Il volto cristiano della città
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:

«Nel commento continuato degli Atti degli Apostoli, (Giovanni Crisostomo) propone il modello della Chiesa primitiva (At 4,32-37) come modello per la società, sviluppando un’“utopia” sociale (quasi una “città ideale”). Si trattava infatti di dare un’anima e un volto cristiano alla città. In altre parole, Crisostomo ha capito che non è sufficiente fare, aiutare i poveri di volta in volta, ma è necessario creare una nuova struttura, un nuovo modello di società; un modello basato sulla prospettiva del Nuovo Testamento. E’ la nuova società che si rivela nella Chiesa nascente. Quindi Giovanni Crisostomo diventa realmente così uno dei grandi Padri della Dottrina sociale della Chiesa: la vecchia idea della “polis” greca va sostituita da una nuova idea di città ispirata dalla fede cristiana. Crisostomo sosteneva con Paolo (1 Cor 8,11) il primato del singolo cristiano, di ogni persona in quanto tale, anche dello schiavo e del povero. Il suo progetto corregge così la tradizionale visione greca della “polis”, della città, in cui larghi strati della popolazione erano esclusi dai diritti di cittadinanza, mentre nella città cristiana tutti sono fratelli e sorelle con uguali diritti (queste sono le radici cristiane dell’Europa dell’uguaglianza, della libertà, della fraternità o solidarietà). Il primato di ogni persona è anche conseguenza del fatto che realmente partendo da essa si costruisce la città, mentre nella “polis” greca la patria era al di sopra del singolo, il quale era totalmente subordinato alla città nel suo insieme. Così con Crisostomo comincia la visione di una società costruita dalla coscienza cristiana. Ed egli ci dice che la nostra “polis” è un’altra (Fil 3,20) e questa nostra patria anche in questa terra ci rende tutti uguali, fratelli e sorelle, e ci obbliga alla solidarietà» [Benedetto XVI, Udienza Generale, 26 settembre 2007].
Ecco le comuni sorgenti dell’Europa: non solo la cultura greca, non solo la civiltà romana ma il connubio di Gerusalemme - Atene - Roma - Chiesa e solo la consapevolezza di questa comune ricchezza, diventata su strade diverse patrimonio delle singole società del Continente europeo, può aiutare le generazioni contemporanee a perseverare nel reciproco rispetto dei giusti diritti di ogni nazione e nella pace, non cessando di rendere i servizi necessari al bene comune di tutta l’umanità, addirittura al futuro dell’uomo su tutta la terra.
Da parte dei cattolici, ecumenicamente con tutte le confessioni e in dialogo con tutte le religioni, urge riaffermare che “non agire secondo ragione, non agire con il logos è contrario alla natura di Dio”, con la natura stessa di Dio. Si può affermare tutto questo solo “partendo dall’intima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede”. La possibilità di stabilire una analogia tra Dio e noi è affidata alla ragione e a questa convinzione si è sempre attenuta la fede della Chiesa cattolica: esiste una vera analogia fra lo Spirito creatore e la nostra ragione. Infatti “logos” significa insieme ragione e parola - una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi”. Fin da san Giovanni Crisostomo “L’incontro tra la fede biblica e l’interrogarsi sul piano filosofico del pensiero greco, è un dato di importanza decisiva non solo dal punto di vista della storia delle religioni, ma anche da quello della storia universale - un dato che ci obbliga anche oggi (com’è la direttiva del Concilio). Considerato questo incontro, non è sorprendente che il cristianesimo, nonostante la sua origine e qualche suo sviluppo importante nell’Oriente, abbia infine trovato la sua impronta storicamente decisiva in Europa. Possiamo esprimerlo anche inversamente: questo incontro, al quale si aggiunge successivamente ancora il patrimonio di Roma, ha creato l’Europa e rimane fondamento di ciò che, con ragione, si può chiamare Europa”. “Il coraggio di aprirsi all’ampiezza della ragione, non il rifiuto della sua grandezza - è questo il programma (conciliare) con cui una teologia impegnata nella riflessione sulla fede biblica, entra nella disputa del tempo presente… E’ a questo grande logos, a questa vastità della ragione, che invitiamo nel dialogo delle culture i nostri interlocutori. Ritrovarla noi stessi sempre di nuovo, è il grande compito dell’università”. Per due motivi conciliari il beato Giovanni XXIII proclamò san Giovanni Crisostomo patrono del Concilio Vaticano II. Sia per fare respirare la Chiesa con i due polmoni, due forme di cultura diverse, ma allo stesso tempo complementari: più logica e razionale quella occidentale, più mistica e intuitiva quella ortodossa ed entrambe hanno concorso e concorrono, in forza di tale loro mutua complementarietà, al mantenimento e al rafforzamento dell’unità spirituale e culturale dell’Europa. Sia per purificare la Dottrina sociale da quel rischio ideologico di forma moderata tra liberismo selvaggio e collettivismo stalinista in cui era caduta e rifarsi, come anima e volto cristiano della città, al vissuto fraterno di comunione ecclesiale autorevolmente guidata. Questo il rinnovamento conciliare con un respiro mondiale, profetico dell’attuale globalizzazione.
