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Uomo - donna, l’umano nella sua interezza

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Rilievo in terra cotta dei Della Robbia, Dio crea Eva dalla costola di Adamo dormiente


«Occorre certamente una rinnovata ricerca antropologica che, sulla base della grande tradizione cristiana, incorpori i nuovi progressi della scienza e il dato delle odierne sensibilità culturali, contribuendo in tal modo ad approfondire non solo l’identità femminile ma anche quella maschile, essa pure oggetto non raramente di riflessioni parziali e ideologiche.
Di fronte a correnti culturali e politiche che cercano di eliminare, o almeno di offuscare e confondere, le differenze sessuali iscritte nella natura umana considerandole una costruzione culturale, è necessario richiamare il disegno di Dio che ha creato l’essere umano maschio e femmina, con una unità e allo stesso tempo una differenza originaria e complementare. La natura umana e la dimensione culturale si integrano in un processo ampio e complesso che costituisce la formazione della propria identità, dove entrambe le dimensioni, quella femminile e quella maschile, si corrispondono e si completano» [Benedetto XVI, nel ventesimo anniversario della “Mulieris dignitatem, 9 febbraio 2008].

Il pensiero greco ha interpretato i molti esseri singoli, anche i singoli esseri umani, sempre e unicamente come individui per cui l’essere autentico sarebbe l’uno e universale. Il cristiano, invece alla luce del Dio Uno e Trino con un nuovo modo di comprendere chi sia Dio e chi sia l’uomo, vede in ogni essere umano concreto non un individuo, bensì una persona e l’essenza di ogni io persona è la relazione corpo - anima, uomo - donna, io comunità. Se è vero che ogni persona, nel suo essere dono unico e irripetibile, nella sua costitutiva relazione di uomo - donna, è una realtà originaria e non solo secondaria, che c’è un primato del particolare sull’universale, vuol dire che l’unità non è l’elemento unico e definitivo e quindi si va oltre l’idea di un Dio che è pura unità e conduce alla fede sia nel Dio uno e trino, sia all’uomo -donna, fatti ad immagine e somiglianza della comunione trinitaria nell’uguaglianza in dignità e l’unità dei due, nella radicata e profonda diversità tra il maschile e il femminile e la loro vocazione alla reciprocità e alla complementarietà, alla collaborazione e alla comunione. Questa unità - duale dell’uomo e della donna si basa appunto sul fondamento della dignità di ogni persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio, il quale “maschio e femmina li creò” (Gn 1,27), evitando tanto una uniformità indistinta e una uguaglianza appiattita e impoverente quanto una differenza abissale e conflittuale. Questa unità duale porta con sé, iscritta nei corpi e nelle anime, la relazione con l’altro, l’amore per l’altro, la comunione inter - personale che indica che nella creazione dell’uomo è stata iscritta anche una certa somiglianza della comunione divina. Quando, pertanto, l’uomo e la donna pretendono di essere autonomi e totalmente auto - sufficienti, rischiano di rinchiudersi in un’auto - realizzazione che considera come conquista di libertà il superamento di ogni vincolo naturale, sociale o religioso, ma che di fatto li riduce a una solitudine opprimente, a un’ auto dissoluzione del proprio essere, della verità del proprio e altrui essere dono del Donatore divino, della capacità di amare e di essere amati e quindi già inferno, eternamente soli. E’ questa la novità cristiana nella transizione dall’antichità al cristianesimo, alla cultura cristiana europea e occidentale che riconosce e proclama l’uguale dignità e responsabilità della donna rispetto all’uomo, dal platonismo idealistico alla fede nell’unità corpo - anima e quindi uomo - donna, io - comunità.
Il rapporto uomo - donna nella rispettiva specificità, reciprocità, e complementarietà costituisce un punto centrale della “questione antropologica” così decisiva nella cultura contemporanea.

