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Anche oggi il mondo ha bisogno di Dio

Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Come portare Dio al mondo in modo che salvi la ragione, ai nostri contemporanei che necessitano di un retto e completo uso della ragione...

«Esiste una debolezza d’udito nei confronti di Dio di cui soffriamo specialmente in questo nostro tempo. Noi, semplicemente, non riusciamo più a sentirlo: sono troppo le frequenze diverse che occupano i nostri orecchi. Quello che si dice di Lui ci sembra pre-scientifico, non più adatto al nostro tempo. Con la debolezza d’udito, o addirittura la sordità nei confronti di Dio, si perde naturalmente anche la nostra capacità di parlare con Lui o a Lui. In questo modo, però, viene a mancarci una percezione decisiva. I nostro sensi interiori corrono il pericolo di spegnersi. Con il venir meno di questa percezione viene circoscritto poi, in modo drastico e pericoloso, il raggio del nostro rapporto con la realtà in genere. L’orizzonte della nostra vita si riduce in modo preoccupante» [Omelia di Benedetto XVI, Spianata della Neue Messe, Munchen, 10 ottobre 2006].
«Sono don Francesco. Santo Padre, mi ha colpito una frase che ha scritto nel suo libro “Gesù di Nazaret”: “Ma che cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Che cosa ha portato? La risposta è molto semplice: ‘Dio. Ha portato Dio’”. Fin qui trovo la citazione di una chiarezza e di una verità disarmanti. La domanda è questa: si parla di nuova evangelizzazione, di nuovo annuncio del Vangelo - questa è stata anche la scelta principale del Sinodo della nostra diocesi di Belluno-Feltre - ma cosa fare perché questo Dio, unica ricchezza portata da Gesù e che spesso appare a tanti come avvolto nella nebbia, possa risplendere ancora fra le nostre case e possa essere acqua che disseta anche in tanti che sembrano non avere più sete? Grazie» [Incontro di Benedetto XVI con il Clero delle Diocesi di Belluno-Feltre e Treviso, 24 luglio 2007].

Non mi fermo a riportare solo la risposta alla domanda che il Papa qualifica come fondamentale, ma attingo anche da altri suoi interventi. La domanda fondamentale del nostro lavoro, del nostro amore pastorale - ha sottolineato - è come portare Dio al mondo in modo che salvi la ragione, ai nostri contemporanei che necessitano di un retto e completo uso della ragione.

Dio salvi la ragione dei nostri contemporanei
Sempre più frequentemente infatti si afferma la tendenza ad escludere dal campo di indagine, dagli interrogativi della ragione tutto ciò che non è verificabile empiricamente e scientificamente, e questo di fatto non prende in considerazione la legittima aspirazione di ogni io umano, anche di chi non ha fede, di interrogarsi su Dio. Si afferma che essa non è sperimentalmente verificabile e quindi non va presa in esame perché questa domanda non ha nulla a che fare con la “ragione pura” post- illuminista. La fede farebbe credere soltanto, per tale concezione, non sarebbe ragionevole, non farebbe pensare. In un tempo non troppo remoto invece si riteneva, anche da parte dei più scettici, che l’interrogarsi su Dio anche da parte degli atei per mezzo della ragione fosse necessario e quindi necessaria anche la facoltà di Teologia in tutte le Università statali  poiché, se  ciò non fosse stato fatto, avrebbe comportato una amputazione della ragione stessa di ogni io umano religioso o no. L’uomo da sempre, in tutte le culture sente imporsi delle domande originarie fondamentali “da dove”, “verso dove”, quale senso ha l’esistenza cui dare liberamente una risposta o religiosa, metafisica, o atea, antimetafisica, anticristiana. Il moderno sapere scientifico, che considera come fondamento di tutto, restringendo la maggior parte degli ambiti della ragione e assolutizzandone solo alcuni, considera, di tutto la razionalità intrinseca della materia poiché il libro della natura è scritto in linguaggio matematico, utilizzando gli strumenti di misura che gli sono propri, cioè la matematica e la verificabilità empirica e quindi considera gli interrogativi del senso religioso superflui alla “comune ragione ristretta descritta dalla scienza”; essi riguarderebbero le convinzioni personali di ogni singolo uomo e concernerebbero la sua sfera soggettiva, la sua coscienza senza alcuna legittimità nello spazio pubblico, politico. Ma se l’universo stesso è strutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettiva, diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi un’unica intelligenza originaria, che sia la comune fonte dell’una e dell’altra. Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore. Viene capovolta la tendenza a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libertà. E’ il grande interrogativo di come si possa conoscere Dio e come si possa non conoscerlo, di come l’uomo possa stare in rapporto con Lui e come possa smarrirlo o rifiutarlo. La presunzione, che vuol fare di Dio un oggetto ed imporgli le nostre condizioni sperimentali da laboratorio, non può trovare Dio. Infatti si basa già sul presupposto che noi neghiamo Dio in quanto Dio, perché ci mettiamo al di sopra di Lui. Perché mettiamo da parte la dimensione del conoscerlo e dell’amarlo, dell’ascolto interiore e di Lui che salva la ragione in tutti gli ambiti, e vogliamo arbitrariamente riconoscere  come reale, oggettivo per la ragione solo ciò che è sperimentabile, l’utile che ci è posto nelle mani. Chi arriva a questo modo arbitrario di pensare, di ragionare, oggi egemone nel mondo occidentale, in Europa, fa di se stesso Dio e degrada, così facendo, non solo Dio ma anche la ragione, il mondo e se stesso rendendo impossibile il vivere civile ma anche il realismo scientifico.

