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Ha ancora senso parlare degli Angeli?

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Gli angeli sono creature che stanno davanti a Dio e portano Dio agli uomini

«Che cosa è un angelo? La Sacra Scrittura e la tradizione della Chiesa ci lasciano scorgere due aspetti. Da una parte l’angelo è una creatura che sta davanti a Dio, orientata con l’intero suo essere verso Dio. Tutti e tre i nomi degli arcangeli (Michele, Gabriele e Raffaele) finiscono con la parola “El”, che significa “Dio”. Dio è iscritto nei loro nomi, nella loro natura. La loro vera natura è l’esistenza in vista di Lui e per Lui.
Proprio ciò spiega il secondo aspetto che caratterizza gli angeli: essi sono messaggeri di Dio. Portano Dio agli uomini, aprono il cielo e così aprono la terra. Proprio perché sono presso Dio, possono essere anche molto vicini all’uomo. Dio, infatti, è più intimo a ciascuno di noi di quanto non lo siamo noi stessi. Gli angeli parlano all’uomo di ciò che costituisce il suo vero essere, di ciò che nella sua vita tanto spesso è coperto e sepolto. Essi lo chiamano a rientrare in se stesso, toccandolo da parte di Dio. In questo senso anche noi esseri umani dovremmo sempre di nuovo essere angeli gli uni per gli altri - angeli che ci distolgono da vie sbagliate e ci orientano sempre di nuovo verso Dio.
Se la Chiesa antica chiama i vescovi “angeli” della loro Chiesa, intende dire proprio questo: i vescovi stessi devono essere uomini di Dio, devono vivere orientati a Dio. “Prega molto per il popolo”, dice il Breviario della Chiesa a proposito dei santi vescovi. Il Vescovo deve essere un orante, uno che intercede per gli uomini presso Dio. Più lo fa, più comprende anche le persone che gli sono affidate e può diventare per loro un angelo - un messaggero di Dio, che le aiuta a trovare la loro vera natura, se stesse, e a vivere l’idea che Dio ha di loro» [Benedetto XVI, Omelia per l’ordinazione di sei Vescovi, 29 settembre 2007].

L’Antico Testamento dice dell’angelo del popolo d’Israele: “Prestagli attenzione e ascolta la sua voce”; cioè: io devo farmi attento e sensibile a questa creatura divina che mi abbraccia e guida e non devo contrapporle ostinatamente i miei desideri e miei umori del momento. Oggi siamo diventati suscettibili di alterazione e manipolazione ad opera di noi stessi e rischiamo di non credere più a nessun’altra raffigurazione della nostra vita, se non a quella che ci siamo costruiti con le nostre proprie mani. In questo modo, noi contemporanei finiamo per diventare un marchingegno teatrale dentro un universo dominato dalla tecnica. Parlare degli “angeli”, delle creature che stanno davanti a Dio, orientate con l’intero loro essere verso Dio, che portano Dio agli uomini, che aprono il cielo alla terra e la terra al cielo, significa essere convinti che tutti e tutto sono dono di Dio nel loro essere, che il mondo è dappertutto colmato dalla divina provvidenza di Dio: e che questa presenza si rivolge a ciascun individuo, lo protegge e lo custodisce, a ciascuno di noi come potenza che ci chiama e ci protegge. Tutto ciò diventa più chiaro se guardiamo le figure di tre arcangeli di cui la Chiesa celebra la festa il 29 settembre.

