità. Siete il suo volto giovane. La Chiesa ha bisogno di voi, come giovani, per manifestare al mondo il volto di Gesù Cristo, che si delinea nella comunità cristiana. Senza questo volto giovane, la Chiesa si presenterebbe sfigurata» [Benedetto XVI, Discorso ai giovani a san Paolo del Brasile, 10 maggio 2007].

Anima di tutto il discorso del Papa è il testo di san Matteo (19,16-22), proclamato solennemente in un convenire di Chiesa e attraverso il quale si è esperimentato la Scrittura in atto, cioè la rivelazione che continua nella Tradizione della Chiesa. Nello Stadio del Pacaembu dove abitualmente si celebrano manifestazioni sportive, coinvolgendo migliaia di appassionati nello stile latino - americano documentato dalle danze e dai costumi, “siete accorsi - ha detto il Papa - dalle varie regioni di questo Continente per il nostro incontro. Volete ascoltare, dalla voce del Papa, le parole di Gesù stesso”. Gesù risorto si è fatto realmente presente nella sua Parola per rispondere a una domanda cruciale da parte anche oggi dei giovani: Cosa fare per raggiungere la vita eterna? Gesù risorto si è fatto presente per effondere il suo Spirito su di loro, sul Brasile, su tutta l’America Latina, perché ravvivati dal soffio di una nuova Pentecoste, diventino fari missionari di Vangelo in tutto il mondo: “Cari giovani, siate apostoli, mandati”.
Ma prima di offrire la risposta di fede alla domanda “Cosa fare per raggiungere la vita eterna”, il Papa punta ad allargare gli spazi della razionalità autoridotta a ciò che è empiricamente sperimentabile cioè il potere politico ed economico per riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene. “Perché mi interroghi su ciò che è buono? In questa domanda si trova la chiave della risposta. Quel giovane percepisce che Gesù è buono e che è maestro. Un maestro che non inganna. Noi siamo qui perché abbiamo questa convinzione: Gesù è buono. Può essere che non sappiamo spiegare appieno la ragione di questa percezione, ma è certo che essa ci avvicina a Lui e ci apre al suo insegnamento: un maestro buono. Chi riconosce il bene vuol dire che ama. E chi ama, nella felice espressione di San Giovanni, conosce Dio (1 Gv 4,7). Il giovane del Vangelo ha avuto una percezione di Dio in Gesù Cristo. Gesù ci assicura che solo Dio è buono. Essere aperto alla bontà significa accogliere Dio. Così Egli ci invita a vedere Dio in tutte le cose e in tutti gli avvenimenti, anche laddove la maggioranza vede soltanto assenza di Dio. Vedendo la bellezza delle creature e constatando la bontà presente in tutte loro, è impossibile non credere in Dio e non fare esperienza della sua presenza salvifica e confortatrice. Se riuscissimo a vedere tutto il bene che esiste nel mondo e, ancor più, a esperimentare il bene che proviene da Dio stesso, non cesseremo mai di avvicinarci a Lui, il lodarlo e ringraziarlo, Lui ci riempie continuamente di gioia e di beni. La sua gioia è la nostra forza”.