La domanda fondamentale del nostro lavoro, del nostro amore pastorale è come portare Dio  ai nostri contemporanei
Come oggi portare Dio a questi nostri contemporanei? Dio è una cosa multidimensionale: già nell’annuncio, nella vita e nella morte di Gesù, vediamo come si sviluppa in tante dimensioni questo Unico. Il Papa ricorda che dobbiamo sempre tenere presenti più ambiti:
-         da una parte l’essenzialità  dell’annuncio cristiano accessibile a tutti, anche ai semplici poiché il cristianesimo non è un pacchetto complicatissimo di tante analisi bibliche e di tanti dogmi, così che nessuno può conoscerli tutti; non una cosa solo per accademici,  che possono studiare queste cose, ma è cosa semplice, essenziale: Dio c’è e Dio è vicino, unito in qualche modo ad ogni uomo, incontrabile risorto in Gesù Cristo presente in concreti vissuti fraterni di comunione ecclesiale autorevolmente guidata. Così Gesù Cristo stesso ha detto, riassumendo, che con il suo volto umano, come è vissuto, morto e risorto, è arrivato il regno di Dio, Dio che regna, che salva, che rende fraternamente felici cento volte tanto già in questo mondo e con ogni bene senza alcun male nell’al di là, anche per il nostro corpo. Questo annunciamo. Una cosa, in fondo, molto semplice, essenziale, accessibile a tutti, popolare perché anche i semplici, nel vero senso della parola, hanno la facoltà di essere “filosofi”, sempre uguale ieri, oggi e sempre nell’ambito cattolico della gerarchia delle verità. E in questo senso il ministero dell’annuncio con il Catechismo della Chiesa cattolica e il suo Compendio che offrono la certezza della fede completa della Chiesa, difende la fede comune nella sua essenzialità. Tutti gli sviluppi della teologia scientifica che poi si sviluppano, sono dimensioni, nella gerarchia delle verità, dell’unica cosa necessaria e non tutti devono conoscere tutto, ma certamente devono entrare nell’intimo e nell’essenziale e così si aprono con una sempre crescente gioia anche le ulteriori e diverse dimensioni.
-         Ma adesso come fare in concreto per i nostri contemporanei bloccati dal secolarismo? Portare Dio, che è logos e amore, implica soprattutto, da una parte l’amicizia con l’intelligenza che fonda la fede e la speranza e dall’altra l’amore. Quindi la testimonianza di una vita vissuta nell’incontro con Cristo: il miglior annuncio è sempre la vita di veri altri cristi, di cristiani, di testimoni che attirano con il loro vissuto fraterno di comunione ecclesiale. Cogliendo famiglie nutrite dalla fede come vivono nella gioia, come vivono anche la sofferenza in una profonda e fondamentale gioia, come aiutano gli altri, amando Dio e il prossimo, questo è l’annuncio più bello: una fede amica dell’intelligenza, che salva la ragione e una prassi di vita caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti. Quanto è importante vedere le famiglie cattoliche o personalità cattoliche che sono penetrate dalla fede e dall’amore: risplende in loro, come nel volto umano di Gesù, realmente la presenza di Dio che è logos e amore e arriva questa “acqua viva” che disseta. Quindi l’annuncio fondamentale è proprio quello della vita stessa dei cristiani indissociabile dall’annuncio della Parola. Occorre fare di tutto perché la Parola cioè il Signore che parla qui e ora, sia ascoltato, conosciuto, incontrato in volti umani concreti, in vissuti fraterni di comunione ecclesiale. Oggi ci sono tante scuole della Parola e del colloquio con Dio attraverso la mediazione della Sacra Scrittura, colloquio che diventa necessariamente anche e soprattutto preghiera, perché uno studio puramente teorico, storico - analitico della Sacra Scrittura è un ascolto solo intellettuale per sapere quello che Dio ha detto allora e non sarebbe un vero e sufficiente incontro con la Parola di Dio, con Dio che come ha parlato allora, come in continuità ha parlato in tutta la Tradizione attraverso la mediazione della Scrittura, mi parla qui e ora per incontrami nei sacramenti, l’Eucaristia in particolare e donarmi il Suo Spirito, il Suo amore. Se è vero che attraverso al mediazione della Scrittura, della Parola di Dio in atto è il Signore Dio Vivente che parla con noi, provoca la risposta e accade la preghiera, allora le scuole della Scrittura devono essere anche e soprattutto scuole della preghiera, dell’ascolto, del dialogo con Dio, dell’avvicinarsi intimamente a Dio, della sua contemporaneità nell’annuncio e quindi nei Sacramenti per coglierlo unito ad ogni volto umano. Ecco tutto l’annuncio, l’evangelizzazione, l’esperienza di Lui.
-         Con Dio vengono anche i suoi Angeli, i suoi Santi, tutti gli esseri viventi, che sono espressione e emanazione - per così dire - dell’amore di Dio. Con il Dio vivente Padre, Figlio, Spirito Santo, unico Dio, con la Persona contemporanea di Cristo, Dio dal volto umano, arriva la Madonna. Pastoralmente questo è molto importante. Dio, il Signore, ha una Madre e nella Madre riconosciamo realmente la bontà materna di Dio. La Madonna, la Madre di Dio, è l’ausilio dei cristiani, è la nostra permanente consolazione, è il nostro grande aiuto. E il Papa annota di constatarlo anche nel dialogo con i vescovi del mondo, dell’Africa ed ultimamente anche dell’America Latina dove l’amore per la Madonna è la grande forza della cattolicità. Nella Madonna riconosciamo tutta la tenerezza di Dio e, quindi, coltivare e vivere questo gioioso amore alla Madonna, di Maria, è un dono molto grande per la cattolicità. E poi ci sono i Santi, ogni luogo ha il suo Santo. Questo va molto bene, perché così vediamo i molteplici colori dell’unica luce di Dio e del suo amore, che si avvicina a noi. Scoprire i Santi nella loro bellezza, nel loro avvicinarsi a me personalmente, poiché in un determinato Santo posso trovare tradotta proprio per me la Parola inesauribile di Dio, Dio dal volto umano che mi assimila, con il dono del Suo Spirito, a sé.
-         E poi importanti sono tutti gli aspetti del vissuto parrocchiale cioè della Chiesa a livello locale, anche quelli umani. Non dobbiamo essere sempre nelle nuvole, nelle altissime nuvole del Mistero, dobbiamo essere anche con i piedi per terra e vivere, fraternamente insieme, la grande famiglia della Chiesa universale. Il Papa confessa di esperimentarlo a Roma incontrando persone provenienti da tutte le parti della terra e che non si conoscono e in realtà sanno di conoscersi, perché sono tutti parte della famiglia di Dio, sono vicini perché hanno tutto il necessario: la presenza, l’intelligenza e l’amore del Signore, l’amore della Madonna, l’amore dei Santi, la successione apostolica dei vescovi con il successore di Pietro,  e con loro la certezza del Risorto. Questa gioia della cattolicità, con i suoi molteplici colori, è anche la gioia della bellezza. E riferendosi  al luogo dell’incontro, nella Chiesa di Auronzo di Cadore: “Abbiamo qui la bellezza di un bell’organo; la bellezza di una bellissima chiesa, la bellezza cresciuta nella Chiesa. La Verità si esprime nella bellezza e dobbiamo essere grati per questa bellezza e cercare di fare di tutto il possibile perché rimanga presente, si sviluppi e cresca ancora. Così mi sembra che si arrivi a Dio, in modo molto concreto, in mezzo a noi”.

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