Gesù si può incontrare?
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«La nostra storia umana dagli inizi è inquinata dall’abuso della libertà creata, che intende emanciparsi dalla Volontà divina. E così non trova la vera libertà, ma si oppone alla verità e falsifica, di conseguenza, le nostre realtà umane. Falsifica soprattutto le relazioni fondamentali: quella con Dio, quella tra uomo e donna, quella tra l’uomo e la terra. Questo inquinamento della nostra storia si diffonde sull’intero suo tessuto e questo difetto ereditato è andato aumentando ed è ora visibile dappertutto.
Da san Paolo abbiamo imparato che esiste un nuovo inizio nella storia e della storia in Gesù Cristo, Colui che è uomo e Dio. Con Gesù, che viene da Dio, comincia una nuova storia formata dal suo sì al Padre, fondata perciò non sulla superbia di una falsa emancipazione, ma sull’amore e sulla verità.
Ma come possiamo entrare in questo nuovo inizio, in questa nuova storia? Come questa nuova storia arriva a me?
- Con la prima storia inquinata siamo inevitabilmente collegati per la nostra discendenza biologica, appartenendo noi tutti all’unico corpo dell’umanità.
- Ma la comunione con Gesù, la nuova nascita per entrare a far parte della nuova umanità, come si realizza? Come arriva Gesù nella mia vita, nel mio essere? La risposta fondamentale di san Paolo, di tutto il Nuovo Testamento è: arriva per opera dello Spirito Santo, lo Spirito del Cristo risorto. Questo Spirito ha creato a Pentecoste l’inizio della nuova umanità, della nuova comunità, la Chiesa, il Corpo di Cristo» [Benedetto XVI, Udienza Generale, 10 dicembre 2008].
Due significativi interventi a braccio di Benedetto XVI: 14 ottobre al Sinodo davanti a 250 vescovi e il 10 dicembre all’Udienza Generale
Questo Spirito di Cristo, lo Spirito Santo, come può diventare Spirito mio facendomi figlio nel Figlio? Ciò avviene in tre modi, intimamente connessi l’uno con l’altro:
- lo Spirito bussa alle porte del mio cuore, di ogni cuore umano, di ogni io, mi tocca, tocca interiormente ogni persona;
- ma poiché la nuova umanità deve essere un vero corpo, poiché lo Spirito deve riunirci e realmente creare una comunità fraterna, poiché è caratteristico del nuovo inizio il superare le divisioni e creare l’aggregazione dei dispersi, questo Spirito si serve di due elementi di aggregazione visibile: la Parola di Dio dell’annuncio;
- i Sacramenti, particolarmente il Battesimo e l’Eucaristia.
Dall’intervento di Benedetto XVI al Sinodo sulla “Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa” è emerso chiaramente ciò che il Concilio ha evidenziato con la Dei Verbum e cioè che la Parola di Dio non si può semplicemente identificare con le Sacre Scritture. Queste sono le testimoni privilegiate, il fondamento della Parola di Dio, ma quest’ultima trascende persino la sua incarnazione biblica del Verbo di Dio.
Infatti, in definitiva la Parola di Dio, la Rivelazione completa, la via umana alla Verità e alla Vita cioè al Dio vivente, Padre-Figlio-Spirito Santo, da cui tutti e tutto proviene e cui è destinato, è una Persona. E’ Gesù Cristo stesso, l’incarnazione piena e definitiva della Parola di Dio fatta carne. A questo proposito nessun verbo biblico è più importante di questo del Vangelo di Giovanni: “E il Verbo (che nell’Antico Testamento in tanti modi si era fatto incontro attraverso una illuminazione interiore occasionata dalla predicazione e da fatti profetici di un messaggio e di un cammino preparatorio) si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (abita in continuità tra noi, nella Chiesa come corpo ed organismo per rendere, con il dono del Suo Spirito, giusti, santi tutti coloro che si riconoscono peccatori nell’incontro, davanti a Lui)” (1,14). In Gesù Cristo, nella fase terrena della sua vita, nella sua morte redentrice e nella “mutazione” mai accaduta, nel “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova della risurrezione, la Rivelazione di chi è Dio (Padre), della sua volontà salvifica universale, e di chi è ogni uomo, come fu inteso e destinato all’atto della creazione ed è divenuto in virtù dell’incarnazione, passione, morte,risurrezione, glorificazione e invio dello Spirito, trova la sua espressione perfetta e ottiene