Benedetto XVI si è rifatto a tutto il vissuto buono, anche se non tranquillo, di san Giovanni Crisostomo, che gli ha fatto capire che non è sufficiente per la carità cristiana fare elemosina, aiutare i poveri di volta in volta, ma è necessario aiutare le coscienze a puntare a una nuova struttura, a un nuovo modello di società, anche se la realizzazione di questo non spetta alla Chiesa ma alla politica. Così diventa uno dei grandi Padri della Dottrina sociale della Chiesa. Meditando sulle otto opere compiute da Dio nella sequenza dei sei giorni nel commento della Genesi, il Crisostomo vuole riportare i fedeli dalla creazione al Creatore (la Ragione): “E’ un gran bene”, dice, “conoscere ciò che è la creatura e ciò che è il Creatore”. Ci mostra la bellezza della creazione e la trasparenza di Dio nella sua creazione, la quale diventa così quasi una “scala” naturale per salire a Dio, per conoscerlo, scala accessibile ad ogni uomo in quanto uomo ragionevole e con il diritto di uno spazio pubblico per credenti e non credenti (patrimonio ellenico comune di Atene per l’Europa). Ma a questo primo passo, anche al servizio di questo, se ne aggiunge un secondo: questo Dio creatore è anche il Dio della condiscendenza (patrimonio ebraico di Gerusalemme per l’Europa). Noi siamo deboli nel “salire”, i nostri occhi sono deboli, anche per la ferita del peccato originale. E così Dio diventa il Dio della condiscendenza, che invia all’uomo caduto e straniero una lettera di amore, la Sacra Scrittura, cosicché creazione e Scrittura (Gerusalemme e Atene) si completano. Nella luce della Scrittura, della lettera che Dio ci ha dato, possiamo decifrare la creazione, cui, pur con tutti gli strumenti teoretici validi, Atene di fatto non è arrivata. Dio, l’Essere tutto in atto fondamento di ogni atto d’essere che viene all’esistenza, si è rivelato “padre tenero”, medico delle anime, madre e amico affettuoso. Ma a questo secondo passo di fede e ragione del percorso storico - prima la creazione come “scala” verso Dio e poi la condiscendenza di Dio, dell’Essere cui è giunto filosoficamente l’interrogarsi greco e cui può giungere ogni ricerca della verità o realtà in tutti gli ambiti, tramite la lettera che ci ha dato, la Sacra Scrittura - si aggiunge un terzo passo. Dio non solo ci trasmette una lettera: in definitiva, scende e parla Lui stesso, si incarna, diventa realmente “Dio con noi” nostro fratello fino alla morte sulla Croce. E a questi tre passi del percorso naturale e storico del popolo di Dio - naturalmente Dio è visibile nella creazione, storicamente Dio dà la sua lettera al Suo Popolo per tutti, il Dio vivente Padre, Figlio e Spirito Santo si dà definitivamente a noi nell’incarnazione, passione, morte, risurrezione, ascensione, invio dello Spirito - si aggiunge alla fine un quarto passo del percorso. All’interno della vita di ogni singolo cristiano che con il Battesimo è un “io, ma non più io” nel noi ecclesiale, anzi di ogni persona concreta con la quale incarnato in qualche modo si è unito, il principio vitale divinizzante e dinamico è lo Spirito Santo, lo Spirito del Risorto che ci fa figli nel Figlio nella Chiesa per tutti, che trasforma la realtà del mondo. Dio entra nella stessa esistenza di ogni io umano tramite lo Spirito santo e ci trasforma dall’interno del nostro cuore, rendendoci liberi, fratelli, uguali, solidali. Ecco il primato di ogni singolo cristiano nel noi della comunità ecclesiale, anzi, nella politica, di ogni persona concreta in quanto tale, anche dello schiavo e del povero. La Dottrina sociale, come è nata ed emersa dal vissuto fraterno di comunione ecclesiale fin dagli inizi, libera e solidale, corregge la visione greca e romana della “polis”, della città, in cui larghi strati della popolazione erano esclusi dai diritti di cittadinanza, mentre nella città cristiana tutti sono fratelli e sorelle con uguali diritti, con una attenzione particolare ai più deboli. A questo si rifà originariamente la stessa democrazia moderna di Kant con al centro, sempre fine e mai riduttivamente mezzo per altri o per altro, la persona. Ecco la cultura cristiana, ecco l’Europa, la civiltà occidentale cui tutto il mondo idealmente tende.
Strumenti di comprensione e missione di un vissuto ecclesiale di comunione che accade continuamente nell’avvenimento dell’incontro con la Presenza, la Persona di Gesù Cristo risorto che dà alla vita un nuovo orizzonte libero e fraterno e con ciò la direzione decisiva sono il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica e il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa.