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Nella confessione, la tenerezza di Dio

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Nel cuore della celebrazione sacramentale non sta il peccato, ma la misericordia di Dio, che è infinitamente più grande di ogni nostra colpa

«…a chi molto ama, Iddio tutto perdona. Chi confida in se stesso e nei propri meriti è come accecato dal suo io e il suo cuore si indurisce nel peccato. Chi invece si riconosce debole e peccatore si affida a Dio e da Lui ottiene grazia e perdono. E’ proprio questo il messaggio che occorre trasmettere: ciò che più conta è far comprendere che nel sacramento della Riconciliazione, qualsiasi peccato si sia commesso, se lo si riconosce umilmente e ci si accosta fiduciosi al sacerdote confessore, si esperimenta sempre la gioia pacificatrice del perdono di Dio. (Occorre) mirare a preparare confessori ben formati dal punto di vista dottrinale e capaci di far esperimentare ai penitenti l’amore misericordioso del Padre celeste. Non è forse vero che oggi si assiste ad una certa disaffezione nei confronti di questo Sacramento? Quando si insiste solo sull’accusa dei peccati, che pure deve esserci e occorre aiutare i fedeli a comprenderne l’importanza, si rischia di relegare in secondo piano ciò che è centrale, e cioè l’incontro personale con Dio Padre di bontà e di misericordia. Nel cuore della celebrazione sacramentale non sta il peccato, ma la misericordia di Dio, che è infinitamente più grande di ogni nostra colpa» [Benedetto XVI ai Partecipanti al Corso annuale promosso dalla Penitenzieria Apostolica, 7 marzo 2008].

Il Papa invita Pastori, e specialmente confessori, a porre in evidenza il legame stretto che esiste tra il sacramento della Riconciliazione e un’esistenza orientata decisamente alla conversione cioè ad una vita tesa a lasciarsi assimilare a Cristo, a ricevere in dono un modo divino di amare fino al perdono. E’ questa l’anima del percorso quaresimale di conversione al Vangelo e accostandosi frequentemente al sacramento della Riconciliazione resta vivo nel credente che l’avvenimento di ogni incontro con la Persona di Gesù Cristo cioè dell’esser cristiani, dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva cioè converte. Se viene meno quest’anelito incessante, la celebrazione del Sacramento rischia purtroppo di diventare qualche cosa di formale che non incide nel tessuto della vita quotidiana. E ‘altra parte, se, pur essendo animati dal desiderio di lasciarsi assimilare a Cristo per amare in modo divino, fino al perdono, e non ci si confessa regolarmente, si rischia a poco a poco di rallentare il ritmo spirituale sino ad indebolirlo sempre di più e forse anche a spegnerlo. Occorre far esperimentare a chi si confessa quella tenerezza divina verso i peccatori pentiti che tanti episodi evangelici mostrano con accenti di intensa commozione. E il Papa ha preso ad esempio la pagina famosa del Vangelo di Luca che presenta la peccatrice perdonata (Lc 7,36-50), facendo cogliere l’eloquente messaggio che traspare dal brano evangelico: a chi molto ama, Iddio tutto perdona.