la riconciliazione di tutta la famiglia umana e del mondo. Per quanto la testimonianza biblica di Gesù sia preziosa e indispensabile (senza di questo la teologia è senza fondamento), si diventa cristiani attraverso l’incontro con la Persona di Gesù Cristo presente risorto nel suo corpo e nel suo organismo che è la Chiesa e che infonde nell’uomo ciò che di più intimo, di più proprio c’è in Lui, il suo stesso Spirito (senza un approccio teologico - spirituale la Scrittura non può essere anima di tutta la fede professata, celebrata, vissuta, pregata). Ed è l’avvenimento dell’incontro con Lui che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva e quindi la “chiave ermeneutica, interpretativa” per comprendere in modo unitario, secondo l’analogia della fede, le Scritture. La Bibbia non è una raccolta disparata di 72 libri del mondo antico. Essa trova in Gesù la sua origine: il suo principio interpretativo perché, in quanto Parola di Dio incarnata in un volto umano, egli è anche la sua origine e il suo obiettivo permanente. Il metodo cosiddetto storico critico è indispensabile, perché la Parola di Dio incarnata nella Bibbia e nella fase terrena di Gesù è veramente entrata nella storia umana: nata durante il regno di Cesare Augusto e crocifissa sotto Ponzio Pilato. La storia della salvezza non è una mitologia, ma vera storia, ed è perciò da studiare con i metodi della seria ricerca storica. Ma la Parola di Dio, alla quale la Bibbia reca testimonianza e perenne fondamento, chiaramente trascende la dimensione storica del passato per accogliere in continuità o Tradizione (analogia della fede) il piano di Dio anzitutto per il Gesù di Nazaret, ma con Lui anche per noi, per tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo. La Bibbia non è solo relegata al passato, ma continua sfida da duemila anni fino al presente e apre a un compimento futuro. Quindi l’approccio storico-critico deve essere accompagnato da un approccio teologico-spirituale che affermi l’unità delle Scritture e riconosca che, attraverso il mistero pasquale di Cristo, lo Spirito santo si è effuso ed ha avuto inizio nel suo corpo, nel suo organismo, che è la Chiesa, la nuova e definitiva creazione per raggiungere ogni uomo. Di conseguenza, momento culminante e fontale per ascoltare la Parola di Dio è la liturgia della Chiesa, in special modo il Battesimo e l’Eucaristia. In essa il popolo di Dio – la Chiesa – è il soggetto vivo della Scrittura e si compie l’unità dei Testamenti e si celebra la presenza del Cristo vivo, che come ha parlato allora in tanti modi nell’Antico Testamento e nella Sua fase terrena culminante nel crocifisso-risorto, parla qui e ora, agisce attraverso i sacramenti, il Suo corpo e il suo organismo e svela il significato delle Scritture di fronte a nuove possibilità e inediti problemi storici per lasciarci ordinare, condurre e guidare da Lui. E’ in seno alla comunità di fede e alla sua tradizione, come corpo e organismo, Chiesa di Cristo, che la Parola di Dio continua a nutrire il popolo di Dio in ogni epoca fino al ritorno del Signore.
Dall’intervento di Benedetto XVI all’Udienza Generale del 10 dicembre: Nella Lettera ai Romani, dice san Paolo: “Se con la tua bocca proclamerai: ‘Gesù è il Signore’, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo” (10,9), entrerai cioè nella nuova storia, storia di vita e non di morte. Poi san Paolo continua: “Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui nel quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? (Rm 10,14-15). In un successivo passo dice ancora: “La fede viene dall’ascolto” (Rm 10,17). La fede non è un prodotto del nostro pensiero, della nostra riflessione, è qualcosa di nuovo che non possiamo inventare, ma solo ricevere come dono, come una novità prodotta da Dio. E la fede non viene dalla lettura, ma dall’ascolto. Non è soltanto una illuminazione puramente interiore, occasionata dalla predicazione di un messaggio, ma una relazione con Qualcuno che ci viene incontro attraverso mediazioni “materiali” come i Sacramenti, attraverso vissuti fraterni di comunione cioè il corpo e l’organismo ecclesiale. Suppone un incontro con l’annuncio, suppone l’esistenza dell’altro che annuncia e crea comunione fraterna.
