Il Papa ai suoi preti - 2 - La bellezza
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C’è un connubio indissociabile tra la ragione, la precisione, l’onestà della riflessione sulla verità, e la bellezza, la bontà. Una ragione che in qualche modo volesse spogliarsi della bellezza o fosse indifferente alla bontà sarebbe una ragione dimezzata, sarebbe una ragione accecata. Soltanto le due cose unite formano l’insieme, la totalità dei fattori cioè la libertà che libera dalla schiavitù dell’ignoranza.
Certo la fede deve continuamente affrontare le sfide del pensiero di quest’epoca, affinché essa non sembri una sorta di leggenda irrazionale che noi manteniamo in vita, ma sia veramente una risposta alle grandi domande chi sono? Da dove vengo e dove vado? Perché la presenza del male? cosa ci sarà dopo questa vita? E questo affinché la fede non divenga solo abitudine, consuetudine ma verità - come ebbe a dire una volta Tertulliano. San Pietro, nella sua prima Lettera, aveva scritto quella frase che i teologi del medioevo avevano preso come legittimazione, quasi come incarico per il loro lavoro teologico che, rispondendo all’invito della voce della verità, cerca l’intelligenza della fede, aiuta il Popolo di Dio a rendere conto della sua speranza a coloro che lo richiedono (1 Pt 3,15) - apologia del logos della speranza, un trasformare cioè il logos, la ragione della speranza in apologia, in risposta agli uomini. Evidentemente, Pietro era convinto del fatto che la fede fosse logos, che essa fosse una ragione, una luce che proviene dalla Ragione creatrice, e non un bel miscuglio, frutto del nostro pensiero. Ed ecco perché è universale, per questo può essere comunicata a tutti.
Ma proprio questo logos creatore non è soltanto un logos tecnico ma è ampio, è un logos che è amore e quindi tale da esprimersi nella bellezza e nel bene. E in realtà l’arte e i Santi sono la più grande apologia della fede, la più grande risposta agli uomini. Gli argomenti portati dalla ragione sono assolutamente importanti ed irrinunciabili, ma poi da qualche parte rimane sempre il dissenso per l’incompletezza, l’opinabilità dell’argomentare. Se invece guardiamo il bene nei Santi, questa grande scia luminosa con la quale iddio ha attraversato la storia, vediamo che lì veramente c’è una forza del bene che resiste ai millenni, lì c’è veramente la luce dalla luce. E nello stesso modo se contempliamo le bellezze create dalla fede sono semplicemente la prova vivente della fede. Guardare una bella cattedrale è un annuncio vivente! Essa stessa ci parla, e partendo dalla bellezza della cattedrale riusciamo ad annunciare visivamente Dio, Cristo, il risorto solidale della comunione ecclesiale e tutti i suoi misteri: qui essi hanno preso forma e ci guardano. Tutte le grandi opere d’arte, le cattedrali - le cattedrali romaniche, gotiche e le splendide chiese barocche - tutte sono un segno luminoso di Dio e quindi una vera manifestazione, un’epifania di Dio. E nel cristianesimo si tratta propria di questa manifestazione di questa epifania: Dio è divenuto una velata epifania - appare e risplende. Così occorre ascoltare l’organo in tutto il suo splendore e la grande musica nata nella Chiesa è un rendere udibile e percepibile la verità del divino nell’umano cioè la verità della nostra fede: dal gregoriano alla musica delle cattedrali fino al Palestrina e alla sua epoca, fino a Bach e quindi a Mozart e Bruckner e così via. Ascoltando tutte queste opere - le Passioni di Bach, la sua Messa in si bemolle e le grandi composizioni spirituali della polifonia del XVI secolo, della scuola viennese, di tutta la musica, anche quella dei compositori minori, improvvisamente sentiamo: è vero! Dove nascono cose del genere, c’è la Verità. Senza un’intuizione che scopra il vero centro creativo del mondo, non può nascere tale bellezza. Perciò ragione e bellezza-bontà occorre fare in modo che siano insieme, portarle insieme. Quando, in questa nostra epoca, discutiamo della ragionevolezza della fede, discutiamo del fatto che la ragione non finisce dove finiscono le scoperte sperimentali, essa non finisce nel positivismo; la teoria dell’evoluzione vede la verità, ma ne vede soltanto la metà: non vede che dietro c’è lo Spirito della creazione, che tutto riporta verso il Logos creatore capovolgendo l’attuale tendenza a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, per ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libertà. Benedetto afferma che stiamo lottando per l’allargamento della ragione e quindi per una ragione che, appunto, sia aperta non soltanto alle questioni del vero e del bene ma anche al bello e non debba lasciarlo da parte come qualcosa di totalmente diverso e irragionevole. L’arte cristiana è un’arte razionale - pensiamo all’arte del gotico e alla grande musica o anche, appunto all’arte barocca - ma è espressione artistica di una ragione molto ampliata, nella quale cuore e ragione si incontrano documentando in qualche modo la verità del cristianesimo: cuore e ragione si incontrano, bellezza e verità si toccano. E quanto più noi stessi riusciamo a vivere nella bellezza della verità, tanto più la fede potrà tornare ad essere creativa anche nel nostro tempo e ad esprimersi in forma artistica convincente: è un compito che sta davanti a noi, un’avventura affascinante - aveva detto Benedetto XVI a Verona - nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire alla fede cristiana piena cittadinanza.