L’attualità e la necessità di una teologia squisitamente pastorale
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Non sono pochi, oggi, quelli che rilevano una drammatica frattura non solo tra Vangelo e cultura nel rapporto Chiesa e mondo contemporaneo, ma anche tra “Chiesa dottrinale” e “Chiesa pastorale”. Nell’incertezza di questo periodo storico e della società attuale urge che a monte della carità pastorale ci sia e la certezza della fede completa della Chiesa, la cui chiarezza e bellezza può rendere luminosa la vita dell’uomo anche oggi (Chiesa dottrinale) e testimoni entusiasti ed entusiasmanti che sappiano educare alla fede, alla sequela e alla testimonianza (Chiesa pastorale). Oggi soprattutto, non è più possibile far cogliere e accogliere liberamente la verità attraverso Gesù Cristo che mi rivela contemporaneamente chi è Dio, origine e destinazione di tutti e di tutto e la sua volontà di salvezza universale e chi è ogni essere umano concreto, a che cosa è destinato, senza il contemporaneo impegno pastorale che ogni io incontri esistenzialmente, non solo come verità ma come valore sommo ed unico, la Persona di Gesù Cristo, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. E questo dall’infanzia fino al momento terminale della vita, quando in morte Lui risorto si fa incontro. Tutta la vita è attesa di questo incontro per l’eternità. E il Concilio Vaticano II, cogliendo che la carità pastorale cioè l’educazione alla fede, alla sequela e alla testimonianza si faceva sempre più ardua e precaria cioè si prolificava addirittura una emergenza educativa per la crescente difficoltà che si incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori-base dell’esistenza e di un retto comportamento sottolineava la priorità pastorale di tutto il suo lavoro. E nell’Optatam totius chiedeva di distinguere, senza separare, il cammino accademico della ricerca scientifica biblico- teologica, da quello formativo di pastori con una teologia squisitamente pastorale. Una disamina, quella conciliare, veramente profetica della società in cui viviamo, afflitta da uno strano “odio di sé” e con una cultura, segnata drammaticamente dalla frattura con il Vangelo, che fa del “relativismo il proprio credo”, precludendosi in tal modo la possibilità originaria di ogni io umano di cogliere nell’incontro con la Persona di Gesù Cristo la verità e quindi di poterla accogliere come il proprio sommo valore. “Come non cogliere - ha rilevato mons. Bagnasco al Consiglio permanente della Cei il 17 settembre 2007 - qui in filigrana le tante vicende di cronaca che hanno assediato la nostra estate suscitando sgomento e sempre ulteriore allerta? Come non intravedere qui l’atteggiamento di resa che contrassegna tanta prassi sociale, in cui a prevalere sono il divismo, il divertimento spinto ad oltranza, i passatempi solo apparentemente innocui, il disimpegno nichilista e abbrutente la persona, giovane e adulta non importa, che, tanto, verso il peggio le differenze si annullano? Su questo tema ingente dell’educazione possibile anche in una cultura che produce facilmente banalità e omologazione, immagino che come Conferenza episcopale dovremo tornare, alla luce delle piste lanciate dal Papa, con una riflessione articolata che coinvolga magari i diversi soggetti pastorali, e che si stagli all’orizzonte con propositi all’altezza delle sfide”.
E il Papa il 19 settembre, rifacendosi al Crisostomo, ha indicato sia la pista di una teologia squisitamente pastorale e sia quella, sviluppata nell’incontro ai Partecipanti dell’internazionale democratico cristiana del 21 settembre, di una presenza autenticamente cristiana dei fedeli laici nella famiglia e nella società.
La pista di una teologia squisitamente pastorale
Si tratta di offrire agli uomini la chiarezza e la bellezza della fede cattolica che rende luminoso lo sviluppo integrale di ogni persona, unitariamente nella dimensione fisica, intellettuale e religiosa. Le varie fasi della crescita sono paragonate dal Crisostomo ad altrettanti mari di un immenso oceano: “Il primo di questi mari è l’infanzia”. Infatti “proprio in questa prima età si manifestano le inclinazioni al vizio e alla virtù”. Perciò la legge di Dio deve essere fin dall’inizio impressa nell’anima “come una tavoletta di cera”: di fatto pastoralmente è questa l’età più importante. Dobbiamo tener presente come è fondamentale che in questa prima fase della vita entrino, attraverso l’incontro con la Persona viva oggi di Gesù Cristo, realmente i grandi orientamenti che danno la prospettiva all’esistenza. Crisostomo allora, ma vale anche oggi pastoralmente: “ Fin dalla più tenera età premunite i bambini con armi spirituali, e insegnate loro a segnare la fronte con la mano”. Vengono poi l’adolescenza e la giovinezza: “All’infanzia segue il mare dell’adolescenza, dove i venti soffiano violenti…., perché in noi cresce…la concupiscenza”. Giungono infine il fidanzamento e il matrimonio: “Alla giovinezza succede l’età della persona matura, nella quale sopraggiungono gli impegni della famiglia: è il tempo di cercar moglie”. Del matrimonio egli ricorda i fini, arricchendoli - con il richiamo alla virtù della temperanza - di una ricca trama di rapporti personalizzati. Gli sposi ben preparati sbarrano così la via al divorzio: tutto si svolge con gioia e si possono educare i figli alla virtù. Quando poi nasce il primo bambino, questi è “come un ponte; i tre diventano una carne sola, poiché il figlio congiunge le due parti” e i tre costituiscono “una famiglia, piccola Chiesa”.
