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Resurrezione di Cristo e Assunzione di Maria

Vivere e morire per la risurrezione di Gesù Cristo guardando a Maria già viva, trasfigurata e presente nel suo corpo

«Avete compiuto una scelta assai felice ponendo Gesù Cristo risorto al centro dell’attenzione del Convegno e di tutta la vita e la testimonianza della Chiesa in Italia. La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori. Nello stesso tempo essa non è affatto un semplice ritorno alla nostra vita terrena; è invece la più grande “mutazione” mai accaduta, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazaret, ma con lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo: per questo la risurrezione di Cristo è il centro della predicazione e della testimonianza cristiana, dall’inizio e fino alla fine dei tempi» [Benedetto XVI al IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, 19 ottobre 2006].
«La fede nella risurrezione degli Scritti neotestamentari pone l’esegeta davanti ad una alternativa che esige da lui una decisione. L’esegeta può certo condividere l’opinione (diventata visione del mondo in storiografia) dell’omogeneità di tutta la storia, secondo la quale può essere accaduto solo ciò che potrebbe accadere sempre. Ma allora è costretto a negare la risurrezione come evento e deve cercare di chiarire che cosa ci sia dietro, come possano nascere idee del genere. Oppure può farsi travolgere dall’evidenza di un fenomeno che interrompe la serie concatenata degli eventi per poi cercare di capire che cosa esso significhi. Il piccolo libro di Schlier, in fin dei conti, mostra semplicemente questo: che i discepoli si lasciarono travolgere da un fenomeno che si palesava loro, da una realtà inaspettata, inizialmente pure incomprensibile, e che la fede nella risurrezione è scaturita da questo travolgimento e cioè un avvenimento che precedeva il loro pensare e volere, che anzi lo rovesciava» [Dalla Prefazione di Joseph Ratzinger alla nuova edizione di Heinrich Schlier Sulla risurrezione di Gesù Cristo, pp. 8-9].
«Ciò che più conta è… che la Chiesa torni a gioire della parola della risurrezione di Gesù Cristo, e gli uomini, e forse anche i popoli, ricomincino a vivere e a morire per la risurrezione di Gesù Cristo» [
Opera citata, p. 72].

La risurrezione “realtà” storicamente testimoniata
Schlier era un allievo d spicco di Rudolf Bultmann. Nel 1953, destando lo stupore del Maestro, si convertì alla Chiesa cattolica e disse che questa sua conversione era avvenuta secondo una modalità del tutto protestante e cioè attraverso il suo rapporto con la Scrittura. Per tutta la vita Schlier è stato riconoscente a Bultmann per tutto quello che aveva imparato da lui sul modo di accostarsi ai testi biblici, e per tutta la vita è rimasto anche legato strettamente al pensiero filosofico di Martin Heidegger. “Dunque - commenta Ratzinger - ascoltiamo un maestro di esegesi che non ha conosciuto i problemi della modernità soltanto dall’esterno, ma che in essi è cresciuto e che ha trovato la sua strada nel continuo confronto con essi… Schlier si rendeva perfettamente conto che la risurrezione di Gesù dai morti rappresenta un problema-limite per l’esegesi; ma in esso diventa particolarmente chiaro che l’interpretazione del Nuovo testamento, se vuole arrivare al cuore della questione, ha sempre a che fare con problemi-limite” cioè superare quella visione del mondo diventata egemone in storiografia secondo la quale può essere accaduto allora solo ciò che potrebbe accadere sempre. Ma allora la più grande “mutazione” mai accaduta, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova che riceviamo nel Battesimo che ci fa diventare “uno in Cristo” (Gal 3,28) cioè la risurrezione, un fenomeno che interrompe la serie concatenata degli eventi, va negata come “realtà” storicamente testimoniata, ma creata soggettivamente dalla fede degli apostoli.

