Il dialogo della ragione
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«Fa parte dell’eredità europea una tradizione di pensiero, per la quale è essenziale una corrispondenza sostanziale tra fede, verità e ragione. Si tratta qui, in definitiva, della questione se la realtà abbia alla sua origine il caso e la necessità, se quindi la ragione sia un casuale prodotto secondario dell’irrazionale e nell’oceano dell’irrazionalità, in fin dei conti, sia anche senza un senso, o se invece resti vero ciò che costituisce la convinzione di fondo della fede cristiana: In principio erat Verbum - In principio era il Verbo - all’origine di tutte le cose c’è la Ragione creatrice di Dio che ha deciso di parteciparsi a noi esseri umani.
Permettetemi di citare in questo contesto Jurgen Habermas, un filosofo quindi che non aderisce alla fede cristiana. Egli afferma: “Per l’autocoscienza normativa del tempo moderno il cristianesimo non è stato soltanto un catalizzatore. L’universalismo ugualitario, dal quale sono scaturite le idee di libertà e di convivenza solidale, è un’eredità immediata della giustizia giudaica e dell’etica cristiana dell’amore. Immutata nella sostanza, questa eredità è stata sempre di nuovo fatta propria in modo critico e nuovamente interpretata. A ciò fino ad oggi non esiste alternativa» [Benedetto XVI, Incontro con le autorità e con il corpo diplomatico di Vienna, 7 settembre 2007].
L’incontro con la Persona di Cristo, “che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” cioè la fede, si manifesta fecondo in maniera peculiare e creativa, anche nell’attuale contesto umano e culturale, anzitutto in rapporto alla ragione che ha dato vita alle scienze moderne e alle relative tecnologie. Una caratteristica fondamentale di queste ultime è infatti l’impiego sistematico degli strumenti della matematica per poter operare con la natura e mettere al nostro servizio le sue immense energie. La matematica come tale è una creazione della nostra intelligenza: la corrispondenza tra le sue strutture e le strutture reali dell’universo - che è il presupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, già espressamente formulato da Galileo Galilei con la celebre affermazione che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico - suscita la nostra ammirazione e pone una grande domanda. Implica infatti che l’universo stesso sia strutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura. Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi un’unica intelligenza originaria, che sia la comune fonte dell’una e dell’altra. Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta il Logos creatore. Viene capovolta la tendenza a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libertà. Su queste basi diventa ancora di nuovo possibile allargare gli spazi della razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme. E’ questo un compito che sta davanti a noi, un’avventura affascinante nella quale spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alle fede cristiana piena cittadinanza. In questo orizzonte l’Europa ha anche una responsabilità unica nel mondo e non deve rinunciare a se stessa. Il continente che, demograficamente, invecchia in modo rapido non deve diventare un continente spiritualmente vecchio. L’Europa inoltre acquisterà una migliore consapevolezza di se stessa se assumerà una responsabilità nel mondo che corrisponda alla sua migliore tradizione spirituale, alle sue capacità straordinarie e alla sua grande forza economica. L’Unione Europea dovrebbe pertanto assumere un ruolo guida nella lotta contro la povertà nel mondo e nell’impegno a favore della pace. “Con gratitudine - ha rilevato Benedetto XVI - possiamo constatare che Paesi europei e l’Unione Europea sono tra coloro che maggiormente contribuiscono allo sviluppo internazionale, ma essi dovrebbero anche far valere la loro rilevanza politica di fronte, ad esempio, alle urgentissime sfide poste dall’Africa, alle immani tragedie di quel continente quali il flagello dell’AIDS, la situazione nel Darfur, l’ingiusto sfruttamento delle risorse naturali e il preoccupante traffico di armi. Così pure l’impegno politico e diplomatico dell’Europa e dei suoi Paesi non può dimenticare la permanente grave situazione del Medio Oriente, dove è necessario il contributo di tutti per favorire la rinuncia alla violenza, il dialogo reciproco e una convivenza veramente pacifica. Deve continuare a crescere il rapporto con le Nazioni dell’America latina e con quelle del Continente asiatico, mediante opportuni legami di interscambio”.
La “casa Europa”
La “casa Europa” cioè la comunità di questo Continente, cui oggi si sono aggregati Paesi dell’Europa centrale e orientale con l’impegno a consolidare al loro interno la libertà, lo stato di diritto e la democrazia, sarà per tutti luogo gradevolmente abitabile solo se verrà costruita su un solido fondamento culturale e morale di valori comuni che traiamo dalla nostra storia e dalle nostre tradizioni. Esse sono una componente dinamica della nostra civiltà per il cammino nel terzo millennio. Il cristianesimo ha profondamente modellato questo Continente. Occorre ritrovare le antiche comuni sorgenti affinché la consapevolezza di questa comune ricchezza, diventata su strade diverse patrimonio delle singole società del Continente europeo, aiuti le generazioni contemporanee a perseverare nel reciproco rispetto dei diritti di ogni Nazione e nella pace, non cessando di rendere i servizi necessari al bene comune di tutta l’umanità e al futuro dell’uomo sulla terra.