L’Arcangelo Michele
C’è innanzitutto Michele. Lo incontriamo nella Sacra Scrittura soprattutto nel Libro di Daniele, nella Lettera dell’Apostolo san Giuda Taddeo e nell’Apocalisse. Di questo arcangelo si rendono evidenti due funzioni.
Egli difende la causa dell’unicità dell’essere divino tutto in atto a fondamento di tutto quello che viene all’esistenza, del Dio vivente, Padre, Figlio, Spirito Santo contro la presunzione del drago, del “serpente antico”, come dice Giovanni, di Lucifero, il più bello delle creature angeliche creato buono e divenuto definitivamente cattivo per la sua scelta irrevocabile, senza possibilità di pentimento come dopo la morte per noi. E’ il continuo tentativo, fin dalle origini, di far credere agli uomini che Dio deve scomparire, affinché essi possano diventare grandi; che Dio ci ostacola nella nostra libertà e che perciò noi dobbiamo sbarazzarci di Lui. Anche oggi esiste ed opera il dragone, Lucifero, Satana, il Maligno in modi nuovi. Agisce attraverso ideologie materialiste che insinuano: è assurdo pensare a Dio; è assurdo osservare i comandamenti di Dio; è cosa di un tempo passato. Vale soltanto vivere la vita per sé. Prender in questo breve momento della vita tutto quanto ci è possibile prendere. Vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento. Questa è la vita. Così dobbiamo vivere: la più grave delle opere menzognere di Satana, l’opposto di Michele, sta nell’indurre l’uomo a disobbedire a Dio. E di nuovo come ai tempi da Nerone a Domiziano, del nazismo, della dittatura di Stalin, sembra assurdo, impossibile opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la sua fora mediatica, propagandistica. Sembra impossibile ancora pensare a un Dio che ha creato l’uomo e che si è fatto bambino, presente risorto nella Sua Chiesa e che sarebbe il vero dominatore del mondo, il centro della storia. Anche adesso questo dragone appare invincibile, ma anche adesso resta vero che Dio è più forte, più forte l’arcangelo san Miche del dragone, che il Figlio di Dio si è dato definitivamente a noi per distruggere le opere del diavolo (1 Gv 3,8) cioè che l’amore, poiché Dio è amore, vince e non l’egoismo.
Ma il drago non accusa solo Dio. L’Apocalisse lo chiama anche “l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusa davanti a Dio giorno e notte” (12,10), come se un peccato, mille peccati potessero definire per sempre un essere umano concreto, uno spirito corporeo prima del momento terminale di questo vita: comunque ridotti siamo sempre amati da Dio, con la possibilità di riconoscere la colpa, pentirci, lasciarci riconciliare, ricreare diversamente dai puri spiriti, dagli angeli che nell’atto della ribellione la loro scelta di puri spiriti è irrevocabile, si sono definiti per l’eternità. Non è un difetto dell’infinita bontà di Dio che non li perdona, sono loro che non possono essere perdonati. Chi accantona Dio Padre in Cristo per mezzo dello Spirito, Dio Padre che vuole tutti salvi nel proprio e altrui essere dono, perdono, non rende grande ogni uomo concreto, ma gli toglie sia dignità di figlio nel Figlio, sia di un tentare e ritentare come spirito corporeo, pur non riuscendo con la fiducia che Dio in Cristo porterà a compimento. Allora l’uomo giunge a pensarsi un prodotto mal riuscito dell’evoluzione. Chi accusa Dio, chi perde la fiducia in Dio, accusa anche l’uomo, perde la fiducia nell’uomo che sbaglia. La fede in Dio difende ogni uomo in tutte le sue debolezze ed insufficienze: il fulgore di Dio che ama con un amore senza limiti, fino al perdono risplende su ogni singolo. E’ compito soprattutto del Vescovo, in quanto uomo di Dio, Angelo di Dio, far spazio a Dio nel mondo contro tutte le negazioni e difendere così la grandezza di ogni uomo, le possibilità del peccatore mai definito fino al momento terminale della vita, dai peccati, dalle colpe, dai delitti che commette. E che cosa si potrebbe dire e pensare di più grande per ogni uomo nel suo essere dono, perdono, del fatto che Dio con l’incarnazione si è fatto uomo, unendosi in qualche modo con ogni uomo, per distruggere le opere del diavolo cioè di chi si mette per traverso? Satana tenta di far perdere questa fede, questa fiducia, questo amore per i peccatori. Michele di conservarla sempre.
L’altra funzione di Michele, secondo la Scrittura, è quella di protettore del popolo di Dio (Dn 10,21; 12,1). “Cari amici - ha detto il Papa ai nuovi Vescovi -, siate veramente “angeli custodi” delle Chiese che vi saranno affidate! Aiutate il Popolo di Dio, che dovete precedere nel suo pellegrinaggio, a trovare la gioia nella fede e ad imparare il discernimento degli spiriti: ad accogliere il bene e rifiutare il male, a rimanere e diventare sempre di più, in virtù della speranza della fede, persone che amano in comunione con il Dio - Amore”.