Riconoscere alla donna, nel diritto e nella realtà, la dignità che le compete fuori dalle ideologie della conflittualità o del genere
Nel momento attuale si stanno manifestando non pochi fenomeni assai preoccupanti, sintomi certi della grave crisi che affligge il cosiddetto mondo post - moderno. Emergono soprattutto due tendenze dominanti nell’affrontare la questione femminile in rapporto a luoghi e culture dove la donna viene discriminata o sottovalutata per il solo fatto di essere donna, dove si fa ricorso persino ad argomenti religiosi e a pressioni familiari, sociali e culturali per sostenere la disparità dei sessi, dove si consumano atti di violenza nei confronti della donna rendendola oggetto di maltrattamenti e di sfruttamento nella pubblicità e nell’industria del consumo e del divertimento. Una prima tendenza vorrebbe difendere l’identità femminile facendo della donna l’antagonista e la rivale dell’uomo, spingendola a intraprendere la strada della lotta per il potere. La seconda tendenza, al contrario, è mossa dall’intento di cancellare ogni differenza, concepita esclusivamente come il risultato di condizionamenti socio - culturali. Pertanto la differenza corporea nella definizione dell’identità sessuale platonicamente, idealisticamente, non avrebbe alcun significato. Si tratta della cosiddetta ideologia del genere, secondo la quale ognuno è libero di scegliere arbitrariamente la propria identità sessuale, a prescindere dalle evidenze biologiche.
Si vanno quindi diffondendo identità maschili e femminili “liquide”, estremamente confuse, puntuali manifestazioni della “modernità liquida”, nichilista, relativista, una modernità, cioè, priva di punti fermi di riferimento, di valori condivisi, che pretende sostituire la verità con la pluralità delle opinioni, lasciando ogni discrezione alla soggettività contraddittoria delle scelte individuali, al predominio del desiderio sulla regia della ragione. E questa, attraverso una potente azione mediatica, sta diventando una “dittatura del relativismo” che minaccia particolarmente la figura della madre e del padre, e in conseguenza, l’istituzione del matrimonio eterosessuale e la famiglia biparentale, spalancando la porta all’avvento di una società asessuata, senza uomini e senza donne e quindi senza amore, senza eros e quindi senza agape. Queste che sembrano ipotesi fantascientifiche sono già nuovi paradigmi culturali ed è ormai molto avanzata, pur con la posizione veramente profetica dell’Humanae vitae di Paolo VI, una rivoluzione culturale che cerca di “decostruire” tutto ciò che è dato, in primo luogo la persona umana stessa - in quanto uomo - donna -promovendo i nuovi paradigmi in tutti i settori della vita sociale, per “costruire” così non solo un “nuovo ordine mondiale”, ma anche un “uomo nuovo”, decisamente in antitesi all’antropologia scaturita dalla tradizione giudeo - cristiana. Per evangelizzare occorre, oggi, affrontare la “grande battaglia” in corso per la persona umana costituita originariamente, naturalmente, cioè per creazione, di corpo - anima, uomo - donna, io - comunità e per la sua dignità si combatte proprio intorno alla donna, al concetto di femminilità. La sfida oggi più impegnativa è una sfida antropologica: a essa la chiesa - “esperta in umanità, come l’ha definita Paolo VI, e “buona samaritana”, secondo la definizione di Giovanni Paolo II -è chiamata a dare la sua testimonianza di fede rendendone ragione. Occorre con grande forza rilevare puntualmente tutti gli abusi, le ingiustizie, l’emarginazione delle donne nei diversi contesti sociali e culturali, nonché la pericolosità dei nuovi paradigmi, non ultima causa dell’attuale emergenza educativa, come quello del “gender o ideologia del genere”. Un compito, come ci testimonia Benedetto XVI, da svolgere con lo stile e il linguaggio e il metodo del Vangelo, senza lasciarci condizionare dai diktat di modelli mondani provvisoriamente vincenti. “Oggi - ha affermato il Cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, che ha organizzato il Convegno Internazionale “Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza” nel 20° anniversario della Lettera apostolica “Mulieris dignitatem” - il Signore esige dai suoi discepoli che vadano coraggiosamente contro - corrente rispetto al pensiero ‘politicamente corretto’, senza compromessi di inferiorità”.
Dinnanzi a fenomeni così gravi e persistenti ancor più urgente appare l’impegno dei cristiani perché diventino dovunque promotori di una cultura che riconosca alla donna, nel diritto e nella realtà dei fatti la dignità che le compete e Benedetto XVI dà la sua direttiva: “Dio affida alla donna e all’uomo, secondo proprie peculiarità, una specifica vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo. Penso qui alla famiglia, comunità di amore aperto alla vita, cellula fondamentale della società. In essa la donna e l’uomo, grazie al dono della maternità e della paternità, svolgono insieme un ruolo insostituibile nei confronti della vita. Sin dal loro concepimento i figli hanno il diritto di poter contare sul padre e sulla madre che si prendano cura di loro e li accompagnino nella loro crescita. Lo Stato, da parte sua, deve appoggiare con adeguate politiche sociali tutto ciò che promuove la stabilità e l’unità del matrimonio, la dignità e la responsabilità dei coniugi, il loro diritto e compito insostituibile di educatori dei figli. Inoltre, è necessario che anche alla donna sia reso possibile collaborare alla costruzione della società, valorizzando il suo tipico “genio femminile”.

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