Cosa fare per raggiungere la vita eterna?
“Vorrei - sempre il Papa ai giovani del Brasile - approfondire con voi questa domanda. Si tratta della vita. La vita, che in voi, è esuberante e bella. Cosa fare di essa? Come viverla pienamente?
Comprendiamo immediatamente, nella formulazione della domanda stessa, che non è sufficiente il “qui” e “l’adesso”; detto altrimenti, noi non riusciamo a ridurre la nostra vita entro lo spazio e il tempo, per quanto pretendiamo allargare i suoi orizzonti. La vita li trascende: noi vogliamo vivere e non morire. Sentiamo che qualcosa ci rivela che la vita è eterna e che è necessario impegnarsi perché ciò avvenga. Insomma, essa è nelle nostre mani e dipende, in certo qual modo, dalla nostra decisione.
La domanda del Vangelo non riguarda soltanto il futuro. Non riguarda solo la questione del che cosa accadrà dopo la morte. Al contrario, esiste un impegno con il presente, qui e adesso, che deve garantire autenticità e di conseguenza il futuro. In sintesi, la domanda pone in questione il senso della vita. Perciò può essere formulata così: cosa devo fare affinché la mia vita abbia senso? Cioè: come devo vivere per cogliere pienamente i frutti della vita? O ancora: cosa devo fare perché la mia vita non trascorra inutilmente?
Gesù è l’unico che ci può dare una risposta, perché è l’unico che ci può garantire la vita eterna. Perciò è anche l’unico che riesce a mostrare il senso della vita presente e a conferirle un contenuto di pienezza”.
Per capire il bene abbiamo bisogno di aiuti e la Chiesa nell’incontro con Cristo in lei ci propone ciò che per noi è buono, donandoci la prima catechesi di Gesù. “Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i comandamenti” (Mt 19,17). Chi tenta e ritenta giusti comportamenti in ogni ambito cioè osserva i comandamenti è sulla strada di Dio.
Il giovane del Vangelo era buono. Osservava i comandamenti. Camminava sulla via di Dio. Perciò, Gesù fissatolo, lo amò. Riconoscendo che Gesù era buono, diede prova che anche lui era buono. Aveva una esperienza di bontà e, pertanto di Dio.
Il Vangelo ci assicura che quel giovane che corse incontro a Gesù era molto ricco. Intendiamo questa ricchezza non soltanto sul piano materiale. La stessa giovinezza è una ricchezza singolare. Bisogna scoprirla e valorizzarla. Gesù l’ha talmente apprezzata che finì per invitare quel giovane a partecipare alla sua missione di salvezza. Egli aveva in sé tutte le condizioni per una grande realizzazione ed una grande opera. C’è un immenso panorama di azione nel quale le questioni di ordine sociale, economico e politico acquisiscono un rilievo particolare, sempre che la loro fonte d’ispirazione siano il Vangelo e la Dottrina sociale della Chiesa. C’è l’istituzione del sacramento del matrimonio, istituzione di diritto naturale, che è stata elevata da Cristo alla dignità di sacramento; è un grande dono che Dio ha fatto all’umanità. “Rispettatelo - ha invocato il Papa - veneratolo. Al tempo stesso, Dio vi chiama a rispettarvi gli uni gli altri anche nell’innamoramento e nel fidanzamento, poiché la vita coniugale, che per disposizione divina è riservata alle coppie sposate, sarà fonte di felicità e di pace solo nella misura in cui saprete fare della castità, dentro e fuori del matrimonio, un baluardo delle vostre speranze future. Ripeto qui a voi che “l’eros vuole sollevarci…verso il Divino, condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni” (Deus caritas est, n. 5)… Il vero amore “cercherà sempre di più la felicità dell’altro, si preoccuperà sempre di più di lui, si donerà e desidererà “esserci per” l’altro” (Ibid., n. 7) e, perciò, sarà sempre più fedele, indissolubile e fecondo…Ma lo Spirito Santo risvegli nel cuore di tanti giovani anche un amore appassionato,nel seguire e imitare Gesù Cristo casto, povero e ubbidiente (vita consacrata e sacerdotale), totalmente rivolto alla gloria del Padre e all’amore dei fratelli e sorelle”.
Il Vangelo ci riferisce che questo giovane, udito l’invito, si rattristò. Se ne andò abbattuto e triste. Questo episodio si fa riflettere ancora una volta sulla ricchezza della gioventù. Non si tratta, in primo luogo, di beni materiali, bensì della propria vita, con i valori inerenti alla giovinezza. Proviene da un duplice eredità: la vita, trasmessa di generazione in generazione, nella cui origine primaria si trova Dio, pieno di sapienza e di amore; e l’educazione che ci inserisce nella cultura, a un punto tale da poter dire che siamo più figli della cultura e, pertanto della fede, che non della natura. Dalla vita germoglia la libertà che, soprattutto in questa fase, si manifesta come responsabilità. E’ il grande momento della decisione, in duplice opzione: la prima, riguardo allo stato di vita, e la seconda riguardo alla professione: cosa fare della propria vita?
La gioventù si presenta come ricchezza perché conduce alla riscoperta della vita come dono del Donatore divino nel proprio e altrui essere e in tutto il cosmo che ci circonda e quindi come compito. Il giovane del Vangelo comprese la ricchezza della propria giovinezza. Andò, si incontrò con Gesù, il Maestro buono, per cercare un orientamento. Nell’ora della grande opzione, tuttavia, non ebbe il coraggio di scommettere su Gesù Cristo. Di conseguenza, se ne andò triste a abbattuto. E’ ciò che succede ogni volta che le nostre decisioni vacillano e diventano meschine e interessate. Capì che gli mancava la generosità, non la chiese nella preghiera e ciò non gli permise una realizzazione piena. Si ripiegò sulla sua ricchezza, facendola diventare egoista.
A Gesù dispiacque la tristezza e la meschinità del giovane che era venuto a cercarlo. “Gli apostoli - concluse il Papa -, così come tutti e tutte voi oggi, riempirono il vuoto lasciato da quel giovane che se ne era andato triste e abbattuto. Loro e noi siamo felici, perché sappiamo a chi crediamo (2 Tm 1,12). Sappiamo e testimoniamo con la nostra vita che soltanto Lui ha parole di vita eterna (Gv 6,68). Perciò con san Paolo possiamo esclamare: Rallegratevi sempre nel Signore! (Fil 4,4)”.
E’ un discorso che è come un’enciclica per la pastorale giovanile.

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