Oggi si parla spesso del modello di vita europeo. E con ciò si intende un ordine sociale che collega efficacia economica con giustizia sociale, pluralità politica con tolleranza, liberalità ed apertura, ma significa anche conservazione di valori che a questo Continente danno la sua posizione particolare. Questo modello, sotto i condizionamenti dell’economia moderna, si trova davanti ad una grande sfida. La spesso citata globalizzazione non può essere fermata, ma è un compito urgente ed una grande responsabilità della politica quella di dare alla globalizzazione ordinamenti e limiti adatti ad evitare che essa si realizzi a spese dei Paesi più poveri e delle persone povere nei Paesi ricchi e vada a scapito delle generazioni future.
Certamente l’Europa ha anche vissuto e sofferto terribili cammini sbagliati: restringimenti ideologici della filosofia al solo empiricamente verificabile, della scienza ed anche, purtroppo, della fede, l’abuso di religione e di ragione per scopi imperialistici, la degradazione dell’uomo mediante un materialismo teorico e pratico, ed infine la degenerazione della tolleranza in una indifferenza nichilistica priva di riferimenti a valori permanenti. Ma fa, però, parte delle caratteristiche dell’Europa la capacità di autocritica che, nel vasto panorama delle culture del mondo, la distingue e la qualifica per cui nemmeno il male le è stato fatale con la possibilità di ricominciare continuamente.
Il concetto di diritti umani, fondamentale il diritto alla vita stessa
E’ nell’Europa che, per la prima volta con il Da Vittoria in relazione agli Indios d’America, è stato formulato il concetto di diritti umani con cui la fede cattolica ha avviato il cammino della modernità. Il diritto umano fondamentale, il presupposto di tutti gli altri diritti, è il diritto alla vita stessa. E ciò vale per la vita dal concepimento sino alla sua fine naturale. L’aborto, di conseguenza non potrà mai diventare un diritto umano - è il suo contrario. E’ una “profonda ferita sociale” anche alla modernità, ferita che apre la strada al nichilismo e alla dissoluzione della stessa democrazia.
E nel dire questo i cittadini cattolici non esprimono dialetticamente un interesse specificamente ecclesiale,ma sono avvocati di una richiesta profondamente umana e portavoce dei nascituri che non hanno ancora voce. Questo non deve far chiudere gli occhi davanti a problemi e conflitti di molte donne e la credibilità del nostro discorso dipende anche da quel che la Chiesa stessa fa per venire in aiuto alle donne in difficoltà.
Occorre maturare una condivisione tale che i responsabili della politica possano non permettere che i figli vengano considerati come casi di malattia né che la qualifica di ingiustizia attribuita all’aborto venga di fatto abolita. E’ la preoccupazione per i valori umani che spinge i laici credenti cioè i cittadini cattolici. Questo è solo un lato che preoccupa. L’altro è di fare tutto il possibile per rendere i Paesi europei di nuovo più aperti ad accogliere i bambini. Occorre incoraggiare culturalmente ed economicamente i giovani a fondare con il matrimonio nuove famiglie, a godere di diventare madri e padri! E’ un bene per loro, ma anche per l’intera società. Si tratta di favorire in tutti i modi le giovani coppie ad allevare dei figli. Ma tutto ciò non gioverà a nulla se non si riesce a ricreare nei Paesi europei di nuovo il clima di gioia e di fiducia in ogni vita, come dono unico e irripetibile del Donatore divino per il bene di tutti: solo così i bambini non sono visti come un peso, ma come un dono per tutti e per tutto.
Altro dibattito sulla vita nella sua verità di dono del Donatore divino è il cosiddetto “attivo aiuto a morire”. Si affaccia lo spettro che un giorno possa essere esercitata una pressione non dichiarata o anche esplicita sulle persone gravemente malate o anziane, perché chiedano la morte o se la diano da sé. La risposta giusta alla sofferenza alla fine della vita è un’attenzione amorevole, l’accompagnamento verso la morte - in particolare anche con l’aiuto della medicina palliativa - e mai “un attivo aiuto a morire”. Ma per affermare un accompagnamento umano verso la morte occorrerebbero però delle riforme strutturali in tutti i campi del sistema sanitario e sociale e l’organizzazione di strutture di assistenza palliativa. Occorrono poi anche passi concreti: nell’accompagnamento psicologico e pastorale delle persone gravemente ammalate e dei moribondi, dei loro parenti, dei medici e del personale di cura. Ci sono già volontari che fanno cose grandiose. Tutto l’insieme di tali compiti, però, non può essere delegato soltanto a loro. Molte altre persone devono essere pronte e incoraggiate nella loro disponibilità a non badare a tempo e anche a spese.
Occorre non negare che nei paesi d’Europa in questi anni si sono registrati successi, che ancora due generazioni fa nessuno avrebbe osato sognare. Non c’è stato solo un notevole progresso economico ma anche una esemplare convivenza sociale, di cui il termine “solidarietà sociale” è diventato sinonimo. Ma occorre sviluppare un maggiore connubio tra amici dell’intelligenza, della carità intellettuale e solidarietà, attenzione verso le nuove forme di povertà interne ai Paesi d’Europa e verso tutto il mondo, soprattutto in occasioni sempre più frequenti di profonde catastrofi, disgrazie. Anche la “Terza Assemblea Ecumenica Europea” a Sibiu in Romania, sotto il motto comune “Cristo - speranza dell’Europa” si è ritrovata su “La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e di unità in Europea”.