Emergenza educativa
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«E’ importante soffermarci anzitutto sull’affermazione iniziale, che dà il tono e il senso. La ritroviamo già nella solenne dichiarazione che conclude il discorso di Pietro a Pentecoste: ”Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!” (Atti 2,36). Analoga è la conclusione del grande inno a Cristo contenuto nella Lettera di Paolo ai Filippesi: ”Ogni lingua proclami che Gesù è il Signore, a gloria di Dio Padre” (2,1). Ancora san Paolo, nel saluto finale della Prima Lettera ai Corinzi, esclama: ”Se qualcuno non ama il Signore sia anatema. Maranà tha: vieni, o Signore” (1 Cor 16,22), tramandandoci così l’antichissima invocazione in lingua aramaica di Gesù come Signore. Aggiungo un’altra citazione, che mostra con particolare evidenza il legame che unisce la prima generazione cristiana al suo unico Signore: anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, …per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui” (1 Cor 8,5-6). Così, fin dall’inizio, i discepoli hanno riconosciuto in Gesù risorto colui che è nostro fratello in umanità, ma fa anche un tutt’uno con Dio; colui che con la sua venuta nel mondo e in tutta la sua vita, la sua morte e risurrezione ci ha portato Dio, ha reso in maniera nuova e unica Dio presente nel mondo, colui dunque che dà significato e speranza alla nostra vita: in lui incontriamo infatti il vero volto di Dio, ciò di cui abbiamo realmente bisogno per vivere. Educare alla fede, alla sequela e alla testimonianza vuol dire aiutare i nostri fratelli, o meglio aiutarci scambievolmente, ad entrare in un rapporto vivo con Cristo e con il Padre. E’ questo, fin dall’inizio il compito fondamentale della Chiesa, come comunità di credenti, dei discepoli e degli amici di Gesù. La Chiesa, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo, è quella compagnia affidabile nella quale siamo generati ed educati per diventare, in Cristo, figli ed eredi di Dio. In lei riceviamo quello Spirito ”per mezzo del quale gridiamo ”Abbà, Padre!” (Rm 8,14-17)» [Discorso di Benedetto XVI al Convegno della diocesi di Roma, 11 giugno 2007].
L’impegno della Chiesa per educare alla fede anche per far uscire dall’”emergenza educativa” attuale
Oggi educare alla fede sembra diventare sempre più arduo e difficile perché ci situiamo in una ”emergenza educativa” per la difficoltà che si incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori - base dell’esistenza e di un retto comportamento, difficoltà che coinvolge sia la scuola e sia la famiglia, anzi ogni organismo che si prefigge scopi educativi.
E’ una emergenza inevitabile in una società e in una cultura dominante che troppo spesso fanno del relativismo il proprio credo, facendo venire a mancare la scopo di ogni tensione educativa cioè l’introduzione alla realtà in tutti i fattori finendo per dubitare della bontà stessa della vita e della validità dei rapporti e degli impegni che la costituiscono. ”Come sarebbe possibile - prosegue Benedetto XVI -, allora, proporre ai più giovani e trasmettere di generazione in generazione qualcosa di valido e di certo delle regole di vita, un autentico significato e convincenti obiettivi per l’umana esistenza, sia come persone sia come comunità? Perciò l’educazione tende a ridursi alla trasmissione di determinate abilità, o capacità di fare, mentre si cerca di appagare il desiderio di felicità delle nuove generazioni colmandole di oggetti di consumo e di gratificazioni effimere. Così sia i genitori sia gli insegnanti sono facilmente tentati di abdicare ai propri compiti educativi e di non comprendere nemmeno più quale sia il loro ruolo, o meglio la missione ad essi affidata”.
Ma questa situazione, pur culturalmente egemone, non soddisfa, non può soddisfare perché lascia da parte lo scopo essenziale dell’educazione cioè introdurre alla realtà in tutti i fattori dell’essere e subordinando ad esso l’avere e il fare cioè generare la persona per renderla capace di vivere in pienezza e di dare il proprio contributo alla comunità. Cresce, perciò, da più parti, la domanda di un’educazione autentica e la riscoperta di educatori che siano davvero tali. Lo chiedono i genitori, preoccupati e spesso angosciati per il futuro dei propri figli, lo chiedono tanti insegnanti che vivono la triste esperienza del degrado delle loro scuole, lo chiede la società nel suo complesso, in Italia e in molte altre nazioni, perché vede messe in dubbio dalla crisi dell’educazione le basi stesse della convivenza.
In un simile contesto e in questo momento storico l’impegno costitutivo e perenne della Chiesa per educare alla fede, alla sequela e alla testimonianza del Signore Gesù assume più che mai anche il valore di un contributo per far uscire la società in cui viviamo dalla crisi educativa che la affligge, mettendo un argine alla sfiducia e a quello strano ”odio di sé” che sembra diventato una caratteristica della nostra civiltà.