Pastoralmente la predicazione e la catechesi del Crisostomo si svolgeva abitualmente nel convenire fraterno culmine e fonte di tutta la vita della Chiesa cioè nel corso della liturgia, “luogo” e “ambiente di vissuti fraterni” in cui la comunità si costruisce facendo accadere, attraverso la testimonianza della Scrittura, Dio che parla oggi come ha parlato allora e l’Eucaristia, i Sacramenti. Qui l’assemblea riunita esprime e realizza concretamente l’unica Chiesa, la stessa parola è rivolta in ogni luogo a tutti, e la comunione eucaristica si rende segno efficace di unità. Il suo progetto pastorale e l’intelligenza della fede conseguente o teologia-catechesi squisitamente pastorale era inserito nel concreto vissuto fraterno di comunione e di preghiera ecclesiale, in cui i fedeli laici col Battesimo assumono l’ufficio sacerdotale, regale e profetico. Al fedele laico egli dice: “Pure te il Battesimo fa re, sacerdote e profeta”. Scaturisce da qui il dono e quindi il dovere, la passione fondamentale della missione, perché ciascuno in qualche misura è responsabile della salvezza degli altri, rassicurando così la propria: “Questo è il principio della nostra vita sociale…non interessarci solo di noi!”. Il tutto si svolge tra due poli: la grande Chiesa e la “piccola Chiesa”, la famiglia, in reciproco rapporto. Da questa appartenenza di comunione ecclesiale attingono i fedeli laici luce e forza per una loro e propria presenza cristiana anche politica nella società.
La pista di una presenza cristiana dei fedeli laici nella società
“So che voi - il Papa all’incontro con l’Internazionale Democratica cristiana - condividete valori e ideali che sono stati forgiati o approfonditi in maniera decisiva dalla tradizione cristiana in Europa e nel mondo intero…come ad esempio la centralità della persona ed il rispetto dei diritti umani, l’impegno per la pace e la promozione della giustizia per tutti. Voi fate riferimento a principi fondamentali, che sono tra loro correlati, come dimostra l’esperienza della storia. Quando, in effetti, i diritti umani sono violati, è la stessa dignità della persona ad essere ferita; se la giustizia vacilla, la pace è in pericolo. D’altra parte, la giustizia, dal canto suo può dirsi veramente umana, solo se la visione etica e morale sulla quale si fonda è centrata sulla persona e sulla sua inalienabile dignità”. Ma questo tesoro inestimabile della Verità cristiana, diventata su strade diverse patrimonio delle singole società del Continente europeo, non è un’esperienza storica superata da nuove forme di redenzione umana, anche se oggi la drammatica frattura fra dottrina e pastorale all’interno della Chiesa, e fra Vangelo e cultura nel rapporto Chiesa e mondo contemporaneo diffondono, rafforzano ideologie che possono oscurare o confondere le coscienze e veicolare una illusoria visione della verità e del bene. Esiste, ad esempio, in campo economico una tendenza che identifica il bene con il profitto e in tal modo dissolve la forza dell’ethos dall’interno, finendo per minacciare il profitto stesso. Alcuni ritengono che la ragione umana sia incapace di cogliere la verità e, pertanto, di perseguire il bene corrispondente alla dignità di ogni persona umana concreta. C’è chi valuta legittima l’eliminazione della vita umana nella sua fase prenatale o in quella terminale. Preoccupante è inoltre la crisi in cui versa la famiglia, cellula fondamentale della società fondata sul matrimonio indissolubile di un uomo e di una donna. L’esperienza dimostra che quando la verità dell’uomo è oltraggiata, quando la famiglia è minata nelle sue fondamenta la pace stessa è minacciata, il diritto rischia di essere compromesso e, come logica conseguenza, si va incontro a ingiustizie e violenze.
