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Giovani e speranza

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Capaci, saldi nella fede in Cristo, di costruire un futuro di speranza per tutta l’umanità

«La prossima Domenica delle Palme celebreremo, a livello diocesano, la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù. Mentre ci prepariamo a questa annuale ricorrenza, ripenso con viva gratitudine al Signore all’incontro che si è tenuto a Sydney, nel luglio dello scorso anno: incontro indimenticabile, durante il quale lo Spirito Santo ha rinnovato la vita di numerosissimi giovani convenuti dal mondo intero. La gioia della festa e l’entusiasmo spirituale, sperimentati durante quei giorni, sono stati un segno eloquente della presenza dello Spirito di Cristo. Ed ora siamo incamminati verso il raduno internazionale in programma a Madrid nel 2011, che avrà come tema le parole dell’apostolo Paolo: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (Col 2,7). In vista di tale appuntamento mondiale dei giovani, vogliamo compiere un percorso formativo, riflettendo
- nel 2009 sull’affermazione di san Paolo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10),
- e nel 2010 sulla domanda del giovane ricco a Gesù: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna” (Mc 10,17)» [Benedetto XVI, Messaggio per la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù, 5 aprile 2009].

La giovinezza, tempo della speranza
Il Papa ricorda ai giovani che l’attenzione a Sydney si è concentrata su ciò che lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo che si incontra sacramentalmente soprattutto nella Santa Messa, spinge a lasciarsi assimilare a Lui per accogliere l’amore divino trinitario e divenire così capaci di costruire un futuro di speranza per tutta l’umanità.
La questione della speranza è, in verità fin dall’origine, al centro della nostra vita di esseri umani, pensati e voluti eternamente in Cristo dal Padre, singolarmente e universalmente, predestinandoci a divenire figli nel Figlio. È quindi, soprattutto oggi, utile risentire ciò che Paolo ricorda agli Efesini come, prima dell’incontro e della fede in Cristo, fossero “senza speranza e senza Dio nel mondo” (Ef 2,12). Anche oggi ci sono tanti idoli ma senza mettersi, con la ragione, alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana, percependo così non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ama sino alla fine, ogni singolo e l’umanità nel suo insieme, che illumina la storia e aiuta a trovare la via verso il futuro, finiamo per trovarci in un mondo buio, davanti a un futuro oscuro: nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo.
Avvertiamo tutti il bisogno di speranza, ma non di una speranza qualsiasi, bensì di una speranza salda e affidabile, in virtù della quale poter affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e si di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. La giovinezza in particolare è tempo di speranze, perché guarda al futuro con varie aspettative. Quando si è giovani si nutrono ideali, sogni e progetti; la giovinezza è il tempo in cui maturano scelte decisive per il resto della vita. E forse anche per questo è la stagione dell’esistenza in cui affiorano le domande di fondo, da ravvivare in tutto il percorso della vita stagione dell’esistenza: perché sono sulla terra? Che senso ha vivere? Che sarà della mia vita? E inoltre: come raggiungere la felicità? Perché la sofferenza, la malattia e la morte? Che cosa c’è oltre la morte? Interrogativi che diventano pressanti quando ci si deve misurare con ostacoli che a volte sembrano insormontabili: difficoltà negli studi, mancanza o precarietà di lavoro, incomprensioni in famiglia, crisi nelle relazioni di amicizia o nella costruzione di un’intesa di coppia, malattie o disabilità, carenza di adeguate risorse come conseguenza dell’attuale e diffusa crisi economica e sociale. Ci si domanda allora: dove attingere e come tener viva nel cuore la fiamma della speranza che può essere solo Dio ma noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino verso la grande speranza? L’esperienza dimostra che le qualità personali e i beni materiali non bastano ad assicurare quella speranza di cui l’animo umano è in costante ricerca. La politica, la scienza, la tecnica, l’economia e ogni altra risorsa materiale da sole, pur illudendo per un certo periodo di poter soddisfare totalmente e di non aver bisogno di altre speranze, non sono sufficienti per offrire la grande speranza a cui tutti aspiriamo. Questa grande speranza “può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere. Proprio l’essere gratificato di un dono fa parte della speranza. Dio è il fondamento della speranza – non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme. Il suo regno non è un aldilà immaginario, posto in futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è “veramente” vita”(Spe salvi 31).
Ecco perché una delle conseguenze principali dell’oblio di Dio è l’evidente smarrimento che segna le nostre società, con risvolti di solitudine e violenza, di insoddisfazione e perdita di fiducia che non raramente sfociano nella disperazione. Chiaro e forte è il richiamo che ci viene dalla Parola di Dio: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene” (Ger 17,5-6). E pratico apprendimento ed esercizio della grande speranza che può essere solo Dio sono la preghiera come scuola della speranza, pure luoghi di apprendimento della speranza l’agire e il soffrire e soprattutto il Giudizio di Dio cioè il paradiso o l’inferno, la purificazione ultraterrena.
Nell’attuale secolarizzazione ed emergenza educativa la crisi della speranza colpisce più facilmente le nuove generazioni, che, in contesti socio-culturali privi di certezze, di valori e di solidi punti di riferimento, si trovano ad affrontare difficoltà che appaiono superiori alle loro forze. “Penso, cari giovani amici – Benedetto XVI –, a tanti vostri coetanei feriti dalla vita, condizionati da una immaturità personale che è spesso conseguenza di un vuoto familiare, di scelte educative permissive e libertarie e di esperienze negative e traumatiche. Per alcuni – e purtroppo non sono pochi – lo sbocco quasi obbligato è una fuga alienante verso comportamenti a rischio e violenti, verso al dipendenza da droghe e alcool, e verso tante altre forme di disagio giovanile. Eppure, anche in chi viene a trovarsi in condizioni penose per aver seguito i consigli di “cattivi maestri”, non si spegne il desiderio di amore vero e di autentica felicità. Ma come annunciare la speranza a questi giovani? Noi sappiamo che solo in Dio l’essere umano trova la sua vera realizzazione. L’impegno primario che tutti ci coinvolge è pertanto quello di una nuova evangelizzazione, che aiuti le nuove generazioni a riscoprire il volto autentico di Dio, che è Amore. A voi, cari giovani, che siete in cerca di una solida speranza, rivolgo le stesse parole che san Paolo indirizzava ai cristiani perseguitati nella Roma di allora: “Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito santo” (Rm 15,13)”. San Paolo, in quest’anno giubilare bimillenario della sua nascita, può insegnarci come diventare testimoni credibili della speranza cristiana.

