Senso e metodo della teologia
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« Dal punto di vista oggettivo, la verità è la rivelazione di Dio in Cristo Gesù, che richiede come risposta l’obbedienza della fede in comunione con la Chiesa e il suo Magistero. Recuperata così l’identità della teologia, intesa come riflessione argomentata, sistematica e metodica sulla Rivelazione e sulla fede, anche la questione del metodo viene illuminata. Il metodo in teologia non potrà costituirsi solo in base ai criteri e alle norme comuni alle altre scienze, ma dovrà osservare innanzitutto i principi e le norme che derivano dalla Rivelazione e dalla fede, nella sua dimensione personale ed ecclesiale.
Dal punto di vista soggettivo, cioè dal punto di vista di colui che fa teologia, la virtù fondamentale del teologo è di cercare l’obbedienza della fede, che lo rende collaboratore della verità. In questo modo non accadrà che egli parli di se stesso; ininterrottamente purificato dall’obbedienza alla verità, arriverà invece a far sì che la verità stessa possa parlare in lui. Al tempo stesso otterrà che, per suo tramite, la verità possa essere portata al mondo.
D’altra parte, l’obbedienza alla verità non significa rinuncia alla ricerca e alla fatica del pensare. L’inquietudine del pensiero, che indubbiamente non potrà mai essere nella vita dei credenti del tutto placata, dal momento che sono anch’essi nel cammino della ricerca e dell’approfondimento della Verità, sarà tuttavia un’inquietudine che li accompagna e li stimola nel pellegrinaggio del pensiero verso Dio, e risulterà così feconda. Auspico pertanto che la Vostra riflessione su queste tematiche giunga a riportare alla luce gli autentici principi e il significato solido della vera teologia, così da percepire e comprendere sempre meglio le risposte che la Divina Rivelazione ci offre e senza le quali non possiamo vivere in modo sapiente e giusto» [Benedetto XVI, Ai membri della Commissione Teologica Internazionale, 5 dicembre 2008].
Benedetto XVI, dopo aver rilevato i lavori del settimo “quinquennio” della Commissione Teologica Internazionale, in particolare la pubblicazione del documento “La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo”, ha sottolineato di attendere un altro importante traguardo con il documento “Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale”. Ha ribadito la necessità e l’urgenza, nel contesto odierno, di creare nella cultura e nella società civile e politica, con l’apporto culturale di tutte le religioni ed ecumenicamente di tutte le fedi cristiane, le condizioni indispensabili per una piena consapevolezza del valore irrinunciabile della legge morale naturale. La legge naturale costituisce la vera garanzia offerta ad ognuno per vivere libero e rispettato nella sua dignità di persona, e per sentirsi difeso da qualsivoglia manipolazione ideologica e da ogni sopruso perpetrato in base alla legge del più forte.
Centrale la questione della verità
In una “società planetaria” com’è quella che oggi va formandosi, ai teologi viene spesso chiesto dall’opinione pubblica di promuovere il dialogo tra le religioni e le culture, di contribuire allo sviluppo di un’etica che abbia come proprie coordinate di fondo la pace, la giustizia, la difesa dell’ambiente naturale. In questa prospettiva ai teologi si chiede pure di offrire risposte adeguate a cui rifarsi per superare le alienazioni che condizionano e opprimono la vita dei singoli individui. Ovviamente, queste sono tutte legittime preoccupazioni, che si debbono certo tenere in attenta considerazione. E tuttavia non si può sottacere che l’identità della teologia non si trova a questo livello di problematiche ed esigenze. Il bisogno umano di trascendenza e di orientamenti, che siano sostenibili e degni di universale attenzione, postula come centrale la questione della verità cioè riaprire la razionalità alle grandi questioni del vero e del bene, di Dio e, su questo cammino sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così, lungo la storia della comunione con la Chiesa e il suo magistero, la Verità della Rivelazione di Dio in Gesù Cristo come Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro. Il pericolo del mondo occidentale – per parlare solo di questo – è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere scientifico, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si pieghi davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscerla come criterio ultimo.
La verità, dono di Dio al suo popolo
Mosso da un amore senza misura, Dio ha voluto farsi vicino all’uomo, assumendo un volto umano e amandoci sino alla fine, sino alla croce, ogni singolo e l’umanità nel suo insieme indicandoci la via umana alla Verità e alla Vita.
Di sua natura l’incontro con la Persona di Gesù Cristo, la fede, l’esser cristiani fa appello all’intelligenza, perché svela all’uomo la verità sul suo destino e la via per raggiungerla. Anche se la verità rivelata è superiore ad ogni nostro dire ed i nostri concetti sono imperfetti di fronte alla sua grandezza ultimamente insondabile (Ef 3,19), essa invita tuttavia la ragione – dono di Dio fatto per cogliere la verità – ad entrare nella sua luce, diventando così capace di comprendere in una certa misura quanto ha creduto. La scienza teologica, che rispondendo all’invito della voce della verità, cerca l’intelligenza della fede, aiuta il popolo di Dio, secondo il comandamento dell’apostolo (1Pt 3,15), a render conto della sua speranza a coloro che lo richiedono.
Il lavoro del teologo risponde così al dinamismo insito nella fede stessa: di sua natura la Verità vuole comunicarsi, perché l’uomo è stato creato per percepire la verità, e desidera nel più profondo di se stesso conoscerla per rinnovarsi in essa e per trovarvi la sua salvezza (1Tm 2,4). Per questo il Signore ha inviato i suoi discepoli perché facciano “discepole” tutte le nazioni e le ammaestrino (Mt 28,19s). La teologia, che ricerca la “ragione della fede” ed a coloro che cercano offre questa ragione come una risposta, costituisce parte integrante dell’obbedienza a questo comandamento, perché gli uomini non possono diventare discepoli se la verità contenuta nella parola della fede non viene loro presentata (Rm 10,14s).
La teologia offre dunque il suo contributo perché la fede divenga comunicabile, e l’intelligenza di coloro che ancora non conoscono il Cristo possa ricercarla e trovarla. La teologia, che obbedisce all’impulso della verità che tende a comunicarsi, nasce anche dall’amore e dal suo dinamismo: nell’atto di fede, l’uomo conosce la bontà di Dio e comincia ad amarlo, ma l’amore desidera conoscere sempre meglio colui che ama. Da questa duplice origine della teologia, iscritta nella vita interna del Popolo di Dio e nella sua vocazione missionaria, consegue il modo con cui essa deve essere elaborata per soddisfare le esigenze della sua natura.
Poiché oggetto della teologia è la Verità, il Dio vivo e il suo disegno di salvezza rivelato in Gesù Cristo che mi rivela sia chi è Dio (Padre) e la sua volontà universale di salvezza e sia chi è ogni uomo, come fu inteso all’atto della creazione e dell’incarnazione, passione, morte, risurrezione, ascensione, invio dello Spirito, ogni teologo è chiamato per vocazione ad intensificare la sua vita di fede e ad unire sempre ricerca scientifica, fede e preghiera. Sarà così più aperto al “senso soprannaturale della fede” da cui dipende e che gli apparirà come una sicura regola per guidare la propria riflessione e misurare la correttezza delle sue conclusioni.
Se da punto di vista oggettivo la verità è la Rivelazione di Dio in Cristo Gesù, che richiede come risposta l’obbedienza della fede in comunione con la Chiesa e il suo magistero, dal punto di vista soggettivo, cioè dal punto di vista di colui che fa teologia, la virtù fondamentale è di cercare l’obbedienza alla fede, che lo rende collaboratore della verità.