La Parola di Dio... non è la Bibbia
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«… ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il ‘Gesù storico’ in senso vero e proprio... Io ritengo che proprio questo Gesù - quello dei Vangeli - sia una figura storicamente sensata e convincente.
Solo se era successo qualcosa di straordinario, se la figura e le parole di Gesù avevano superato radicalmente le speranze e le aspettative dell’epoca, si spiega la sua crocifissione e si spiega la sua efficacia. Già circa vent’anni dopo la morte di Gesù troviamo pienamente dispiegata nel grande inno a Cristo della Lettera ai Filippesi (2,6-119) una cristologia, in cui si dice che Gesù era uguale a Dio ma spogliò se stesso, si fece uomo, si umiliò fino alla morte sulla croce e che a Lui spetta l’maggio del creato, l’adorazione che nel profeta Isaia (45,23) Dio aveva proclamata come dovuta a Lui solo.
La ricerca critica si pone a buon diritto la domanda: che cosa è successo in questi vent’anni dalla crocifissione di Gesù? Come si è giunti a questa cristologia? L’azione di formazioni comunitarie anonime, di cui si cerca di trovare gli esponenti, in realtà non spiega nulla. Come mai dei raggruppamenti sconosciuti poterono essere così creativi, convincere e in tal modo imporsi? Non è più logico, anche dal punto di vista storico, che la grandezza si collochi all’inizio e che la figura di Gesù abbia fatto nella pratica saltare tutte le categorie disponibili e abbia potuto così essere compresa solo a partire da Dio? Naturalmente, credere che proprio come uomo egli era Dio e che abbia fatto conoscere questo velatamente nelle parabole e tuttavia in modo sempre più chiaro, va al di là delle possibilità del metodo storico. Al contrario, se alla luce di questa convinzione di fede si leggono i testi che con il metodo storico e con la sua apertura a ciò che è più grande, essi si schiudono, per mostrare una via e una figura che sono degne di fede. Diventano allora chiari anche la ricerca complessa presente negli scritti del Nuovo testamento intorno alla figura di Gesù e, nonostante tutte le diversità, il profondo accordo di questi scritti» [Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, pp. 18-19].
Il cardinale Albert Vanhoye che dal 10 al 16 febbraio di quest’anno ha predicato i tradizionali esercizi alla Curia romana che si tengono in Vaticano alla presenza del Papa, ha rilasciato una preziosa intervista a 30 Giorni di giugno - luglio 2008 (pp. 63 - 71) in prossimità del Sinodo dei Vescovi su “Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa” affermando “Se uno dice: Parola di Dio, la formula può trasmettere un’idea intellettuale. Ma se si dice che è un sangue che parla (è il crocefisso risorto che eucaristicamente si fa presente, si dona ai suoi per tutti), si capisce che non si tratta di un discorso, di un ragionamento”.
Da Presidente della Pontificia Commissione Biblica diresse lo studio scientifico su tutti i metodi e gli approcci esegetici per accostarsi al testo biblico, ma nel Sinodo la prospettiva è diversa: si rifletterà sul come la vita e la missione della Chiesa trovano appoggio e nutrimento dalla Parola di Dio.
Il punto fondamentale perché la Dei Verbum entri nella coscienza della Chiesa, lo dice bene l’istrumentum laboris: non si deve identificare la Parola di Dio con la Bibbia, bisogna leggerla secondo la Tradizione. Al tempo di san Paolo non c’era ancora niente di scritto ispirato del Nuovo Testamento, eppure con Paolo risuonava Dio che nella Chiesa parla e si congratulava coi Tessalonicesi perché avevano ricevuto il messaggio proclamato da lui non come discorso umano, ma come Parola di Dio che attraverso il suo popolo opera in chi la coglie come tale, cioè con fede. Inizia quella Tradizione che in continuità giunge fino a noi come strumento della comunicazione del vero nella vita della Chiesa e che è sempre ricordata prima della Scrittura, per rispettare l’ordine cronologico, dal momento che, all’origine di tutto, c’è questa Tradizione che viene dagli Apostoli, ed è all’interno di una comunità già costituita dall’incontro con la presenza della Persona di Gesù Cristo risorto che i libri santi, con il dono del suo Spirito, sono stati composti o ricevuti.