San Paolo, testimone della speranza
Trovandosi immerso in difficoltà e prove di vario genere, Paolo scriveva al suo fedele discepolo e amico Timoteo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). Come era nata in lui questa speranza? Per rispondere a tale domanda dobbiamo partire dal suo incontro con Gesù risorto, vivo, che si fa presente a lui sulla via di Damasco. All’epoca Saulo era un giovane di circa venti o venticinque anni, seguace radicale della Legge di Mosé e deciso a combattere con ogni mezzo quelli che, sostituendo alla legge scritta da Dio sulle tavole della Legge la persona di Gesù, riteneva nemici di Dio (At 9,1). Mentre stava andando a Damasco per arrestare i seguaci di Cristo, fu abbagliato da una luce misteriosa e si sentì chiamare per nome dal Tu divino di Cristo: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Caduto a terra, domandò: “Chi sei, o Signore?”. E quella voce divina nella via umana alla Verità e alla Vita cioè al Dio vivente rispose: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!” (At 9,3-5). Dopo quell’incontro con la Persona viva di Gesù Cristo, incontro che sempre dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva, la vita di Paolo mutò radicalmente: ricevette il Battesimo con cui rinacque ontologicamente cioè nel suo essere ricevendo per sempre una trasformazione in una vita nuova e divenne apostolo del Vangelo. Storicamente proprio sulla via di Damasco, egli interiormente fu trasformato per iniziativa di Dio e non sua, pronto mediante la fede e il Battesimo ad essere ricreato dall’Amore divino giunto a Lui nell’incontro con la Persona stessa di Gesù Cristo. E un giorno scriverà: “Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me(Gal 2,20). Da persecutore diventò testimone e missionario; fondò comunità cristiane in Asia Minore e in Grecia, percorrendo migliaia di chilometri e affrontando ogni sorta di peripezie, fino al martirio a Roma. Tutto per amore di Cristo.

