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Obiezione di coscienza? Sì, grazie

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Obiezione di coscienza, un diritto che deve essere riconosciuto anche ai farmacisti

«Lo sviluppo attuale dell’arsenale di medicine e delle possibilità terapeutiche che ne derivano comporta che i farmacisti riflettano sulle funzioni sempre più ampie che sono chiamati a svolgere, in particolare quali intermediari fra il medico e il paziente. Essi hanno un ruolo educativo verso i pazienti per un uso corretto dell’assunzione dei farmaci e soprattutto per far conoscere le implicazioni etiche dell’utilizzazione di alcuni farmaci. In questo ambito, non è possibile anestetizzare le coscienze, ad esempio sugli effetti di molecole che hanno come fine quello di evitare l’annidamento di un embrione o di abbreviare la vita di una persona. Il farmacista deve invitare ognuno a un sussulto di umanità, affinché ogni essere sia tutelato dal suo concepimento fino alla morte naturale e i farmaci svolgano veramente il loro ruolo terapeutico. D’altro canto, nessuna persona può essere utilizzata, in modo sconsiderato, come oggetto, per compiere esperimenti terapeutici; Questi si devono svolgere secondo i protocolli rispettando le norme etiche fondamentali. Qualsiasi cura o sperimentazione deve avere come prospettiva un eventuale miglioramento della persona, e non solo la ricerca di avanzamenti scientifici. Il perseguimento di un bene per l’umanità non può avvenire a detrimento del bene dei pazienti. Nell’ambito morale, la vostra federazione è invitata ad affrontare la questione dell’obiezione di coscienza, che è un diritto che deve essere riconosciuto alla vostra professione, permettendovi di non collaborare, direttamente o indirettamente, alla fornitura di prodotti aventi come fine scelte chiaramente immorali, come ad esempio l’aborto e l’eutanasia» [Benedetto XVI ai Farmacisti Cattolici, 29 ottobre 2007].

Urge, come esiste per i medici, elaborare una legge che riconosca anche per i farmacisti il diritto all’obiezione di coscienza, consentendo loro di non collaborare, direttamente o indirettamente, alla fornitura di medicinali che hanno finalità immorali, non certo terapeutiche, quali l’aborto e l’eutanasia.
Urge ugualmente che le diverse strutture farmaceutiche, i laboratori e i centri ospedalieri abbiano la preoccupazione della solidarietà in ambito terapeutico, per permettere un accesso alle cure e ai farmaci di prima necessità a tutti gli strati della popolazione, in tutti i Paesi.
Qualsiasi ricerca o sperimentazione deve avere come prospettiva un eventuale miglioramento del benessere della persona, non solo quindi gli eventuali avanzamenti scientifici. Occorre vigilare sui rischi di una sperimentazione incontrollata: nessuna persona può essere utilizzata in maniera sconsiderata come un oggetto per realizzare sperimentazioni terapeutiche che devono svilupparsi secondo protocolli rispettosi della norme etiche fondamentali cioè ogni persona soprattutto fine e mai riduttivamente strumento per altri o per altro.
Il Papa è quindi passato a trattare della missione dei farmacisti nel loro ruolo di intermediari tra medici e pazienti collaborando a far conoscere le implicazioni etiche dell’uso di alcuni farmaci. Non è possibile anestetizzare le coscienze, per esempio, circa gli effetti di molecole che hanno lo scopo di evitare l’annidamento di un embrione, che è inizio di vita, o cancellare la vita anche di una persona. Chiaro, anche senza nominarla, il riferimento alla cosiddetta “pillola del giorno dopo”, alla “norlevo”, che appunto impedisce l’annidamento di un eventuale ovulo fecondato ( da non confondere con la RU486, farmaco abortivo in tutti i sensi). La RU 486 introduce un farmaco che in qualche modo nasconde la gravità dell’aborto come scelta contro la vita.
Deontologicamente e per legge i farmacisti devono garantire i farmaci che svolgano veramente il loro ruolo terapeutico. RU 486,il Norlevo o il Levonelle ( i due prodotti più commercializzati) che hanno lo scopo abortivo o di impedire l’annidamento di un embrione o di abbreviare una vita umana e quindi uno scopo chiaramente immorale, sono terapeutici? Sono normali contraccettivi?. Ecco perché urge una legge che riconosca anche per i farmacisti il diritto all’obiezione di coscienza.
Ai farmacisti cattolici il Papa affida il compito di riaffermare la centralità di ogni essere umano concreto nel campo della scienza biomedica e non ridurlo a un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. Come farmacisti cattolici, non possono non trasmettere ai giovani che entrano nelle differenti professioni farmaceutiche la consapevolezza di dover sempre riflettere sulle implicazioni etiche sempre più delicate della loro attività e delle loro decisioni. Già il giuramento di Ippocrate impegnava a non somministrare farmaci non terapeutici o abortivi.
Il Papa ha concluso che non soltanto i farmacisti ma tutti i professionisti cattolici nel mondo sanitario, come tutti gli uomini di buona volontà, si mobilitino per orientare, in questo senso, l’approfondimento di quanti svolgono la professione sanitaria.

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