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Un Gesù puramente uomo “mansueto e assente” ?

Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
…non sarebbe stato crocifisso e non sarebbe risorto

«Certamente egli si esprime in atti a parole di grande e soccorrevole mitezza e misericordia, ma egli prende anche posizioni come questa: “Non sono venuto a portare la pace, ma la spada” (Mt 10,34). In lui si esprime la resistenza contro la comodità tranquilla e soddisfatta della menzogna e dell’ingiustizia; si dà l’istanza che pone la verità più in alto del puro e pacifico “andar d’accordo” gli uni con gli altri; il quale da ultimo finisce per condurre al potere dell’ingiustizia e al dominio della menzogna.
Per queste parole - che si stagliano luminose e grandi nella storia, che hanno dato voce alla verità nella sua contestazione della riduzione dell’uomo nel perimetro di ciò che gli è comodo e della sua umiliazione - Cristo è salito sulla croce: un Gesù puramente disponibile a tollerare tutto non sarebbe stato crocifisso» [Joseph Ratzinger, Collaboratori della verità, pp. 302-303].

Sono tratti costitutivi della fede cattolica nell’incontro con la Persona del crocefisso risorto e quindi nel suo “realismo” teologico - antropologico - educativo - culturale la disponibilità a soffrire fino a lasciarsi uccidere, ma anche il coraggio di lottare.
Ciò non manca certo a quegli uomini che dicono: la fede dovrebbe identificarsi con chi protesta e resiste contro quel potere che impedisce una più equa distribuzione dei beni, consentendo discriminazioni, povertà e fame. Ma quando questo, anziché fondarsi sulla presenza reale e sull’incontro eucaristico con la Persona di Gesù Cristo che dona l’amore a tutti, soprattutto ai poveri, ma su fondamenti ideologici di gruppi che vogliono per lo più un amplificatore, un altoparlante per le loro grida e i loro slogan di parte,allora viene meno quella tensione per il bene di tutti e di tutto che è l’unico, vero grande fattore di legittimità del potere politico. IL bene comune, cuore della dottrina sociale della Chiesa, è la libertà, in tutti i suoi aspetti, personali e sociali. Ossia è quel tentare e ritentare con fiducia e speranza, anche quando non si riesce, che la società sia libera come concezione e come espressione; questo è il vero bene comune, che ha una sola controindicazione: il bene comune, l’equa distribuzione dei beni, non può essere il bene di una realtà particolare e contrapposta ad altri e che pretenda di escludere altri, come quelli dell’opposizione, anche di un solo.
Ma oggi c’è anche il rischio di assolutizzare un vero valore, come l’equa distribuzione dei beni, senza il suo connubio con altri valori non negoziabili perché sono il fondamento di ogni sistema democratico. E quando, non per scopi politici, il soggetto ecclesiale si oppone a poteri e peccati di quest’epoca, come l’uccisione dei bambini non ancora nati, quando essa denuncia la distruzione del matrimonio e quindi della famiglia naturale, la libertà di educare alla fede, alla testimonianza, alla sequela, allora si dice che la sua specifica differenza, come specifico soggetto sociale, dovrebbe stare nella mansuetudine e nell’assenza dal dibattito e dalla presenza politica. E addirittura per avvallare questo le si contrappone subito un presunto Gesù che sarebbe stato solo misericordioso, sarebbe sempre stato comprensivo e non avrebbe mai fatto non solo del male a nessuno, ma non avrebbe preteso mai nulla a livello di potere politico.