Con la risurrezione lo stesso Gesù di Nazaret, uno morto e sepolto duemila anni fa, oggi è veramente, realmente vivo e incontrabile
Chiunque legge il libro di Schlier può vedere che l’autore ha fatto la stessa esperienza dei discepoli testimoni della risurrezione, non creatori: egli stesso è stato travolto dall’evidenza di un fenomeno che da se stesso si è palesato con naturalezza, e cioè un credente, ma un credente che crede ragionevolmente: nella risurrezione di Gesù Cristo, Dio ha strappato al dominio della morte colui che è morto sulla croce ed è stato sepolto, e lo ha innalzato alla potenza e alla gloria della vita elargita da Dio, che è la vita in assoluto, senza aggettivi. La risurrezione di Gesù Cristo è l’ascesa di Gesù Cristo morto alla potenza di vita di Dio. Lo stesso Gesù di Nazaret, uno morto e sepolto duemila anni fa, oggi è veramente, realmente vivo col e nel suo corpo e attraverso la mediazione della Scrittura rivela oggi, come in continuità ha fatto in tutta la Tradizione nel suo Corpo che è la Chiesa quello che ha detto allora nella fase terrena: non separazione ma nemmeno identità tra Scrittura e Parola di Dio. Non quindi semplicemente vivo nel suo messaggio di allora, nel ricordo che di lui hanno conservato e conservano i suoi discepoli; nel suo influsso sulla storia. Vivo corporalmente nella sua propria identità personale, parla qui e ora in tutti gli elementi del suo Copro che è la Chiesa (Parola di Dio) come ha parlato allora, comunicando da persona a persona attraverso parole e gesti, parola e sacramenti, l’Eucaristia in particolare. Se la rivelazione consistesse in una comunicazione documentata solo dalla realtà dello scritto anche ispirato, essa avrebbe una valenza unicamente dottrinale e intellettualistica, e la figura di Cristo risulterebbe assimilabile a quella di un grande filosofo che trasmette agli altri il proprio sapere.

La risurrezione riguarda anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo
Ma la risurrezione di Cristo non riguarda solo Gesù di Nazaret, ma con Lui anche noi oggi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo. E non solo nell’al di là, al compimento della storia. La sua risurrezione, che ha trasformato la morte in croce, come ha anticipato e accettato per amore nell’Ultima Cena, nel dono eucaristico che ci dà la vita, ci libera e ci salva, è stata come una esplosione di luce nella storia, un’esplosione dell’amore che scioglie in continuità le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato nella storia del mondo una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo come un seme, lo trasforma e lo attira a sé. Tutto ciò avviene concretamente e progressivamente attraverso al vita e la testimonianza della Chiesa; anzi, la Chiesa stessa costituisce la primizia di questa trasformazione, che è opera di Dio e non nostra. Essa giunge a noi mediante la fede e il sacramento del Battesimo, che è realmente morte e risurrezione, rinascita, trasformazione in una vita nuova, quel grande “sì” che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza, portando la gioia nel mondo, anche nelle tribolazioni e persecuzioni. Cristo risorto è “primizia”. Il fatto che Maria, anzi, il suo copro, terminato il corso della sua vita terrena da immacolata, non abbia conosciuto la corruzione del sepolcro, è segno di consolazione e di sicura speranza che il nostro impegno di costruire un mondo nuovo che in Lei ha raggiunto la pienezza, non è vano, nonostante le apparenze in contrario.

La risurrezione non è un evento come tutti gli altri, ma centrale
Tutta la vita di Schlier è stata un lasciarsi travolgere dall’incontro con la Persona del Crocefisso risorto che lo guidava. Schlier non riduce banalmente il fenomeno della risurrezione all’ordinarietà di un fatto qualunque che ha interessato il Gesù di Nazaret e riguarderà alla fine dei tempi noi e il mondo. L’originalità di questo avvenimento, che ha inaugurato una nuova dimensione della vita per cui con il Battesimo non sono più io che vivo ma il Risorto in me, e della realtà della storia e dell’universo, emerge chiaramente nel suo libro. Non è un evento come tutti gli altri, ma un fuoriuscire da quel che ordinariamente accade da cui è nato il Nuovo Testamento e il senso vero dell’Antico per cui tutto va letto unitariamente in Cristo risorto, nella fede in Lui.
Da qui nasce anche la difficoltà di una interpretazione obiettiva; da qui si capisce, in un clima di secolarizzazione e del ridurre l’apertura originaria dell’io, della ragione a tutti gli ambiti della realtà solo a quello empiricamente verificabile, di annullare l’evento come evento per reinterpretarlo come fatto mentale, esistenziale o psicologico, soggettivo. E nel post- concilio, pur con tutti gli sforzi positivi di maggiore accostamento alla Bibbia, è cresciuta quell’esiziale equiparazione tra Scrittura e parola di Dio che purtroppo appartiene a tanto linguaggio ecclesiale corrente e che manifesta il distacco crescente tra la Scrittura e la Chiesa, sottraendo alla fede ecclesiale la decisione circa il senso ultimo della Scrittura. Riportata, come vuole il Concilio, al ruolo di testimonianza, fonte continua della Rivelazione del Padre in Cristo nello Spirito santo per fargli esperimentare il Suo amore, svelando anche pienamente l’uomo all’uomo e la sua altissima vocazione a figlio nel Figlio, la Scrittura ne costituisce un passaggio essenziale, senza dimenticare che la Rivelazione si compie solo nell’atto stesso del suo raggiungere la fede di ogni credente nel noi del vissuto ecclesiale autorevolmente guidato.
“Nonostante Schlier - conclude Ratzinger - lasci intatto nella sua particolarità ciò che la risurrezione ha di singolare, e cioè in ultima analisi di incomprensibile per noi, ha comunque fermamente mantenuto - fedele alla testimonianza dei testi e all’evidenza di quell’inizio - “l’irreversibilità e l’irriducibilità della sequenza “apparizione del Risorto” - “kerigma” - “fede”; che con la risurrezione si intende “un evento, cioè un concreto avvenimento storico”; o, detto in altro modo, che “la parola di coloro che vedono il Risorto è la parola di un evento che supera i testimoni”. Siccome le tentazioni del 1968 (cioè gli Apostoli, i primi discepoli non testimoni ma creatori) sono oggi non meno attuali di allora, anche oggi questo è un libro che risulta assai utile e spero che abbia molti lettori”.

