Chi è il Vescovo?
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«L’evangelista Luca scrive che Gesù Cristo scelse i dodici Apostoli dopo aver passato sul monte tutta la notte a pregare (Lc 6,12); e l’evangelista Marco precisa che i Dodici furono scelti perché “Stessero con lui e per mandarli” (Mc 3,14). Come gli Apostoli anche noi, carissimi Confratelli, in quanto loro successori, siamo stati chiamati innanzitutto per stare con Cristo, per conoscerlo più profondamente ed essere partecipi del suo mistero di amore e della sua relazione piena di confidenza con il Padre. Nella preghiera intima e personale il Vescovo, come e più di tutti i fedeli, è chiamato a crescere nello spirito filiale verso Dio, apprendendo da Gesù stesso la confidenza, la fiducia e la fedeltà, atteggiamenti suoi propri nel rapporto con il Padre» [Benedetto XVI ai partecipanti alla Riunione dei Vescovi di recente nomina, 22 settembre 2007].
Solo in Dio e solo a partire da Dio si conosce veramente ogni uomo che si incontra. Un conoscersi che limita l’uomo alla dimensione empirica e afferrabile, teorizzabile, programmabile, non raggiunge affatto la vera profondità di ogni essere umano. E ogni uomo giunge a conoscere se stesso nella verità del proprio e altrui essere dono del Donatore divino, come di tutto il mondo che lo circonda, soltanto se impara nel rapporto io-Tu della preghiera a capirsi e capire partendo da Dio, e conosce l’altro, può entrare nella sua intimità, nella sua coscienza rendendo evidente ciò che gli dice e facendogli accogliere liberamente, per amore la Verità che annuncia per la conversione al Vangelo, soltanto se, alimentato da una preghiera continua, scorge in Lui il mistero del Dio vivente, Padre, Figlio e Spirito Santo, che si è unito ad ogni uomo con l’incarnazione del Figlio. Questo vale per tutti i fedeli nell’amore reciproco e in missione, cristiani perché all’inizio dell’esserlo c’è stato l’avvenimento dell’incontro con la Persona di Gesù Cristo e lo si vive stando in preghiera con Lui per conoscerlo più profondamente ed essere partecipi del suo mistero di amore continuo, senza limiti, fino al perdono e della sua relazione piena di confidenza con il Padre. Vale per tutti i fedeli e in particolare per chi nella Chiesa domestica rimanda con la sua autorità a Lui cioè i genitori, e nella Chiesa i sacerdoti con il Vescovo, con il Papa. Per ogni forma di carità pastorale al servizio della Persona viva e attuale di Gesù Cristo, crocefisso e risorto, chi ne è investito non deve legare gli uomini a sé, alla sua programmazione pastorale, anche se utile, al suo comunque piccolo io, fosse pure del Papa. La conoscenza reciproca che lega ogni autorità pastorale alle “pecore” affidate a un volto concreto deve mirare a introdursi a vicenda in Dio, a dirigersi verso di Lui; deve pertanto essere, pastori e fedeli, un ritrovarsi nella comunione della conoscenza e dell’amore di Dio. Ogni vera autorità pastorale sacramentale cioè al servizio della Persona del Risorto presente conduce, deve condurre al di là del volto umano concreto che la serve affinché l’altro trovi tutta la sua libertà di dipendere solo da Dio, non da un altro uomo; per questo ogni Vescovo, come e più di ogni genitore e prete, deve sempre andare al di là di se stesso verso l’unione continua con Gesù risorto cioè presente sacramentalmente in Lui e attraverso di Lui con il Dio vivente, Padre, Figlio, Spirito Santo. E’ un sapere, un pensare e quindi un agire che non può perdurare senza i tempi della preghiera di ogni giorno. Anche in Gesù la formula dell’esistenza Cristiana fondata sul Battesimo dell’“Io, ma non più io” è un Io sempre aperto al Padre, in intima comunione con Lui, alimentata da notti passate in preghiera; Egli sa e pensa che non è mai solo, ma esiste nel riceversi e nel ridonarsi al Padre. Per cui “la mia dottrina non è mia”, il suo Io è l’Io aperto verso la Trinità. Chi lo incontra, lo conosce “vede” il Padre, entra in questa sua continua comunione con il Padre, è via umana alla Verità e alla Vita. Proprio questo superamento dialogico presente in ogni incontro con Gesù, che passa attraverso il rischio educativo del rifiuto, ci mostra la vera autorità pastorale, che non si impossessa mai dei fedeli, che non avviene attraverso egemonie di parte, raggiri di correnti bibliche o teologiche, dittature medianiche, bensì ci conduce verso la libertà del nostro essere portandoci dentro la comunione con Dio e dando Egli stesso la vita.