La grande speranza è un’estensione di quella fede che accade nell’avvenimento dell’incontro con la Persona di Gesù Cristo
Per Paolo la speranza non è solo un ideale o un sentimento di ottimismo, ma una persona viva: Gesù Cristo, il Figlio di Dio, nel quale Dio Padre dall’eternità ci ha personalmente scelti, pensati e voluti destinandoci a figli nel Figlio per opera dello Spirito di Lui risorto. Pervaso dal sapere e quindi dal vedere intimamente questa certezza di fede, potrà scrivere a Timoteo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). Il “Dio vivente” è Cristo risorto e presente nel mondo con il Padre e lo Spirito Santo. E’ Lui la via umana al Dio vivente, Padre, Figlio, Spirito Santo, Lui la vera speranza divina, quindi affidabile: il Cristo che vive con noi e in noi e che ci chiama a partecipare alla sua stessa vita eterna, al suo stesso amore trinitario. Se non siamo mai soli, se Egli è sempre con noi, anzi se è Lui il nostro presente e il nostro futuro, perché temere? La speranza del cristiano è dunque desiderare il “Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo” (CCC 1817). Ricordando sempre che il suo regno non è un al di là immaginario, posto in futuro che non arriva mai; il suo regno è già presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge in vissuti fraterni di comunione ecclesiale.

Prima di essere un nostro desiderio l’incontro con cui inizia l’essere cristiani e con cui avviene ogni testimonianza è un vivo desiderio della Persona di Gesù risorto, vivo, ecclesialmente cioè sacramentalmente presente per incontrare ogni uomo singolo e l’umanità nel suo insieme
Come un giorno incontrò il giovane Paolo, Gesù risorto, presente nella e attraverso il Suo Corpo che è la Chiesa, vuole incontrare ogni giovane e l’umanità nel suo insieme.
“Ma qualcuno di voi – annota Benedetto XVI – mi potrebbe domandare: Come posso incontrarlo io, oggi? O piuttosto, in che modo egli si avvicina a me?” La Chiesa ci insegna che il desiderio di incontrare il Signore è già frutto della sua grazia. Quando nella preghiera esprimiamo la nostra fede, anche nell’oscurità già Lo incontriamo perché Egli stesso si offre a noi. La preghiera perseverante apre il cuore ad accoglierlo, come spiega sant’Agostino: “Il Signore Dio nostro vuole che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, così che diventiamo capaci di ricevere ciò che Lui intende darci” (Lettere 130,8,17). La preghiera è dono dello Spirito di Gesù risorto, che ci rende uomini e donne di speranza, e pregare tiene il mondo aperto a Dio che possiede un volto umano: “speranza” è l’equivalente della “fede” e i cristiani sono pronti a dare una risposta circa il senso e la ragione della loro speranza . Quanto sia stato determinante per la consapevolezza dei primi cristiani l’aver ricevuto in dono una speranza affidabile, si manifesta anche là dove viene messa a confronto l’esistenza cristiana con la vita prima della fede o con la situazione dei seguaci di altre religioni.
“Fate spazio – afferma Benedetto XVI – alla preghiera nella vostra vita! Pregare da soli è bene, ancor più bello e proficuo è pregare insieme, poiché il Signore ha assicurato di essere presente dove due o tre sono radunati nel suo nome (Mt 18,20). Ci sono molti modi per familiarizzare con Lui; esistono esperienze, gruppi e movimenti, incontri e itinerari per imparare a pregare e crescere così nell’esperienza della fede. Prendete parte alla liturgia nelle vostre parrocchie e nutritevi abbondantemente della Parola di Dio e dell’attiva partecipazione ai Sacramenti. Come sapete, culmine e centro dell’esistenza e della missione di ogni credente e di ogni comunità cristiana è l’Eucaristia, sacramento di salvezza in cui Cristo si fa presente e dona come cibo spirituale il suo stesso Corpo e Sangue per la vita eterna. Mistero davvero ineffabile! Attorno all’Eucaristia nasce e cresce la chiesa, la grande famiglia dei cristiani, nella quale si entra con il Battesimo e ci si rinnova costantemente grazie al sacramento della Riconciliazione. I battezzati poi, mediante la Cresima, vengono confermati dallo Spirito Santo per vivere da autentici amici e testimoni di Cristo, mentre i sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio li rendono atti a realizzare il loro compiti apostolici nella Chiesa e nel mondo. L’Unzione dei malati, infine, ci fa esperimentare il conforto divino nella malattia e nella sofferenza. Se vi nutrite di Cristo, cari giovani, e vivete immersi in Lui come l’apostolo Paolo, non potrete non parlare di Lui e non farlo conoscere ed amare da tanti altri vostri amici e coetanei. Diventati suoi fedeli discepoli, sarete così in grado di contribuire a formare comunità cristiane impregnate di amore come quelle di cui parla il libro degli Atti degli Apostoli. La Chiesa conta su di voi per questa impegnativa missione: non vi scoraggino le difficoltà e le prove che incontrate. Siate pazienti e perseveranti, vincendo la naturale tendenza dei giovani alla fretta, a volere tutto e subito.
Cari amici, come Paolo, testimoniate il risorto! Fatelo conoscere a quanti, vostri coetanei e adulti, sono in ricerca della “grande speranza” che dia senso alla loro esistenza. Se Gesù è diventato la vostra speranza, ditelo anche agli altri con la vostra gioia e il vostro impegno spirituale, apostolico e sociale. Abitati da Cristo, dopo aver riposto in Lui la vostra fede e avergli dato tutta la vostra fiducia, diffondete questa speranza intorno a voi. Fate scelte che manifestino la vostra fede; mostrate di aver compreso la insidie dell’idolatria del denaro, dei beni materiali, della carriera e del successo, e non lasciatevi attrarre da queste false chimere. Non cedete alla logica dell’interesse egoistico, ma coltivate l’amore per il prossimo e sforzatevi di porre voi stessi e le vostre capacità umane e professionali al servizio del bene comune e della verità, sempre pronti a rispondere “a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Ot 3,15). Il cristiano autentico non è mai triste, anche se si trova a dover affrontare prove di vario genere, perché la presenza di Gesù è il segreto della sua gioia e della sua pace”.