Tutto questo non diminuisce le difficoltà che incontriamo nel condurre i fanciulli, gli adolescenti e i giovani a incontrare Gesù Cristo e a stabilire con Lui un rapporto duraturo e profondo. Proprio questa è la sfida decisiva per il futuro della fede, della Chiesa, del cristianesimo ma anche della società ed ”è quindi una priorità essenziale del nostro lavoro pastorale: avvicinare a Cristo e al Padre la nuova generazione, che vive in un mondo per gran parte lontano a Dio”.
Una simile opera non può realizzarsi solo con la nostra intelligenza e con le nostre attività, ma soltanto con l’accadere di avvenimenti continui dello Spirito, invocato nella preghiera, perché agisca nell’intimo dei cuori e delle coscienze. Per essere educatori occorre preghiera e amicizia personale con la Persona viva di Gesù: solo chi lo esperimenta in incontri continui, si sente amato senza misura cioè da Lui fino al perdono da Lui e quindi può introdurre i fratelli in una rapporto vitale con Lui: ”Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,15-16). Perciò associazioni, movimenti, gruppi ecclesiali, parrocchie potranno lavorare con frutto ed educare alla fede e alla sequela di Cristo essendo esse stesse autentiche ”scuole” di preghiera, nelle quali l’adorazione alla presenza del Risorto fa vivere il primato di Dio. Ci si può chiedere perché Dio non abbia creato un mondo in cui la sua presenza fosse più manifesta; perché il Risorto, Cristo non abbia lasciato dietro di sé un ben altro splendore della sua presenza, che colpisse chiunque in modo irresistibile. Questo è il mistero di Dio nel rischio educativo dell’uomo, mistero che non possiamo penetrare completamente. Dio non ha l’evidenza di una cosa che si possa toccare con mano, ma può essere cercato, trovato ed esperimentato solo attraverso la slancio del cuore e attraverso le mediazioni di vissuti fraterni di comunione ecclesiale.
L’educazione ha bisogno di quella vicinanza che è propria dell’amore
Plasmare la propria vita secondo il modello del Dio rivelato nel volto umano di Gesù, Dio che è amore, ha bisogno di quella vicinanza che è propria dell’amore. E soprattutto oggi, quando l’isolamento di chi riduce materialisticamente il proprio pensare e ragionare all’empiricamente verificabile, sono una condizione diffusa, alla quale non pongono un reale rimedio il rumore di discoteche e il conformismo di gruppo, diventa decisivo l’accompagnamento personale, che dà a chi cresce la certezza di essere amato veramente, compreso e accolto gratuitamente. E ciò fa toccare con mano che la nostra fede nella presenza di Cristo non è qualcosa del passato, che essa può essere vissuta fraternamente oggi e che vivendola possiamo trovare realmente quello che ogni cuore originariamente, naturalmente desidera. Così i ragazzi e i giovani possono essere aiutati a liberarsi da pregiudizi diffusi e possono rendersi conto che il modo di vivere cristiano è realizzabile e ragionevole, anzi di gran lunga il più ragionevole. L’intera comunità cristiana, nelle sue molteplici articolazioni di parrocchia, associazioni e movimenti, è chiamata in causa dal grande compito di condurre le nuove generazioni all’incontro continuo con Cristo: su questo terreno, pertanto, deve esprimersi e manifestarsi con particolare evidenza la nostra comunione con il Signore e tra noi, la nostra disponibilità e prontezza a lavorare insieme, a fare ”rete”, a realizzare con animo aperto e sincero ogni utile sinergia, cominciando dal contributo prezioso di quelle donne e di quegli uomini che hanno consacrato la propria vita all’adorazione di Dio e all’intercessione per i fratelli.
Le varie responsabilità nell’educazione e nella formazione alla fede
Responsabilità primaria compete alla famiglia. ”I genitori infatti sono coloro attraverso i quali il bambino che si affaccia alla vita fa la prima e decisiva esperienza dell’amore, di un amore che in realtà non è soltanto umano ma è un riflesso dell’amore che Dio ha per lui. Perciò tra la famiglia cristiana, piccola ”Chiesa domestica”, e la più grande famiglia della Chiesa deve svilupparsi collaborazione più stretta, anzitutto riguardo all’educazione dei figli”.
Man mano che i ragazzi crescono aumenta naturalmente in loro il desiderio di autonomia personale, che diventa facilmente, soprattutto nell’adolescenza, presa di distanza critica della propria famiglia. Si rivela, allora, particolarmente importante quella vicinanza che può essere assicurata dal sacerdote, dalla religiosa, dai catechisti o da altri educatori in vissuti fraterni di comunione ecclesiale capaci di rendere concreto per il giovane il volto amico della Chiesa e l’amore di Cristo presente in essa.