Soggetto della via umana con cui Dio parla ed agisce continuando la sua incarnazione è il Popolo di Dio, la Chiesa viva, mentre la Bibbia è un testo scritto che ha un’importanza speciale perché ispirato e quindi è anima della fede professata, celebrata, vissuta, pregata. “Ma la nostra fede - afferma Vanhoye -non è una religione biblica. La nostra fede è una religione della Parola di Dio viva, accolta, che ci mette in relazione personale con Gesù Cristo, e, per mezzo di Cristo, con il Padre”. La testimonianza biblica fa riaccadere, sempre sotto la preminente e decisiva azione guida dello stesso Spirito di Cristo che l’ha ispirata allora, Dio dal volto umano che parla e agisce qui e ora sacramentalmente in vissuti fraterni di comunione ecclesiale autorevolmente guidata: “Parola di Dio ultima e definitiva - dice l’instrumentum laboris del Sinodo -, è Gesù Cristo”. Per questo De Lubac ha scritto che in Gesù Cristo Dio ha reso breve, unitario un processo - certamente non lineare, spesso drammatico e tuttavia in progresso verso l’Incarnazione del Verbo -, abbreviata la sua Parola risuonata in tanti modi, posta in scritti ispirati in tanti libri dell’Antico e del Nuovo Testamento intimamente collegati tra loro. “Certo - Benedetto XVI in Gesù di Nazaret p. 15 -, l’ermeneutica cristologica, che in Gesù Cristo vede la chiave del tutto e, partendo da Lui, apprende a capire la Bibbia come unità presuppone una scelta di fede e non può derivare dal puro metodo storico. Ma questa scelta di fede ha dalla sua la ragione - una ragione storica - e permette di vedere l’intima unità della Scrittura e di capire così in modo nuovo anche i singoli tratti di strada, senza togliere loro la propria originalità storica”.
La Bibbia non è una collezione di trattati filosofici-teologici, non è un percorso didascalico-simbolico per acquisire un set, sostitutivo di un credo, di una tradizione dogmatica, di un catechismo di verità di fede che sono il corpo della Parola di Dio di cui la Scrittura è l’anima. La Bibbia racconta, memorizza all’interno di vissuti fraterni di comunione ecclesiale, l’iniziativa di Dio per entrare in contatto con gli uomini allora e qui e ora nella nostra storia. Per questo l’incarnazione del Verbo o via umana al Dio vivente, Padre, Figlio, Spirito Santo, che continua nella Chiesa è il riassunto vivo di tutta la Parola di Dio. La Parola dell’Antico Testamento prende il suo senso preciso grazie alla sua relazione con Gesù Cristo. Ormai noi leggiamo l’Antico Testamento illuminati dalla venuta di ciò che opera Cristo in continuità nella Chiesa con i simboli, la tradizione dogmatica, i catechismi. Come dice Gesù stesso, nel Vangelo di Giovanni: “voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene sono proprio esse che mi rendono testimonianza”. Questo si vede nell’apparizione ai discepoli di Emmaus: Gesù spiega tutto ciò che nell’Antico Testamento riguarda la sua persona e il suo ministero, la via messianica della croce. Meravigliosa l’espressione sacerdotale della Lettera agli Ebrei dove si dice: ormai è un sangue che parla, “con voce più eloquente di quella di Abele”. La Parola di Dio si è fatta carne, sangue versato, offerta di amore che vince tutti gli ostacoli all’amore. Se uno dice: Parola di Dio, la formula può essere equivocata come un’idea intellettuale. Ma se si dice che è un “sangue versato” che parla qui e ora come ha parlato allora, si capisce che non si tratta solo di un discorso, di un ragionamento, di uno scritto ispirato.
E’ chiaro che all’inizio dell’essere cristiani, della vita di fede non c’è né la lettura della Bibbia, né l’opera dei missionari. C’è l’azione, lo spirare dello Spirito del Risorto che rende possibile l’incontro di ogni uomo con Lui e che si può servire di tutto: dei missionari, della lettura biblica della Parola di Dio, ma anche e soprattutto di vissuti fraterni di comunione o occasioni apparentemente più lontane e casuali. Di solito è la testimonianza di vissuti fraterni che può attirare alla fede, all’essere cristiani con l’incontro con la Persona di Gesù Cristo. Poi c’è bisogno anche della Parola viva per rendere ragione di chi è Colui che cattura a sé tramite la testimonianza e che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.
Certo fondamentale è il riferimento a eventi storici e un contatto personale con i testi biblici, un contatto che sia il più possibile oggettivo, non lasciato alla fantasia di ognuno. La lectio divina deve essere innanzitutto lettura attenta, precisa per cogliere ciò che l’autore in quel momento, nel contesto del suo pensiero e degli eventi poté e volle esprimere. Se il vangelo non è una favola mitica e c’entra con la storia perché incarnazione in un volto umano del Verbo di Dio, gli strumenti dell’indagine storica possono essere legittimamente applicati. Devono essere applicati. La Bibbia si presenta come un documento antico, che va studiato con gli strumenti scientifici moderni e questo non è solo legittimo ma doveroso. Lo scopo, però, della Chiesa non è certo quello di fare di ogni singolo cristiano uno scienziato delle Scritture. Però è necessario che ci siano alcuni che offrono questo servizio per evidenziare a livello delle conoscenze e delle capacità odierne ciò che appartiene al momento passato della sua origine.
