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“Etsi Deus non daretur”

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Cristo nel cuore delle culture, perché Egli è la luce che illumina la ragione, l’uomo e il mondo

«La secolarizzazione, che spesso si muta in secolarismo abbandonando l’accezione positiva di secolarità, mette a dura prova la vita cristiana dei fedeli e dei pastori… occorre interpretarla e trasformarla in una sfida provvidenziale così da proporre risposte convincenti ai quesiti e alle speranze dell’uomo, nostro contemporaneo.
…La secolarizzazione, che si presenta nelle culture come impostazione del mondo e dell’umanità senza riferimento alla Trascendenza, invade ogni aspetto della vita quotidiana e sviluppa una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana. Questa secolarizzazione non è soltanto una minaccia esterna per i credenti, ma si manifesta in seno alla Chiesa stessa. Snatura dall’interno e in profondità la fede cristiana e, di conseguenza, lo stile di vita e il comportamento quotidiano dei credenti. Essi vivono nel mondo e sono spesso segnati, se non condizionati, dalla cultura dell’immagine che impone modelli e impulsi contraddittori, nella negazione pratica di Dio: non c’è più bisogno di Dio, di pensare a Lui e di ritornare a Lui. Inoltre, la mentalità edonistica e consumistica predominante favorisce, nei fedeli come nei pastori, una deriva verso la superficialità e un egocentrismo che nuoce alla vita ecclesiale» [Benedetto XVI all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della cultura, 8 marzo 2008].

Secolarizzazione nell’accezione positiva di secolarità e negativa di secolarismo
L’interpretazione del tempo moderno in chiave di secolarizzazione, poco sviluppata nel Concilio Vaticano II e non del tutto ancora consueta nel Magistero, pur essendo una categoria essenziale della modernità perché quelle di razionalismo, illuminismo, ateismo, scientismo ne esprimono il dinamismo interiore e complessivo. Si può proporre legittimamente alla luce di criteri conciliari, come fa Benedetto XVI, una lettura della modernità dal punto di vista della secolarizzazione di cui le posizioni di razionalismo, illuminismo, ateismo, scientismo sono delle figure interne come le forme, le modalità che la modernità ha assunto successivamente nel suo tempo, nel suo periodo storico.
Il Papa premette la distinzione fra secolarizzazione nell’accezione positiva di secolarità e il suo mutamento in secolarismo o dramma che è subentrato nella modernità. La modernità è iniziata bene e avrebbe potuto e potrebbe portare un processo non secolaristico di secolarizzazione come ha analizzato De Lubac nel suo magistrale testo “L’alba incompiuta del Rinascimento”, ripreso da Luigi Negri in “Ripensare la modernità”. Era legittimo, anzi doveroso dopo la feconda età medievale riguadagnare i giusti spazi di una “secolarità” culturale, scientifica, giuridica, politica e quindi di laicità positiva non antitetica la cristianesimo e al senso religioso originario, naturale. Purtroppo l’inizio meraviglioso della modernità con la prima traduzione dei diritti umani che Francisco de Vitoria, alla luce di san Tommaso, riconosce agli indios, in quanto uomini, cioè creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio e che sono alla base delle dichiarazioni moderne come il diritto alla vita, alla libertà, alla libertà religiosa, alla sicurezza, fu travolta dai conflitti teologici tra cattolici e protestanti su fede e ragione e dalle orribili guerre di religione del tempo. Con la nascita nel 1717 della massoneria anticristiana o con un teismo religioso per cui Dio, architetto del mondo, orologiaio che costruito, creato il mondo, non c’entra più nella storia (ateismo) togliendo ogni spazio pubblico alla fede e alla religione, costringendo i cristiani al solo privato, ad una speranza individualistica della sola salvezza dell’anima nell’al di là e la risurrezione, la vita veramente vita eterna solo alla fin dei tempi. Fu in questo contesto traumatico delle orribili guerre di religione che prese corpo e spazio nella coscienza europea una laicità negativa o progettazione del “mondo” “etsi Deus non daretur” che dopo un iniziale e positivo significato giuridico e politicamente metodologico non irreligioso, ne ha assunto progressivamente uno di alternativa irreligiosa o areligiosa, divenendo alla fine – come osserva Francesco Botturi nell’editoriale di Avvenire di Domenica 9 marzo – forma dominante di cultura secolaristica, una “interpretazione del mondo e dell’umanità – come osserva il Papa – senza riferimento alla Trascendenza, interpretazione (che) invade ogni aspetto della vita quotidiana e sviluppa una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana”.

