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La vera via della salvezza consiste nel conformare la nostra volontà a quella di Dio

Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
La fedeltà al primato di Dio e della sua volontà, conosciuta e vissuta in comunione con Cristo, è il dono essenziale che noi Vescovi e sacerdoti dobbiamo offrire alla nostra gente

«Noi vescovi siamo convocati per manifestare questa verità centrale, poiché siamo legati direttamente a Cristo, Buon Pastore. La missione che ci è affidata, come maestri della fede, consiste nel ricordare, come lo stesso Apostolo delle Genti scriveva, che il nostro Salvatore “vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4-6). Questa, e non altra, è la finalità della Chiesa: la salvezza delle anime, una ad una… Sono parole semplici e sublimi, nelle quali sono indicati l’obbligo di predicare la verità della fede, l’urgenza della vita sacramentale, la promessa dell’aiuto continuo di Cristo alla sua Chiesa. Queste sono realtà fondamentali e si riferiscono all’istruzione nella fede e nella morale cristiana, così come alla pratica dei sacramenti. Laddove Dio e la sua volontà non sono conosciuti, dove non esiste la fede in Gesù Cristo, e nella sua presenza nelle celebrazioni sacramentali, manca l’essenziale anche per la soluzione degli urgenti problemi sociali e politici. La fedeltà al primato di Dio e della sua volontà, conosciuta e vissuta con Gesù Cristo, è il dono essenziale che noi Vescovi e sacerdoti dobbiamo offrire alla nostra gente (Populorum progressio, 21)» [Discorso rivolto dal Papa ai vescovi del Brasile nella cattedrale di san Paolo, 11 maggio 2007].

Attacco alla famiglia e alla vita, messo in questione l’impegno sacerdotale e l’autentica eredità della Tradizione apostolica
  Il ministero episcopale ci spinge così al discernimento della volontà salvifica, nella ricerca di una pastorale che educhi il popolo di Dio a riconoscere e ad accogliere i valori trascendenti, in fedeltà al Signore e al Vangelo. E’ vero che i tempi presenti risultano difficili per la Chiesa e molti dei suoi figli sono tribolati. La vita sociale sta attraversando momenti di smarrimento sconcertante. Viene attaccata impunemente la santità del matrimonio e della famiglia, cominciando dal fare concessioni di fronte a pressioni capaci di incidere negativamente sui processi legislativi; si giustificano alcuni delitti contro la vita nel nome dei diritti della libertà individuale; si attenta contro la dignità dell’essere umano; si diffonde la ferita del divorzio e delle libere unioni. Più ancora: quando in seno alla Chiesa, è messo in questione il valore dell’impegno sacerdotale come affidamento totale a Dio attraverso il celibato apostolico e come totale disponibilità a servire le anime, e si dà preferenza alle questioni ideologiche e politiche, anche partitiche, la struttura della totale consacrazione a Dio comincia a perdere il significato più profondo. Come non sentire tristezza nella nostra anima? Ma abbiate fiducia: La Chiesa è santa e incorruttibile (Ef 5,27).