Colui che annuncia non parla mai da sé, ma è inviato
Chi annuncia sta entro una struttura di missione che comincia con Gesù inviato dal Padre, passa da Risorto con il dono del Suo Spirito agli apostoli – la parola apostoli significa “inviati” – e continua, sempre attraverso il dono dello Spirito del Risorto, nel ministero, nelle missioni trasmesse dagli apostoli. Il nuovo tessuto della storia appare in questa struttura delle missioni, nella quale sentiamo ultimamente parlare in continuità Dio stesso, la sua Parola personale, il Figlio che parla con noi, che arriva fino a noi.
La Parola è di fatto carne, Gesù, per creare realmente una nuova umanità. E – ricorda il Concilio in Lumen gentium 8, 1 – “come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a Lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del Corpo”. Perciò la parola dell’annuncio diventa Sacramento nel Battesimo, che è rinascita dall’acqua e dallo Spirito, come dirà san Giovanni. Nel sesto capitolo della Lettera ai Romani san Paolo così parla del Battesimo: “Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo battezzati nella sua morte? Per mezzo del Battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a Lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (6,3-4), in un nuovo orizzonte, quello della risurrezione. Notiamo tre cose:
- “siamo stati battezzati” è un passivo. Divenire cristiani è un processo passivo. Solo da un altro possiamo essere fatti cristiani. E questo “altro” che ci fa cristiani, ci dà il dono della fede, è in prima istanza l’organismo sociale della Chiesa che, in continuità con il volto umano di Dio in Gesù, serve allo Spirito di Cristo per la crescita del Corpo. Dalla Chiesa riceviamo la fede, il Battesimo. Senza lasciarci in continuità formare da questa comunità non diventiamo cristiani, non ci lasciamo assimilare a Cristo. Un cristianesimo autonomo, autoprodotto, è una contraddizione in sé. Immediatamente, in primo istanza, questo altro è la comunità dei credenti, la Chiesa ma sacramentalmente in seconda istanza anche questa comunità non agisce da sé, secondo le proprie idee e desideri. Anche la comunità vive nello stesso processo passivo: solo Cristo può costituire la Chiesa. Cristo è il vero donatore dei Sacramenti: nessuno battezza se stesso, nessuno fa se stesso cristiano. Cristiani lo diventiamo.
- Il Battesimo è più che un lavaggio materiale. E’ morte e risurrezione. Paolo parlando nella Lettera ai Galati della svolta della sua vita realizzatasi nell’incontro con Cristo risorto, la descrive con la parola: sono morto a quello che ero prima dell’incontro con il Risorto e sono rinato, trasformato in una vita nuova, avvenuta con la mutazione: “Io e non più io”. E’ il salto decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova di Gesù risorto. “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (2,20). E’ stata cambiata la mia identità essenziale e io continuo ad esistere soltanto in questo cambiamento. Divenire cristiani é più che una operazione cosmetica, che aggiungerebbe qualche cosa di bello a un’esistenza già più o meno completa. E’ un nuovo inizio, è rinascita: morte e risurrezione. Ovviamente nella risurrezione, nell’ingresso in un ordine decisamente diverso, riemerge quanto era buono nell’esistenza precedente.
- La materia fa parte del Sacramento come la Parola. La Parola di Dio è di fatto carne, organismo e corpo della Chiesa e non semplicemente parola Il cristianesimo non è puramente una illuminazione interiore, una realtà puramente spirituale. Implica il corpo, l’appartenenza all’organismo sociale della Chiesa, a vissuti fraterni di comunione ecclesiale autorevolmente guidati. Implica tutta la famiglia umana, il cosmo. Si estende verso la nuova terra e i nuovi cieli: “camminiamo in una nuova vita questo è il Battesimo.
Un’Eucaristia senza vissuto fraterno, senza solidarietà con gli altri è una Eucaristia abusata: questo è il centro della dottrina sulla Chiesa come Organismo, come Corpo di Cristo, del Cristo risorto che dona il Suo Spirito.