E il Papa, nell’incontro con i Vescovi di recente nomina, incontro vissuto come pellegrinaggio alla tomba di San Pietro, per ravvivare in loro la consapevolezza di non essere mai soli nel reggere la Chiesa di Dio, ma di avere, con l’aiuto della grazia, il sostegno del Papa e collegialmente dei propri Confratelli, ha voluto richiamare che per annunziare con fedeltà il Vangelo e custodire la fede, occorre perseverare nella preghiera a Dio onnipotente per il bene del suo popolo santo: è il carattere apostolico e pastorale della preghiera del Vescovo.
E gli Apostoli avevano compreso bene come l’ascolto del Risorto nella preghiera e l’annuncio delle cose ascoltate dovevano avere il primato sulle molte cose da fare, perché decisero: “Noi ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola” (At 6,4). E il Papa rileva che “questo programma apostolico è quanto mai attuale. Oggi, nel ministero di un Vescovo, gli aspetti organizzativi sono assorbenti, gli impegni sono molteplici, le necessità sempre tante, ma il primo posto nella vita di un successore degli Apostoli deve essere riservato a Dio”. Ma questo è richiamato fin da san Gregorio Magno nella “Regola pastorale”, lui monaco chiamato al ministero di Pietro in una Roma in un disordine terribile, avvertiva che il pastore “in modo singolare deve essere capace di levarsi su tutti gli altri per la preghiera e la contemplazione. Ed divenuto proprio, tipico della spiritualità diocesana dei presbiteri il “contemplata aliis tradere”.
La preghiera educa il Vescovo all’amore e apre il suo cuore alla carità pastorale
Rifacendosi all’enciclica Deus caritas est Benedetto XVI ricorda, riferendosi all’episodio biblico della scala di Giacobbe, come proprio attraverso la preghiera ogni pastore diviene sensibile e misericordioso verso tutti (n. 7). E un pastore, radicato attraverso la preghiera nella contemplazione, sa accogliere le necessità degli altri che nella preghiera diventano sue. La preghiera educa il Vescovo all’amore e apre il suo cuore alla carità pastorale per accogliere tutti coloro che ricorrono a lui. Plasmato in continuità dallo Spirito Santo, continuamente invocato, consola con il balsamo della grazia divina, illumina con la luce della Parola, riconcilia ed edifica nella comunione fraterna.
Ma Benedetto XVI è preoccupato di alcuni rapporti particolari del Vescovo cioè con i sacerdoti e le vocazioni. “Nella vostra preghiera, cari Confratelli, un particolare posto devono avere i vostri sacerdoti, affinché siano sempre perseveranti nella vocazione e fedeli alla missione presbiterale loro affidata. E’ quanto mai edificante per ogni sacerdote sapere che il Vescovo, dal quale ha ricevuto il dono del sacerdozio o che comunque è il suo padre e amico, gli è vicino nella preghiera, nell’affetto ed è sempre pronto ad accoglierlo, ascoltarlo, sostenerlo ed incoraggiarlo. Ugualmente non deve mai mancare nella preghiera del Vescovo la supplica per le nuove vocazioni. Esse devono essere chieste con insistenza a Dio, affinché chiami “quelli che egli vuole” per il sacro ministero”.
E’ il munus santificandi dell’ordinazione episcopale che impegna il Vescovo ad essere innanzitutto animatore di preghiera nella società, in tutti gli ambienti. Quanto per animare la preghiera nella società e negli ambienti è stato profeta don Giussani. “Nelle città – ha osservato il Papa – in cui vivete e operate, spesso convulse e rumorose, dove l’uomo corre e si smarrisce, dove si vive come se Dio non esistesse, sappiate creare luoghi ed occasioni di preghiera, dove nel silenzio, nell’ascolto di Dio mediante la lectio divina, nella preghiera personale e comunitaria, l’uomo possa incontrare Dio e fare l’esperienza viva di Gesù Cristo che rivela l’autentico volto del Padre. Non stancatevi di procurare che le parrocchie ed i Santuari, gli ambienti di educazione e di sofferenza, ma anche le famiglie diventino luoghi di comunione con il Signore. In modo particolare vorrei esortarvi a fare della Cattedrale una esemplare casa di preghiera, soprattutto liturgica, dove la comunità diocesana riunita con il suo Vescovo possa lodare e ringraziare Dio per l’opera della salvezza e intercedere per tutti gli uomini. Sant’Ignazio di Antiochia ci ricorda la forza della preghiera comunitaria: “Se la preghiera di uno o di due ha tanta forza, quanto più quella del Vescovo e di tutta la Chiesa”.
Il Papa ha concluso: “…Siate uomini di preghiera!… Nel rivolgervi a Dio per voi stessi e per i vostri fedeli abbiate la fiducia dei figli, l’audacia dell’amico, la perseveranza di Abramo, che fu instancabile nell’intercessione. Come Mosé abbiate le mani alzate verso il cielo, mentre i vostri fedeli combattono la buona battaglia della fede. Come Maria sappiate ogni giorno lodare Dio per la salvezza che egli opera nella Chiesa nel mondo, convinti che nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37).