Altro ambito di una presenza autenticamente cristiana di fedeli laici nella società, cui pastoralmente educare, è la difesa della libertà religiosa, diritto fondamentale insopprimibile, inalienabile e inviolabile, radicato nella dignità di ogni essere umano concreto e riconosciuto da vari documenti internazionali, fra i quali, anzitutto, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. L’esercizio di tale libertà comprende anche il diritto di cambiare religione, che va garantito non soltanto giuridicamente, bensì nella pratica quotidiana. La libertà religiosa risponde, infatti, all’intrinseca apertura originaria, naturale di ogni creatura umana al Donatore divino, Verità piena e Bene, Valore sommo del proprio e altrui essere dono, come di tutto il mondo che ci circonda. Non si può escludere la verità del proprio e altrui essere dono dall’orizzonte di ogni uomo e della storia. Ecco perché va accolto, senza mai imporlo e con la possibilità e il rischio educativo di rifiutarlo,come il desiderio comune a tutte le tradizioni autenticamente religiose di mostrare pubblicamente la propria identità, senza essere costretti a nasconderla o mimetizzarla.
“Il rispetto della religione - afferma il Papa con un giudizio molto importante sull’attualità - contribuisce, inoltre, a smentire il ripetuto rimprovero di aver dimenticato Dio, con cui alcune reti terroristiche cercano pretestuosamente di giustificare le loro minacce alla sicurezza delle società occidentali. Il terrorismo rappresenta un fenomeno gravissimo, che spesso arriva a strumentalizzare dio e disprezza in maniera ingiustificabile la vita umana. La società ha certo il diritto di difendersi, ma questo diritto, come ogni altro, va sempre esercitato nel pieno rispetto delle regole morali e giuridiche anche per quanto concerne la scelta degli obiettivi e dei mezzi. Nei sistemi democratici l’uso della forza non giustifica mai la rinuncia ai principi dello stato di diritto. Si può, infatti, proteggere la democrazia minacciandone le fondamenta? Occorre dunque tutelare strenuamente la sicurezza della società e dei suoi membri, salvaguardando tuttavia i diritti inalienabili di ogni persona. Il terrorismo va combattuto con determinazione ed efficacia, nella consapevolezza che, se il male è un mistero pervasivo, la solidarietà degli uomini nel bene è un mistero ancor più diffusivo. La Dottrina sociale della Chiesa Cattolica offre, al riguardo, elementi di riflessione utili per promuovere la sicurezza e la giustizia, sia a livello nazionale e internazionale, a partire dalla ragione, dal diritto naturale e anche dal Vangelo, a partire da quanto è conforme alla natura di ogni essere umano ed anche la trascende. La Chiesa sa che non è suo compito fare essa stessa valere politicamente questa sua dottrina: del resto suo obiettivo è servire la formazione della coscienza nella politica e contribuire affinché cresca la percezione delle vere esigenze della giustizia e, insieme, la disponibilità ad agire in base ad esse, anche quando ciò contrastasse con situazioni di interesse personale (Deus caritas est, 28). In questa sua missione, la Chiesa è mossa dall’amore per Dio e per l’uomo e dal desiderio di collaborare con tutte le persone di buone volontà per costruire un mondo dove vengano salvaguardati la dignità e i diritti inalienabili di tutte le persone. A quanti condividono la fede in Cristo, la Chiesa chiede di testimoniarla oggi, con ancor più grande coraggio e generosità. La coerenza dei cristiani è infatti indispensabile anche nella vita politica, perché il “sale” dell’impegno apostolico non perda il suo “sapore” e la “luce” degli ideali evangelici non venga oscurata nella loro azione quotidiana”.
La teologia squisitamente pastorale del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica come del Compendio della Dottrina sociale offre, a chi si incontra continuamente con la presenza sacramentale della Persona di Gesù Cristo, quella consapevolezza di essere chiamati a diventare testimoni entusiasti ed entusiasmanti di Cristo non come qualcosa che si aggiunge dopo una conseguenza in qualche modo esterna alla formazione cristiana. In nessun ambito, neppure in politica, chi crede per l’incontro con la Persona viva di Gesù Cristo, verità e sommo valore, tralascia - per opportunismo, o convenzione, o altri motivi - le esigenze etiche intrinseche alla fede. E ciò non in disprezzo, ma per amore della politica e della sottile arte che essa esige. La teologia pastorale punta ad ogni persona come soggetto - interlocutore della sua attenzione e con le sue iniziative e proposte concrete abbraccia la vita e porta tutta l’esistenza nei vari ambiti all’incontro risanatore e liberante di Cristo. “Ed è qui - mons. Bagnasco - la ragione, a me pare, che sfugge a tanti osservatori “laici”, per la quale anche nell’ambito politico il cattolico cerca una corrispondenza plausibile tra ideali e programmi”.