San Paolo precisa di trasmettere verbalmente la tradizione sull’Eucaristia che ha ricevuto dagli stessi testimoni dell’ultima notte. Trasmette queste parole, che il Risorto continua a ripetere attraverso il ministro, come un prezioso tesoro affidato alla sua fedeltà. Così sentiamo in queste parole realmente i testimoni apostolici dell’ultima notte: “Io infatti ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso. Il Signore Gesù nella notte in cui veniva tradito prese del pane e dopo aver reso grazie lo spezzò e disse: questo è il mio Corpo che è per voi, fate questo in memoria di me. Allo stesso modo dopo aver cenato prese anche il calice dicendo: questo calice è la nuova alleanza del mio sangue, fate questo ogni volta che ne bevete in memoria di me” (1 Cor 11,23-25). E’ un testo inesauribile. Due osservazioni:
- Paolo trasmette le parole del Signore sul calice così: questo calice è “la nuova alleanza nel mio sangue”. In queste parole si nasconde un accenno a due testi fondamentali dell’Antico Testamento. Il primo accenno è alla promessa di una nuova alleanza nel Libro del profeta Geremia. Gesù dice ai discepoli e dice a noi: adesso, in questa ora, con me e con la mia morte si realizza la nuova alleanza; dal mio sangue comincia nel mondo questa nuova storia dell’umanità Ma è presente, in queste parole, anche un accenno al momento dell’alleanza del Sinai, dove Mosè aveva detto: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di queste parole” (Es 24,8). Là si trattava di sangue di animali. Il sangue degli animali poteva essere solo espressione di un desidero, attesa di un vero sacrificio, del vero culto. Col dono del calice il Signore dona il vero sacrificio. L’unico vero sacrificio è l’amore del Figlio fino a lasciarsi uccidere. Col dono di questo amore, amore eterno il mondo entra nella nuova alleanza nella quale Dio giudice rende giusti quelli che si riconoscono peccatori e ai aprono a Lui. Celebrare l’Eucaristia significa che Cristo ci dà se stesso, ciò che di più intimo, di più proprio c’è in Lui, il suo stesso Spirito, il suo amore, per conformarci a se stesso, santi e immacolati e per creare il mondo nuovo.
- Nella Prima Lettera ai Corinzi Paolo dice: “il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un corpo solo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (10,16-17). In queste parole appare ugualmente il carattere personale e il carattere sociale del Sacramento dell’Eucaristia. Cristo si unisce personalmente ad ognuno di noi, ma lo steso Cristo si unisce anche con l’uomo e con la donna accanto a me per farci diventare “uno in Cristo” (Gal 3,28). E il pane è per me e anche per l’altro. Così Cristo ci unisce ugualmente con il mio prossimo: Cristo e il prossimo sono inseparabili nell’Eucaristia. E così noi tutti siamo un solo pane, un solo corpo, un solo organismo. Un’Eucaristia senza gesti di solidarietà con gli altri è una Eucaristia abusata. E qui siamo anche alla radice e nello stesso tempo al centro della dottrina sulla Chiesa come Corpo di Cristo, Organismo di vissuti fraterni di Cristo, del Cristo risorto.
La Chiesa non è solo una corporazione come lo Stato, è un corpo. Non è semplicemente un’organizzazione, ma un vero organismo.
Qui c’è tutto il realismo dell’organismo sociale della Chiesa che serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del Suo Corpo, in continuità con la natura assunta dal Verbo divino da vivo organo di salvezza. Cristo ci dà nell’Eucaristia veramente, realmente, sostanzialmente il suo corpo, dà se stesso nel suo corpo e così ci fa suo corpo, ci unisce al suo corpo risorto. Se l’uomo mangia pane normale, questo pane nel processo della digestione diventa parte del suo corpo, trasformato in sostanza di vita umana. Ma nella santa Comunione si realizza il processo inverso. Cristo, il Signore, ci assimila a sé, ci introduce nel suo Corpo glorioso e così noi tutti insieme diventiamo Corpo suo. Chi legge solo il capitolo 12 della prima Lettera ai Corinti e il capitolo 12 della Lettera ai Romani potrebbe pensare che la parola Corpo di Cristo come organismo dei carismi sia solo una specie di parabola sociologica-teologica. Realmente nella politologia romana questa parabola del corpo con diverse membra che formano una unità era usata per lo Stato stesso, per dire che lo Stato è un organismo nel quale ognuno ha la sua funzione, la molteplicità e diversità di funzioni formano un corpo e ognuno ha il suo posto. Leggendo solo il capitolo 12 della prima Lettera ai Corinzi si potrebbe pensare che Paolo si limiti a trasferire soltanto questo alla Chiesa, che anche qui si tratti solo di una sociologia della Chiesa. Ma tenendo presente questo capitolo decimo vediamo che il realismo della Chiesa è ben altro, molto più profondo e vero di quello di uno Stato – organismo. Perché realmente Cristo dà il suo corpo e ci fa suo corpo. Diventiamo realmente uniti col corpo risorto di Cristo, e così uniti l’uno con l’altro. La chiesa non è solo una corporazione come lo Stato, è un corpo. Non è semplicemente un’organizzazione, ma un vero organismo.