Leggere la Bibbia non solo con l’approccio scientifico storico critico ma immergendoci in tutta la ricchezza della Tradizione
L’approccio scientifico pur importante non recepisce tutto quello che lo stesso Spirito che l’ha originariamente ispirata l’ha fatta e l’ha fa capire sempre di più in tutti i singoli tratti di strada della Tradizione a cominciare dai Padri, senza nulla togliere all’originalità storica. Per recepire la Bibbia in tutta la sua ricchezza occorre immergersi nella continuità dinamica della Tradizione. È sempre utile distinguere. La Parola di Dio è viva, è dentro la corrente di vita del popolo di Dio - la Chiesa - che è il soggetto vivo della Scrittura. Ma è sempre utile rendersi conto di ciò che nel testo c’è all’inizio e ciò che la Tradizione legittimamente ha approfondito dogmaticamente e nel vissuto, nella coscienza della comunità che vive ora, ricca della memoria di tutta la sua vicenda storica. Leggere la Bibbia secondo la Tradizione fa vedere che alcune cose che possono sembrare contraddittorie sono in realtà complementari. Ad esempio, la Lettera di san Paolo sul tema della giustificazione. Se si leggono bene i testi originali, secondo la Tradizione, vediamo che non c’è contraddizione. Anche per san Giacomo le opere che giustificano sono opera della fede. Essere docili alla lettura nella sua originalità storica dentro la Tradizione aiuta questa sobrietà, questa saggezza e fa vedere che alcune cose che possono sembrare contraddittorie sono in realtà complementari. Se uno si dà la finalità di studiare il fenomeno Gesù dal solo punto di vista storico - scientifico si può fare senza dimenticare l’autolimitazione metdologica. Dal punto di vista scientifico è sempre possibile prendere una prospettiva empiricamente verificabile molto limitata, ma con la consapevolezza che anche le conclusioni saranno unilaterali e limitate, non attuali, non odierne, perché solo la descrizione del fenomeno, il dato, non verrà conosciuto per quello che è e a cui metafisicamente, sacramentalmente rimanda e non potrà mai avere la pretesa di stabilire quindi se Gesù è o non è Figlio di Dio.
Vanhoye esemplifica: “prendiamo il tema del sacerdozio ministeriale. Nel Nuovo testamento, nessun apostolo viene chiamato sacerdote. Il titolo di sacerdote è dato solo ai sacerdoti leviti o ai sacerdoti pagani. Però la Chiesa, già a partire dal II secolo, ha attribuito il titolo di sacerdos ai vescovi. Questo non è fondato direttamente sulla Bibbia, ma corrisponde a una idea del sacerdozio espressa nelle Lettere di san Paolo. Nella Lettera ai Romani, san Paolo definisce il suo ministero in un modo che corrisponde a un nuovo concetto di sacerdozio: Dice che il suo ministero è l’opera sacra dell’annuncio, di modo che i gentili diventino un’offerta gradita a Dio, santificata nello Spirito Santo. Questa formula definisce il sacerdozio cristiano. Adesso cresce una resistenza all’uso del vocabolario sacerdotale, preferiscono parlare di ordinazione presbiterale…Questa è una fedeltà materiale al Nuovo testamento che non è una fedeltà di spirito”, all’originalità storica.
Altro problema, per esempio, riguarda il primato di Pietro per il quale esegeticamente si vede che in tutti i Vangeli e nelle Lettere di san Paolo Pietro ha ricevuto una missione speciale. E’ veramente impressionante rivedere la scena della vocazione di Pietro. Ci sono almeno quattro persone, oltre a Gesù, in quella scena: Andrea e Pietro, Giacomo e Giovanni. Ma Gesù si rivolge solo a Pietro.
Nelle attuali controversie tra “creazionisti” ed “evoluzionisti” viene discusso il tema dell’inerranza della Sacre Scritture. L’inerranza è sta ben definita nella Dei Verbum con quella frase in cui si dice che essa tocca tutte le cose che Dio per la nostra salvezza ha voluto rivelare. Dio non ha voluto rivelare se la terra è piatta o rotonda e se gira o meno intorno al sole. La Bibbia non fa una teoria della creazione. Afferma che Dio è creatore, e poi presenta la creazione in maniera immaginosa. Non c’è una teoria scientifica sulla creazione, nella Bibbia. La Dei Verbum ha usato questa formula: “La verità che in vista della nostra salvezza Dio ci ha voluto comunicare”. Le verità che ci vengono comunicate nella Sacra Scrittura in vista della nostra salvezza non sono solo una serie di formule religiose ma anche dei fatti, come il concepimento verginale e la nascita di Gesù, la crocifissione e le apparizioni del risorto per cui la risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori.
La Commissione Biblica ha distinto il metodo storico - critico dai presupposti teorico filosofici di Bultmann e Dibelius. Ogni scienziato può adoperare i propri presupposti ma non si devono confondere metodo e presupposti. Gli esegeti cattolici possono prendere il metodo per cogliere l’originalità storica, senza assumere i presupposti naturalistico-storicistici dei fondatori del metodo, e in comunione con il Popolo di Dio che riceve se stesso da Dio, ultimamente dal Cristo incarnato e da Lui presente nella Chiesa si lascia ordinare, condurre e guidare.
La prospettiva del Papa per il prossimo Sinodo è positiva: cercare la corrente profonda della Rivelazione, concentrarsi sulla vita di Gesù e non impelagarsi in discussioni infinite o interpretazioni in conflitto E’ un approccio della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa molto più “nutriente” per la fede e la vita cristiana, per l’ecumenismo e l’evangelizzazione.