Maria, Stella e Madre della speranza
Modello di questo itinerario di vita apostolica è, soprattutto per i giovani, san Paolo, che ha alimentato la sua vita di costante fede e speranza seguendo l’esempio di Abramo, del quale scrive nella Lettera ai Romani: “Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli” (Rm 4,18). Su queste stesse orme del popolo della speranza – formato dai profeti e dai santi di tutti i tempi – noi continuiamo ad avanzare verso la realizzazione del Regno cioè verso là dove Lui è amato e il suo amore ci raggiunge.
La vita umana è sempre un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente e hanno un di più di umanità che attrae. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia ed aiuta a trovare la via verso il futuro, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine che incontriamo là dove abitiamo e lavoriamo – di persone che con i loro volti donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata: quale dono sono questi amici e questi vissuti di comunione fraterna ecclesiale. Ma quale persona potrebbe più di Maria, viva e presente tra noi nel suo corpo glorioso, presente come segno di consolazione e di sicura speranza, essere per noi stella, madre della speranza. Colei che ha incarnato la speranza di Israele, che ha donato al mondo il Salvatore ed è rimasta, salda nella speranza, ai piedi della Croce, è per noi modello e sostegno con la sua presenza. Soprattutto, Maria intercede per noi e ci guida nel buio delle nostre difficoltà all’alba radiosa dell’incontro con il Risorto.
“Vorrei – conclude Benedetto XVI il suo Messaggio ai giovani per la XXIV giornata – concludere questo messaggio, cari giovani amici, facendo mia una bella e nota esortazione di san Bernardo ispirata al titolo di Maria Stella maris, Stella del mare: “Tu che nell’instabilità continua della vita presente, ti accorgi di essere sballottato tra le tempeste più che camminare sulla terra, tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella, se non vuoi essere spazzato via dagli uragani. Se insorgono i venti delle tentazioni e ti incagli tra gli scogli delle tribolazioni, guarda alla stella, invoca Maria… Seguendo i suoi esempi non ti smarrirai; invocandola non perderai la speranza; pensando a lei non cadrai nell’errore. Appoggiato a lei non scivolerai; sotto la sua protezione non avrai paura di niente; con la sua guida non ti stancherai; con la sua protezione giungerai a destinazione” (Omelie in lode della Vergine Madre, 2,17). Maria, Stella del mare, sii tu a guidare i giovani del mondo intero all’incontro con il tuo Figlio divino Gesù, e sii ancora tu la celeste custode della loro fedeltà al Vangelo e della loro speranza”.

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