Fede e cultura
- Autore:
- Fonte:
«Il tema del rapporto tra fede e cultura è stato sempre molto a cuore ai miei venerati Predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II. Ho voluto riprenderlo confermando la Chiesa che è in America Latina e nei Carabi nel cammino di una fede che si è fatta e si fa storia vissuta, pietà popolare, arte, in dialogo con le ricche tradizioni precolombiane e poi con le molteplici influenze europee e di altri continenti. Certo, il ricordo di un passato glorioso non può dimenticare le sofferenze e le ingiustizie inflitte dai colonizzatori alle popolazioni indigene, spesso calpestate nei loro diritti umani fondamentali. Ma la doverosa menzione di tali crimini ingiustificabili - crimini peraltro già allora condannati da missionari come Bartolomeo de Las Casas e da teologi come Francesco da Vittoria dell’Università di Salamanca - non deve impedire di prendere atto con gratitudine dell’opera meravigliosa compiuta dalla grazia divina tra quelle popolazioni nel corso di questi secoli. Il Vangelo è diventato così nel Continente l’elemento portante di una sintesi dinamica che, con varie sfaccettature a seconda delle diverse nazioni, esprime comunque l’identità dei popoli latinoamericani. Oggi, nell’epoca della globalizzazione, questa identità cattolica si presenta ancora come la risposta più adeguata, purché animata da una seria formazione spirituale e dai principi della dottrina sociale della Chiesa» [Benedetto XVI, Udienza Generale, 23 maggio 2007].
In Ripensare la modernità di Luigi Negri si documentano le radici cristiane della modernità e quindi della componente “sana” del pensiero laico. Queste radici nel graduale processo di secolarizzazione sono state dimenticate, meglio rinnegate, facendo prendere una piega decisamente atea ed anticristiana alla modernità e nello stesso tempo una riduzione materialistica della ragione solo all’empiricamente verificabile. E oggi urge riaprire il dialogo con la stessa modernità che non può più trascurare le radici cristiane per uno stesso recupero di una ragione laica aperta a tutti gli ambiti della realtà cioè alla verità che libera dalla schiavitù dell’ignoranza.
Man mano si estendeva il modo cristiano di trattare ogni uomo concreto, per il semplice fatto di essere uomo, come persona dotata di diritti, cresceva quella cultura su cui soltanto si può reggere la società e nello stesso tempo si sviluppò una riflessione filosofico - teologica di fede e ragione per cogliere il fondamento di tale cultura. Ecco l’importanza della riflessione filosofica di san Tommaso, il quale ha evidenziato una legge naturale, uno statuto ontologico proprio della natura umana, senza il quale non sarebbe possibile parlare di diritti universali dell’uomo. Ben prima della Rivoluzione francese Ottone III, Silvestro II e Sant’Adalmerto pongono alla base dell’Europa, al termine del primo millennio, la libertà come diritto naturale: la fede, la verità si propone fino al martirio, non si impone mai con la violenza.
Fraternità, uguaglianza, libertà erano vissuti come valori propri della tradizione cristiana e quando le circostanze lo richiesero furono anche affermati e dichiarati come tali ben prima dell’avvento della Rivoluzione, proprio in ambito cattolico. E l’esempio più chiaro di ciò viene proprio da uno di quei momenti più contestati dalla storiografia laicista progressista, ovvero la scoperta e la conquista delle Americhe, che nella datazione storiografica più comune è anche indicato come inizio della modernità.
Benedetto XVI ha ricordato che non si possono ignorare le ombre che accompagnarono l’opera di evangelizzazione del latinoamericano continente: “non è possibile infatti dimenticare le sofferenze e le ingiustizie inflitte dai colonizzatori alle popolazioni indigene, spesso calpestate nei loro diritti fondamentali. Ma la doverosa menzione di tali crimini ingiustificabili - crimini per altro già allora condannati da missionari come Bartolomeo de Las Casas e da teologi come Francecso da Vitoria dell’Università di Salamanca - non deve impedire di prendere atto con gratitudine dell’opera meravigliosa compiuta dalla grazia divina tra quelle popolazioni nel corso di questi secoli”.
La scoperta dell’America, oltre ad essere stata occasione di scontro fu anche autentica occasione di incontro tra civiltà. Gli stessi soprusi furono oggetto di denunce, di discussione e la Chiesa prese da subito le difese degli indios attraverso la denuncia da parte dei missionari, attraverso esperienze evangeliche meravigliose come l’esperimento sociale delle riduzioni dei gesuiti in Paraguay, fra le tribù Guaranti (un’esperienza comunitaria basata sull’economia evangelica, distrutta dalle laiciste armate portoghesi), con le elaborazioni dottrinali dei teologi e dei giuristi nelle università e la sollecitudine dei sovrani spagnoli cattolici che promulgarono molteplici leggi in difesa degli indios. All’interno delle disposizioni ai Governatori delle Indie della Regina Isabella troviamo, infatti, a tutela degli indios, riferimenti espliciti ai diritti dell’uomo: “raccomando di tutelare in ogni momento quelli che oggi chiamiamo i diritti della persona (…).E’ necessario che gli indiani siano informati riguardo alla nostra Santa Fede, perché ne vengano a conoscenza (…)ma senza esercitare su di essi alcuna pressione”.
Ma straordinaria è la Prima carta moderna dei diritti naturali, richiesta dal coraggio della Santa Sede, che Francesco de Vitoria riconosce agli indios in quanto uomini, cioè creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio:
- diritto alla vita: “per diritto naturale ogni uomo ha diritto alla vita, all’integrità fisica e psichica”;
- diritto alla libertà: “per diritto naturale tutti gli uomini sono liberi e nell’uso di questa libertà fondamentale gli indios si costituiscono liberamente in comunità e liberamente scelgono i propri governanti”;
- diritto alla libertà religiosa: “gli indios hanno diritto a non essere battezzati o costretti a convertirsi al cristianesimo contro la propria volontà”;
- diritto alla sicurezza: “per solidarietà umana e a tutela di quegli indios che, innocenti o indifesi, sono ancora sacrificati agli idoli, o sono assassinati per mangiarne le carni, gli spagnoli non possono abbandonare le Indie finché non abbiano realizzato scambi politici e commerciali necessari per far terminare quel regime di terrore e di repressione”.
Benedetto XVI, sottolineando che il Vangelo è stato e sarà un elemento portante per l’identità dei popoli latinoamericani, ha accennato al ruolo guida della Chiesa nel Paese che lo ha ospitato: “Il Brasile custodisce valori cristiani profondamente radicati, ma anche problemi sociali ed economici. Per risolverli la chiesa deve mobilitare tutte le forze spirituali e morali della sua comunità cercando opportune convergenze con altre energie sane del Paese”.
Ma anche oggi, nell’epoca della globalizzazione, questa identità cattolica si presenta come la risposta più adeguata, purché animata da una seria formazione spirituale e dai principi della dottrina sociale della Chiesa.