Beata Colei che ha creduto
Nella solennità dell’Assunta sentiamo ancora una volta, qui e ora nella celebrazione, la parola di Elisabetta, completata nel Magnificat di Maria: “Beata Colei che ha creduto”. Il primo e fondamentale atto per diventare dimora di Dio incontrando la Persona del risorto e per trovare così la felicità definitiva è credere, è la fede, la fede in Dio, in quel Dio che si è mostrato in Gesù Cristo, crocefisso e risorto e quindi si fa sentire in continuità nella sua Chiesa attraverso la parola divina della Sacra Scrittura e i sacramenti. Credere non è aggiungere una opinione ad altre. E la convinzione, la fede che Dio c’è, non è una informazione come tutele altre. Di molte informazioni, a noi non fa niente se sono vere o false, reali o soggettive, non cambiano la nostra vita. Ma se Dio che regna qui e ora non c’è, la vita è vuota, il futuro è vuoto e tutto finisce nel nulla. Ma se Dio c’è e regna qui e ora anche per la nostra libera accoglienza, tutto è cambiato, la vita è luce, il nostro avvenire è luce e abbiamo l’orientamento per come vivere. Perciò credere e incontrare nei sacramenti, l’Eucaristia in particolare, la presenza della Persona del risorto dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Credere, dire convinti come valore massimo cui tutto subordinare: “Sì, credo che Tu sei Dio, credo che nel Figlio incarnato, crocifisso e risorto sei Tu presente sempre tra noi con il dono dello Spirito del risorto”, orienta la mia vita, mi spinge ad attaccarmi sempre più a Dio, a unirmi con Dio e con ogni essere umano che Dio ama comunque ridotto e così a trovare il vissuto fraterno di comunione ecclesiale dove vivere e il modo come vivere. E credere non è solo un tipo di pensiero, una grande idea, un’etica; è un agire, è una forma di vivere. Credere vuol dire seguire la traccia indicataci dalla Parola di Dio, di cui la Scrittura è l’anima. Maria, oltre questo atto fondamentale della fede (per nove mesi il corpo di Maria è stato la dimora in cui ha fisicamente vissuto la persona divina del Verbo incarnato, crocefisso e risorto: “nel ventre tuo si raccese l’amore”), che è un atto esistenziale, una presa di posizione non autarchica e non autosufficiente cioè senza peccato per tutta la vita, aggiunge un’altra parola: “La sua misericordia si estende su quelli che lo temono”. Parla, con tutta la Scrittura, del “timor di Dio”, che non è un angoscia, è tutt’altra cosa. Come figli, non abbiamo angoscia del Padre, ma abbiamo il timor di Dio, la preoccupazione di non distruggere la novità di vita da risorti dentro il tempo, la “novità” cristiana di figli nel Figlio e quindi fratelli chiamata a trasformare il mondo, cooperare nella realtà quotidiana della nostra vita per realizzare ciò che lo Spirito Santo ha intrapreso in noi con il Battesimo, senza mai contristarlo. Timor di Dio è quel senso di responsabilità per la porzione del mondo in cui essere veri testimoni del Risorto e in tal modo portatori della gioia e della speranza cristiana in quella comunità di uomini entro la quale viviamo.

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