Cercare Cristo
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«Dalle conclusioni dei lavori della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita Apostolica, incentrati specialmente sulla vita monastica femminile, potranno scaturire indicazioni utili a quanti, monaci e monache, “cercano Dio”, realizzando questa loro vocazione per il bene di tutta la Chiesa. Anche recentemente (Discorso al mondo della cultura, Parigi, 12 settembre 2008) ho voluto evidenziare l’esemplarità della vita monastica nella storia, sottolineando come il suo scopo sia semplice ed insieme essenziale: quaerere Deum, cercare Dio e cercarlo attraverso Gesù Cristo che lo ha rivelato (Gv 1,18), cercarlo fissando lo sguardo sulle realtà invisibili che sono eterne (2 Cor 4,18), nell’attesa della manifestazione gloriosa del Salvatore (Tt 2,13)» [Benedetto XVI, Ai Partecipanti della Plenaria della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita apostolica, 20 novembre 2008].
Cercare Dio cercando Cristo e nulla anteporre al suo amore in attesa della Sua manifestazione gloriosa è la Regola che san Benedetto riprende dalla tradizione precedente ed esprime bene il tesoro prezioso della vita monastica fino ad oggi sia nell’occidente che nell’oriente cristiano. E’ un invito pressante a plasmare la vita monastica fino a renderla memoria evangelica della Chiesa e, quando è autenticamente vissuta, è “esemplarità di vita battesimale” (Giovanni Paolo II, Orientale lumen, 9), dove è cambiata la mia identità essenziale e io continuo ad esistere soltanto in Cristo e con Cristo. Il mio proprio io mi viene tolto e viene inserito in un nuovo soggetto più grande, in una fraternità monastica nella quale il mio io c’è di nuovo, ma trasformato, purificato, “aperto” mediante l’inserimento nell’altro, nel quale acquista il suo nuovo spazio di esistenza. Diventiamo così “uno in Cristo” (Gal 3,28), un unico soggetto nuovo, e il nostro io viene liberato dal suo isolamento. “Io, ma non più io”: è questa l’esemplarità fraterna radicale di ogni vita battesimale che i monasteri offrono per il bene di tutta la Chiesa e la società, la formula dell’esistenza cristiana fondata sul battesimo, la formula della risurrezione dentro il tempo, la formula della “novità” cristiana chiamata a trasformare il mondo. Nei Monasteri e attraverso i Monasteri viene esemplificata la vocazione cristiana e reso visibile, comprensibile, dicibile a tutti il compito di ogni cristiano: consiste nel cooperare perché giunga a compimento nella realtà quotidiana della propria vita, ciò che lo Spirito Santo ha intrapreso in noi col Battesimo: siamo chiamati figli nel Figlio a divenire donne e uomini nuovi come Paolo per cui vivere è Cristo e il morire un guadagno senza disprezzare la fase terrena della vita e in tal modo portatori di gioia delle beatitudini e della speranza cristiana nel mondo, in concreto, in quella comunità monastica di uomini e di donne entro la quale viviamo (i pochi per i molti, come è sempre il piano di Dio) per farne notizia a tutti quelli che vivono nelle comunità parrocchiali, nei movimenti, nelle nuove comunità ecclesiali, come in ogni vissuto umano. Cercare Dio, cercarlo attraverso Gesù Cristo che lo ha rivelato, cercarlo fissando lo sguardo sulle realtà invisibili che sono eterne, nell’attesa della manifestazione gloriosa del Salvatore, questo oggi non è meno necessario che nei tempi passati perché una cultura meramente positivista non metafisica, non sacramentale, che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda su Dio cioè sul senso del vivere, sulle utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana per percepire così Gesù Cristo come luce che illumina la storia di ogni singolo e dell’umanità ed aiuta a trovare il da farsi verso il futuro, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte di ricercare il vero, il bene, Dio e quindi un tracollo dell’umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero essere che gravi. Ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio nel desiderio della verità e la disponibilità ad ascoltarLo, seguirLo, capirlo e ubbidirlo liberamente, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura. In virtù dello primato assoluto riservato a Cristo, i monasteri sono chiamati ad essere, anche oggi, luoghi in cui si fa spazio alla celebrazione della gloria di Dio, si adora e si canta la misteriosa ma reale presenza divina nel mondo, si cerca di vivere nella fraternità di figli nel Figlio il comandamento nuovo dell’amore e del servizio reciproco, preparando così la finale “manifestazione dei figli di Dio” (Rm 8,19). Quando i monaci vivono il Vangelo in modo radicale, quando coloro che sono dediti alla vita integralmente contemplativa coltivano in profondità l’unione sponsale con Cristo, il monachesimo può costituire per tutte le forme di vita religiosa e di consacrazione, di fedeli laici una memoria di ciò che è essenziale e ha il primato in ogni vita battesimale, anzi in ogni vita umana: cercare Cristo e nulla anteporre al suo amore.