A livello teologico, per avallare una particolare scelta politica progressista, ci si rifà alla seconda onda di deellenizzazione propria della teologia liberale di Harnack rispetto alla prima della Riforma del XVI. Come pensiero centrale, in questa seconda deellenizzazione, c’è il ritorno al semplice uomo Gesù e al suo messaggio semplice, non dogmatico - istituzionale, che verrebbe prima di tutte le teologizzazioni e, appunto, anche prima di tutte le ellenizzazioni biblico - patristiche: sarebbe questo messaggio semplice che costituisce il vero culmine dello sviluppo religioso dell’umanità: la famosa affermazione di Adolf von Harnack secondo la quale l’annuncio di Gesù sarebbe annuncio sul Padre, di cui il Figlio non farebbe parte e dunque la cristologia non apparterrebbe all’annuncio di Gesù. Gesù avrebbe dato un addio al culto in favore della solidarietà etico - morale: non il Figlio, ma solo il Padre comparirebbe nel vangelo, così come Gesù l’ha annunziato. A livello umanitario, come a livello ecumenico tutto sembrerebbe divenire semplice, conciliante! Mentre infatti la professione di fede nel Figlio, vero Dio e vero uomo, ha diviso - cristiani da non cristiani, cristiani di diverse confessioni fra di loro - la comune appartenenza al Padre può unire tutti gli uomini. Gesù contro il Cristo, che significa: alla larga dal dogma, dal Catechismo che lo attualizza, e sotto con la carità! Gesù aveva lanciato al mondo il messaggio non - dottrinale dell’amore, inaugurando così la grandiosa rivoluzione con cui fece saltare la corazza dell’ortodossia farisaica, introducendo al posto dell’intollerante fede giuridica la semplice fiducia in Dio Padre, la fratellanza di tutti gli uomini e la vocazione comune ad un unico amore. Ebbene, al posto di tutto questo, si era poi voluta mettere in voga la dottrina calcedonese dell’uomo-Dio, del “Figlio”, sostituendo così alla tolleranza e alla fraternità, alla mansuetudine, all’assenza di una propria specificità pubblica, politica della Lettera a Diogneto, una norma salvifica che ha finito per apportare soltanto la rovina, scatenando lotte su lotte, divisioni su divisioni. Donde la necessità di una nuova parola d’ordine: marcia indietro dal Cristo predicato, oggetto di una fede la quale non fa altro che dividere, e ritorno al Gesù predicante che si dissolve nel passato, al suo appello all’energia unitiva dell’amore filiale all’unico Padre, condiviso da tanti fratelli.
Si punta a riportare il cristianesimo in armonia con la ragione moderna secolare, liberandolo, appunto, da elementi apparentemente filosofici e teologici, come la fede nella divinità di Cristo e nella trinità di Dio. In questo senso, l’esegesi storico - critica del Nuovo testamento, nella sua visione, sistema la teologia non più nell’orizzonte della dogmatica, oggi del Catechismo della Chiesa Cattolica con il suo Compendio, ma in qualcosa di essenzialmente storico, e quindi strettamente scientifico. Ciò che essa indaga su Gesù mediante la critica è, per così dire espressione della ragione pratica e, di conseguenza, anche sostenibile nell’insieme di università secolarizzate.
In questo contesto culturale come si presenta adeguato alla situazione, all’urgenza pastorale il programma della diocesi di Roma 2007-2008 incentrato sull’educazione alla fede, alla testimonianza e alla sequela alla luce del Gesù di Nazaret Joseph Ratzinger Benedetto XVI, che conclude così l’Introduzione:”Gesù può parlare del Padre, così come fa, solo perché è il Figlio e vive in comunione filiale con il Padre. La dimensione cristologia, cioè il mistero del Figlio come rivelatore del Padre, la “cristologia”, è presente in tutti i discorsi e in tutte le azioni di Gesù. Qui si evidenzia un altro punto importante. Abbiamo detto che nella comunione filiale di Gesù con il Padre viene coinvolta l’anima umana di Gesù nell’atto della preghiera. Chi vede Gesù vede il Padre (Gv 14,9). Il discepolo che cammina con Gesù viene in questo modo coinvolto insieme con Lui nella comunione con Dio. Ed è questo che davvero salva: il trascendere i limiti dell’essere uomo - un passo che, in lui, per la sua somiglianza con Dio è già predisposto, come attesa e possibilità, fin dalla creazione” (p. 28).
Cristo è salito sulla croce ed è risorto e quindi realmente presente oggi, incontrabile: Un Gesù puramente uomo senza essere il Cristo, disponibile a tollerare tutto, mansueto e assente, non sarebbe stato crocifisso e risorto, non sarebbe oggi presente, con la possibilità di incontralo e di lasciarci assimilare a Lui cioè divenire cristiani.

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