Secolarizzazione nell’accezione secolaristica in seno alla Chiesa stessa
La secolarizzazione secolarista non è più identificabile con una concezione del mondo o una dottrina ideologica, ma è divenuta piuttosto un “ambiente di pensiero”, come ha osservato Heidegger in rapporto al nichilismo, il cui effetto è quello di obnubilare l’umile senso religioso originario di ogni io umano con le domande in lui senza di lui: chi sono? da dove vengo e dove vado? perché la presenza del male? cosa ci sarà dopo questa vita? “In questo contesto culturale c’è il rischio – osserva il Papa – di cadere in una atrofia spirituale e in un vuoto del cuore, caratterizzati talvolta da forme surrogate di appartenenza religiosa e di vago spiritualismo. Si rivela quanto mai urgente reagire a una simile deriva mediante il richiamo dei valori alti dell’esistenza, che danno senso alla vita e possono appagare l’inquietudine del cuore umano alla ricerca della felicità: la dignità della persona umana e la sua libertà, l’uguaglianza tra tutti gli uomini, il senso della vita e della morte e di ciò che ci attende dopo la conclusione dell’esistenza terrena”.
La rivoluzione industriale e le scoperte scientifiche hanno permesso di rispondere a domande che prima erano soddisfatte solo dalla religione. La conseguenza è stata che l’uomo contemporaneo ha spesso l’impressione di non aver più bisogno di nessuno per comprendere, spiegare e dominare l’universo; si sente al centro di tutto, la misura di tutto. Più recentemente la globalizzazione, per mezzo di nuove tecnologie dell’informazione, ha avuto non di rado come esito anche la diffusione in tutte le culture di molte componenti materialistiche e individualistiche. Sempre più la formula “Etsi Deus non daretur” diventa un modo di vivere che trae origine da una specie di “superbia” della ragione – realtà pur creata e amata da Dio – la quale si ritiene sufficiente a se stessa e si chiude alla contemplazione e alla ricerca di una Verità che la supera La luce della ragione, esaltata, ma in realtà impoverita, dall’Illuminismo, si sostituisce radicalmente alla luce della fede, alla luce di Dio.
Da troppo tempo il cristianesimo moderno, di fronte ai successi della scienza nella progressiva strutturazione del mondo, si è in gran parte concentrata soltanto in privato sull’individuo e sulla sua salvezza ristringendo l’orizzonte della sua speranza e non più riconoscendo sufficientemente la grandezza del suo compito anche temporale, pubblico.

Urge un dialogo fecondo tra scienza e fede
Grandi sono le sfide con le quali la missione della Chiesa deve confrontarsi, prima fra tutte un dialogo fecondo tra scienza e fede. E’ un confronto tanto atteso dalla Chiesa, ma anche dalla comunità scientifica. E il progetto di un monumento a Galileo Galilei nei giardini vaticani ne è un segno.
Sempre la fede suppone la ragione e la perfeziona, e la ragione illuminata dalla fede, trova la forza per levarsi alla conoscenza di Dio e delle realtà spirituali, alle questioni del vero e del bene, coniugando tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche con la consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme. Ed è questo un compito che sta davanti a noi, un’avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza. Ma la secolarizzazione non favorisce la scopo ultimo della scienza che è servizio ad ogni uomo nel suo essere dono del Donatore divino. Occorre allargare gli spazi della razionalità nella distinzione delle caratteristiche specifiche della scienza e della fede. Infatti, ognuna ha propri metodi, ambiti, oggetti di ricerca, finalità e limiti, e deve rispettare e riconoscere all’altra la sua legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri principi; entrambe sono chiamate a servire l’uomo e l’umanità, favorendo lo sviluppo e la crescita integrale di ciascuno e di tutti.

Il preoccupante fenomeno della secolarizzazione indebolisce la persona e la ostacola nel suo innato anelito verso la Verità tutta intera
Il Papa esorta soprattutto i pastori del gregge di Dio a una missione instancabile e generosa per affrontare, sul terreno del dialogo e dell’incontro con le culture, dell’annuncio del Vangelo e della testimonianza, il preoccupante fenomeno della secolarizzazione, che indebolisce la persona e la ostacola nel suo innato anelito verso la Verità tutta intera. Come ricorda l’Evangelii nuntiandi al n. 20 e la Gaudium et spes al n. 50: “Occorre evangelizzare, non maniera decorativa, a somiglianza di vernice superficiale, ma in modo vitale, in profondità e fino alle radici, la cultura e le culture degli uomini, nel senso ricco ed esteso che questi termini hanno nella Costituzione “Gaudiun et spes”, partendo sempre dalla persona e tornando sempre ai rapporti delle persone tra loro e con Dio… La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre”.
Occorre continuare ad annunciare non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ama sino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme. Il suo regno non è un al di là immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge dandoci la possibilità di perseverare con lo slancio della speranza in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi garanzia che esiste ciò che intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è “veramente” vita. Ecco che cos’è Cristo nelle culture: Egli è la luce che illumina la ragione, l’uomo e il mondo.

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