La questione dei cattolici che abbandonano la vita ecclesiale
Sembra chiaro che la causa principale, tra le altre, di questo problema possa essere attribuita alla mancanza di un’evangelizzazione in cui Cristo e la sua Chiesa stiano al centro di ogni delucidazione. Le persone più vulnerabili al proselitismo aggressivo delle sette - che costituisce motivo di giusta preoccupazione - e incapaci di resistere agli assalti dell’agnosticismo, del relativismo e del laicismo sono in genere i battezzati non sufficientemente evangelizzati, facilmente influenzabili perché possiedono una fede fragile e, a volte, confusa, vacillante ed ingenua, anche se conservano una religiosità innata… E’ necessario, pertanto, avviare l’attività apostolica come una vera missione nell’ambito del gregge costituito dalla Chiesa in Brasile, promovendo un’evangelizzazione metodica e capillare in vista di un’adesione personale e comunitaria a Cristo. Si tratta infatti di non risparmiare sforzi per andare alla ricerca dei cattolici che si sono allontanati e di coloro che conoscono poco o niente Gesù Cristo, attraverso una pastorale dell’accoglienza che li aiuti a sentire la Chiesa come un luogo privilegiato dell’incontro con Dio e mediante un itinerario catechistico permanente.
Si richiede, in una parola, una missione evangelizzatrice che interpelli tutte le forze vive di questo gregge immenso. Il mio pensiero va ai sacerdoti,ai religiosi, alle religiose ed ai laici che si prodigano, molte volte con difficoltà immense, per la diffusione della verità evangelica. Molti di loro collaborano o partecipano attivamente nelle associazioni, nei movimenti e nelle altre nuove realtà ecclesiali che, in comunione con i loro pastori ed in conformità con gli orientamenti diocesani, portano la loro ricchezza spirituale, educativa e missionaria nel cuore della Chiesa, come preziosa esperienza e proposta di vita cristiana.
In questo sforzo evangelizzatore, la comunità ecclesiale si distingue per le iniziative pastorali, inviando soprattutto nelle case delle periferie urbane e dell’interno i suoi missionari, laici o religiosi, cercando di dialogare con tutti in spirito di comprensione e di delicata carità. Tuttavia, se le persone incontrate vivono in una situazione di povertà, bisogna aiutarle come facevano le prime comunità cristiane, praticando la solidarietà perché si sentano veramente amate. La gente povera delle periferie urbane o della campagna ha bisogno di sentire la vicinanza della Chiesa, sia nell’aiuto per le necessità più urgenti, sia nella difesa dei suoi diritti e nella promozione comune di una società fondata sulla giustizia e sulla pace. I poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo, ed il vescovo, formato ad immagine del Buon Pastore, deve essere particolarmente attento ad offrire il balsamo divino della fede, senza trascurare il “pane materiale”. (…) La vita sacramentale, specialmente attraverso la Confessione e l’Eucaristia, assume qui una importanza di prima grandezza. A voi Pastori spetta il compito principale di assicurare la partecipazione dei fedeli alla vita eucaristica e al sacramento della Riconciliazione…

Urgente una conoscenza adeguata della fede, come è ben riepilogata nel Catechismo della Chiesa Cattolica, con il suo Compendio, e della celebrazione della sacra liturgia
Ripartire da Cristo in tutti gli ambiti della missione, riscoprire in Gesù l’amore e la salvezza che il Padre ci dà, mediante lo Spirito Sano: tale è la sostanza, la radice della missione episcopale che fa del vescovo il primo responsabile della catechesi diocesana. Spetta a lui, infatti, la direzione superiore della catechesi, circondandosi di collaboratori competenti e degni di fiducia. E’ ovvio, pertanto che i suoi catechisti non sono semplici comunicatori di esperienze di fede, ma devono essere autentici araldi, sotto la guida del loro pastore, delle verità rivelate. La fede è un cammino condotto dallo Spirito Santo che si compendia in due parole: conversione e sequela. Queste due parole - chiave della tradizione cristiana indicano chiaramente che la fede in Cristo implica una prassi di vita fondata sul duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, ed esprimono anche la dimensione sociale della vita.
La verità suppone una conoscenza chiara del messaggio di Gesù trasmessa grazie ad un linguaggio inculturato comprensibile, ma necessariamente fedele alla proposta del Vangelo. Nei tempi attuali è urgente una conoscenza adeguata della fede, com’è ben riepilogata nel Catechismo della Chiesa Cattolica, con il suo Compendio. Fa parte della catechesi essenziale anche l’educazione alle virtù personali e sociali del cristiano,così come l’educazione alla responsabilità sociale.
Precisamente perché fede, vita e celebrazione della sacra liturgia come fonte di fede e di vita sono inseparabili, è necessaria una più corretta applicazione dei principi indicati dal Concilio Vaticano II, riguardanti la Liturgia della Chiesa, incluse le disposizioni contenute nel Direttorio per i vescovi (nn. 145-151), con il proposito di restituire alla liturgia il suo carattere sacro. (…) Riscoprire e apprezzare l’ubbidienza alle norme liturgiche da parte dei Vescovi, come “moderatori della vita liturgica della chiesa”, significa rendere testimonianza della Chiesa stessa, una e universale, che presiede nella carità.”
Questi sono tutti stralci della prima parte del Discorso ai vescovi brasiliani di Benedetto XVI. Mie sono solo l’impaginazione e i corsivi.

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