Per generare effetti positivi che durino nel tempo, la vicinanza deve essere consapevole che il rapporto educativo passa attraverso ”il rischio” di un incontro di libertà e che la stessa educazione cristiana è liberazione e formazione all’autentica libertà. Ogni proposta educativa stimola a una decisione, per quanto rispettosamente e amorevolmente, e proprio la proposta cristiana alla realtà in tutti i fattori interpella a fondo la liberà, chiamandola alla fede e alla conversione. E chi introduce alla realtà in tutti i fattori punta a risvegliare il coraggio delle decisioni definitive, che, per il fondamentalismo individualista liberale, oggi dominante vengono considerate un vincolo che mortifica, mentre in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per far maturare l’amore in tutta la sua bellezza: quindi per dare consistenza e significato alla stessa libertà.
Sollecitato e spesso confuso dalla molteplicità di informazioni e dal contrasto di idee e delle interpretazioni che gli vengono continuamente proposte, il giovane di oggi conserva nel proprio io un grande bisogno di realtà, di verità ed è quindi aperto a Gesù Cristo, che non è una ”consuetudine” ma il suo volto umano è la via a Dio da cui veniamo e verso cui andiamo cioè alla verità. Certo urge purificare e liberare la ragione dall’autolimitazione all’empiricamente verificabile, allargando gli orizzonti dell’intelligenza, aprire al mistero di Dio, nel quale si trova il senso e la direzione dell’esistenza umana, superando i condizionamenti di una razionalità che si fida soltanto di ciò che può essere oggetto di esperimento e di calcolo. E qui urge una ”pastorale dell’intelligenza” che passi attraverso la liberà e che esperimenti autorevolezza, cioè testimonianza. ”Il testimone di Cristo - osserva Benedetto XVI - è coinvolto personalmente con la verità che propone e attraverso la coerenza della propria vita diventa attendibile punto di riferimento. Egli, però, non rimanda a se stesso, ma a Qualcuno che è infinitamente più grande di lui, di cui si è fidato ed ha esperimentato l’affidabile bontà. L’autentico educatore cristiano è dunque un testimone che trova il proprio modello in Gesù Cristo, il testimone del Padre che non diceva nulla da se stesso, ma parlava così come il Padre gli aveva insegnato (Gv 8,28). Questo rapporto con Cristo e con il Padre è …la condizione fondamentale per essere efficaci educatori alla fede”.
La testimonianza non è qualcosa che si aggiunge dopo, una conseguenza in qualche modo esterna, contingente, alla formazione cristiana, come purtroppo spesso si è pensato e anche oggi si continua a pensare, ma al contrario è una dimensione intrinseca ed essenziale dell’educazione alla fede e alla sequela, così come la Chiesa è missionaria per sua stessa natura (Ad gentes, 2). Fin dall’inizio della formazione dei fanciulli, per arrivare, con un cammino progressivo, alla formazione permanente dei cristiani adulti, bisogna quindi che mettano radici nell’animo dei credenti la volontà e la convinzione di essere partecipi della vocazione missionaria della Chiesa, in tutte le situazioni e circostanze della propria vita: non possiamo infatti tenere per noi la gioia della fede, dobbiamo diffonderla e trasmetterla, e così rafforzarla anche nel nostro cuore.
Nell’educazione alla fede un compito molto importante è affidato alla scuola cattolica ma anche alle scuole statali
La scuola cattolica adempie alla propria missione basandosi su un progetto educativo che pone al centro il Vangelo e lo tiene come decisivo punto di riferimento per la formazione della persona e per tutta la proposta culturale. In convinta sinergia con le famiglie e con la comunità ecclesiale, la scuola cattolica cerca dunque di promuovere quell’unità tra la fede, la cultura e la vita che è obiettivo fondamentale dell’educazione cristiana.
Anche le scuole statali, secondo forme e modi diversi, possono essere sostenute nel loro compito educativo dalla presenza di insegnanti credenti - in primo luogo, ma non esclusivamente, i docenti di religione cattolica - e di alunni cristianamente formati, oltre che dalla collaborazione di tante famiglie e della stessa comunità cristiana. La sana laicità della scuola, come delle altre istituzioni dello Stato, non implicano fatti una chiusura alla trascendenza e una falsa neutralità rispetto a quei valori morali che sono alla base di una autentica formazione della persona.
Oggi più che mai che nel passato l’educazione e la formazione della persona sono influenzate da quei messaggi e dal quel clima diffuso che vengono veicolati dai grandi mezzi di comunicazione e che si ispirano ad una mentalità e cultura caratterizzate dal relativismo, dal consumismo e da una falsa e distruttiva esaltazione, o meglio profanazione, del corpo e della sessualità. Perciò, proprio per quel grande ”sì” che come credenti in Cristo diciamo all’uomo amato da Dio, non possiamo disinteressarci dell’orientamento complessivo della società a cui apparteniamo, delle tendenze che la animano e degli influssi positivi e negativi che essa esercita sulla formazione delle nuove generazioni. La presenza stessa della comunità dei credenti, il suo impegno educativo e culturale, il messaggio di fede, di fiducia e di amore di cui è portatrice sono in realtà un servizio inestimabile verso il bene comune e specialmente verso i ragazzi e i giovani che si stanno formando e preparando alla vita.