La via additata da Dio per questa ricerca e per questo amore è la sua stessa Parola, che nei libri delle sacre Scritture si offre con dovizia alla esperienza e riflessione degli uomini
La Parola di Dio introduce noi stessi nell’avvenimento storico del colloquio con Dio. Il Dio che parla nella Bibbia e attraverso la Bibbia ci insegna come noi possiamo continuamente parlare con Lui. Specialmente nel Libro dei Salmi Egli stesso ci dà le parole con cui possiamo qui e ora rivolgerci a Lui, portare la nostra vita con i suoi alti e bassi nel colloquio davanti a Lui, trasformando così la vita stessa in un movimento continuo verso di Lui, con una conoscenza che è tutta avvenimento cioè che giunge alle origini, al Donatore divino del proprio e altrui essere dono come di tutto il mondo che ci circonda. Desiderio originario di ogni io aperto alla realtà in tutti i fattori cioè alla verità, desiderio naturale di Dio e amore per ogni avvenimento soprannaturale della sua Parola, si alimentano pertanto reciprocamente e generano nella vita monastica l’esigenza insopprimibile dell’Opus Dei, dello studium orationis e della lectio divina, che è ascolto, sequela, comprensione, obbedienza, amicizia di Dio che parla qui e ora come ha parlato allora nelle Sacre Scritture, accompagnata dalla comprensione progressiva delle grandi voci della tradizione dei Padri e dei Santi, e poi contemplazione, preghiera orientata e sostenuta da questa Parola. La recente Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi sul tema: La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, rinnovando l’appello a tutti i cristiani a radicare sempre più il loro vissuto nell’avvenimento continuo della Parola di Dio contenuta nelle Sacre Scritture, ha invitato specialmente le comunità religiose e ogni uomo e donna consacrati a fare dell’avvenimento della Parola di Dio il cibo quotidiano, l’intimità divina, in particolare attraverso la pratica della lectio divina (Elenchus praepositionum n. 4).
Accogliere in monastero pure eventuali ospiti come Cristo stesso
“Cari fratelli e sorelle – ha concluso Benedetto XVI –, chi entra in monastero vi cerca un’oasi spirituale per apprendere a vivere da veri discepoli di Gesù in serena e perseverante comunione fraterna, accogliendo pure eventuali ospiti come Cristo stesso (RB 53,1). E’ questa la testimonianza che la Chiesa chiede al monachesimo anche in questo nostro tempo. Invochiamo Maria, la Madre del Signore, la “donna dell’ascolto”, che nulla antepose all’amore del Figlio di Dio da lei nato, perché aiuti le comunità di vita consacrata e specialmente quelle monastiche ad essere fedeli alla loro vocazione e missione. Possano i monasteri essere sempre più oasi di vita ascetica, dove si avverte il fascino dell’unione sponsale con Cristo e dove la scelta dell’Assoluto di Dio è avvolta da un costante clima di silenzio e di contemplazione”.