Il sacramento della Penitenza nella nostra epoca
Situando l’amministrazione di questo Sacramento nella nostra epoca, il Papa ha rilevato che purtroppo va sempre più smarrendo il senso del peccato. Siamo oggi immersi in una cultura che favorisce un atteggiamento superficiale a livello morale ed etico. Il mondo contemporaneo è pieno di dissonanze e contraddizioni cognitive già rilevate al Concilio nella Gaudium et spes (4-10): vediamo un’umanità che vorrebbe confidare solo in se stessa in modo autosufficiente, dove non pochi ritengono quasi di poter fare a meno di Dio per vivere bene; eppure, quanti sembrano tristemente condannati ad affrontare drammatiche situazioni di vuoto esistenziale, quanta violenza c’è ancora sulla terra, quanta solitudine pesa sull’uomo dell’era della comunicazione! Oggi sembra che si sia smarrito il senso del peccato, ma in compenso sono aumentati i “complessi di colpa” scivolando sempre più verso la psicoterapia e la psicoanalisi come se i compiti e le possibilità di queste scienze umane, pur benefiche, fossero sufficienti. Chi può ricreare il cuore di chi è accecato dal proprio io, indurito nella propria trasgressione programmata se non Colui che lasciandosi uccidere in Croce per amore e risorgendo ha sconfitto per sempre la potenza del male con l’onnipotenza della sua misericordia, che è infinitamente più grande di ogni colpa? Come ricordava san Paolo ai cristiani di Efeso, “Dio, ricco di misericordia per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatto rivivere con Cristo (Ef 2,4). Per il Papa la santità o modo divino di amare da pastori, da confessori è principalmente questo: portare ogni persona a fare l’esperienza dell’amore di Cristo, incontrandolo vivo sulla strada della propria vita come Paolo lo incontrò sulla via di Damasco. Conosciamo l’appassionata dichiarazione del persecutore della Chiesa e quindi di Cristo convertito in Apostolo delle genti dopo quell’incontro con la Persona viva di Gesù Cristo risorto che ne cambiò, convertì la vita, dando un nuovo orizzonte e la direzione decisiva: “mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Questa è la sua esperienza personale sulla via di Damasco: il Signore Gesù ha amato fino al perdono Paolo e ha dato una nuova vita a lui che inviterà tutti a lasciarsi riconciliare con Dio. Ma è ciò che avviene, che accade in ogni confessione perché questa è anche la nostra strada di battezzati finché il peccato ritorna, la nostra via di Damasco, la nostra ordinaria esperienza cristiana: la Persona viva di Gesù Cristo mi ama fino al perdono, dandomi la possibilità di tentare e ritentare con fiducia, senza stancarmi mai. E se mi troverà al momento terminale della vita lì a tentare e ritentare, lasciandomi continuamente riconciliare con la confessione, senza risultai allettanti e con ancora molta sporcizia, Lui porterà a compimento attraverso il fuoco doloroso del suo amore nella purificazione ultraterrena.

Dispensatori della misericordia divina
Il Papa ha insistito che il confessore, ministro del sacramento ecclesiale della Riconciliazione, senta come suo modo divino di amare pastoralmente, come scopo della sua vita o santità, di far trasparire, nelle parole e negli atteggiamenti, l’amore misericordioso di Dio nel modo di accostare il penitente. Come traspare dal brano evangelico della peccatrice pentita, accoglie il peccatore pentito, lo aiuta a risollevarsi dal peccato, lo incoraggia ad emendarsi tentando e ritentando di non venire mai a patti con il male, ma riprendendo sempre il cammino verso la perfezione evangelica.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica punta alto in tale esigenza, quando afferma: “Il Confessore (…) deve avere una provata conoscenza del comportamento cristiano, l’esperienza delle realtà umane, il rispetto e la delicatezza nei confronti di colui che è caduto; deve amare la verità, essere fedele al magistero della Chiesa e la piena maturità. Deve pregare per lui, affidandolo alla misericordia del Signore” (n. 1466).
Certo per portare a compimento questa importante missione, interiormente sempre unito al Signore, il sacerdote non può non mantenersi fedele al magistero della Chiesa per quanto concerne la dottrina morale, cosciente che la legge del bene e del male non è determinata dalle situazioni, ma da Dio.
“Cari fratelli - ha concluso il Papa -, non è difficile comprendere il valore che ha nella Chiesa il vostro ministero di dispensatori della misericordia divina per la salvezza delle anime. Seguite ed imitate l’esempio di tanti santi confessori, che, per il loro intuito spirituale, aiutavano i penitenti e rendersi conto che la celebrazione regolare del sacramento della Penitenza e la vita cristiana tesa alla santità sono componenti inscindibili d’uno stesso itinerario spirituale per ogni battezzato. E non dimenticate di essere voi stessi esempi di autentica vita cristiana. La Vergine Maria, Madre di misericordia e di speranza, aiuti voi qui presenti, e tutti i confessori a svolgere con zelo e gioia questo grande servizio da cui dipende così intensamente la vita della Chiesa. Io vi assicuro un ricordo nella preghiera e con affetto vi benedico”.

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