L’Arcangelo Gabriele
Incontriamo l’arcangelo Gabriele soprattutto nel prezioso racconto dell’annuncio a Maria dell’incarnazione di Dio, come ce lo riferisce san Luca (1,26-38). Gabriele è il messaggero del darsi definitivo del Dio vivente, Padre, Figlio, Spirito Santo nell’incarnazione del Figlio. Egli bussa alla porta di Maria e, per suo tramite, Dio stesso chiede a Maria il suo “sì” alla proposta di diventare Madre del Redentore: di dare la carne umana al Verbo eterno di Dio, al Figlio di Dio. Ripetutamente il Signore bussa alle porte di ogni cuore umano. Nell’Apocalisse dice all’“angelo” della Chiesa di Laodicea e, attraverso di lui, agli uomini di tutti i tempi: “Ecco, sto alla porta a busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e ami apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (3,20). Il Signore sta alla porta - alla porta del mondo e alla porta di ogni singolo cuore. Egli bussa per essere fatto entrare: l’incarnazione di Dio, il suo farsi carne, via umana alla Verità e alla Vita deve continuare fino alla fine dei tempi. Tutti devono essere riuniti in Cristo in un solo corpo: questo ci dicono i grandi inni su Cristo nella Lettera agli Efesini e in quella ai Colossesi. Cristo bussa per l’incontro. E’ nella “logica sacramentale dell’incarnazione” che si ha una intelligenza profonda del Mistero della Chiesa, senza la quale la presenza e l’incontro del Signore risorto si riduce ad un essere ideale e non reale, incapace di salvarci. Esiste una profonda correlazione fra il mistero dell’Incarnazione (il memoriale dell’annuncio a Maria è ricordo e presenza) e il mistero della Chiesa. Il Vaticano II ricorda: “come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a Lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del Corpo” (LG 8,1). Anche oggi Egli ha bisogno di persone che, per così dire, gli mettono a disposizione la propria carne, che gli donano la materia del mondo e della loro vita, servendo così all’unificazione tra Dio e il mondo, alla riconciliazione dell’universo e collaborare alla funzione di Gabriele: portare la chiamata di Cristo agli uomini perché si incontrino con Lui, crocefisso e risorto, dando alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.

L’Arcangelo Raffaele
San Raffaele ci viene presentato soprattutto nel Libro di Tobia come l’angelo a cui è affidata la mansione di guarire. Quando Gesù invia i suoi discepoli in missione, al compito dell’annuncio del Vangelo viene sempre collegato anche quello di guarire. Ogni malattia psichica e fisica ha origine anche da una responsabilità morale. Il buon Samaritano, accogliendo e guarendo la persona ferita giacente al margine della strada, diventa senza parole un testimone dell’amore di Dio. Quest’uomo ferito, bisognoso di essere guarito, siamo tutti noi. Annunciare il Vangelo, essere perdonati dei propri peccati significa di per sé guarire non solo nell’anima ma anche psichicamente e fisicamente, perché ogni io umano è un’unità e necessita soprattutto della verità e dell’amore. Dell’arcangelo Raffaele si riferiscono nel Libro di Tobia due compiti emblematici di guarigione. Egli guarisce la comunione disturbata tra uomo e donna. Guarisce il loro amore. Scaccia i demoni che, sempre di nuovo, stracciano e distruggono il loro amore. Purifica l’atmosfera tra i due e dona loro la capacità di accogliersi a vicenda per sempre. Nel racconto di Tobia questa guarigione reale, storica, viene riferita con immagini leggendarie. Nel Nuovo testamento, l’ordine del matrimonio, stabilito nella creazione e minacciato in modo molteplice dal peccato, viene guarito dal fatto che Cristo lo accoglie nel suo amore redentore. Egli fa del matrimonio un sacramento: il suo amore, salito per noi sulla croce, è la forza risanatrice che, in tutte le confusioni, dona la capacità di riconciliazione, purifica l’atmosfera e guarisce le ferite. Al sacerdote è affidato il compito di condurre gli uomini sempre di nuovo incontro alla forza riconciliatrice dell’amore di Cristo. Deve essere “l’angelo” risanatore che li aiuta ad ancorare il loro amore al sacramento e a viverlo con impegno sempre rinnovato a partire da esso. In secondo luogo, il Libro di Tobia parla della guarigione fisica degli occhi ciechi. Sappiamo tutti quanto oggi il Dragone, Satana minaccia Raffaele per far diventare l’unità dell’io umano cieco per Dio. Quanto è terribile l’attuale dittatura per la donna con il bambino, per la Chiesa, quanto grande è il pericolo che, di fronte a tutto ciò che sulle cose materiali sappiamo e con esso siamo in grado di fare, diventiamo ciechi per la luce di Dio. Guarire questa cecità mediante il messaggio della fede e la testimonianza dell’amore, è il servizio di Raffaele affidato giorno per giorno al sacerdote e in modo speciale al vescovo. “Così - ha concluso l’Omelia ai nuovi Vescovi il Papa -, spontaneamente siamo portati a pensare anche al sacramento della Riconciliazione, al sacramento della Penitenza che, nel senso più profondo della parola, è un sacramento di guarigione. La vera ferita dell’anima, il motivo di tutte le altre nostre ferite (fisiche e psichiche), è il peccato. E solo se esiste un perdono in virtù della potenza di Dio, in virtù dell’amore di Cristo, possiamo essere guariti, possiamo essere redenti”. E Raffaele è una creatura che sta davanti a Dio come medicina per gli uomini.

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