Adorazione eucaristica
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La preoccupazione per una certa confusione ingeneratasi, dopo il Concilio Vaticano II, circa la relazione tra Messa e adorazione del Santissimo Sacramento

«Ho accolto volentieri la proposta che la Plenaria si occupasse del tema dell’adorazione eucaristica, nella fiducia che una rinnovata riflessione collegiale su tale prassi potesse contribuire a mettere in chiaro i mezzi liturgici e pastorali con cui la Chiesa dei nostri tempi può promuovere la fede nella presenza reale del Signore nella Santa Eucaristia e assicurare alla celebrazione della Santa Messa tutta la dimensione dell’adorazione.
Ho sottolineato questo aspetto nell’Esortazione apostolica Sacramentum caritatis, in cui raccoglievo i frutti dell’XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, svoltasi nell’ottobre del 2005… I Padri sinodali non avevano mancato di manifestare preoccupazione per una certa confusione ingeneratasi, dopo il Concilio Vaticano II, circa la relazione tra Messa e adorazione del Santissimo Sacramento (Sacramentum caritatis, n.66). In questo, trovava eco quanto il mio Predecessore, Papa Giovanni Paolo II, aveva già espresso circa le devianze che hanno talvolta inquinato il rinnovamento liturgico post-conciliare, rivelando “una comprensione assai riduttiva del mistero eucaristico (Ecclesia de Eucaristia,n.10)» [Benedetto XVI, Discorso ai Partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 13 marzo 2009].
Devianze che hanno talvolta inquinato il rinnovamento liturgico post-conciliare con il pericolo di spegnere la fede e non avere più la fiamma dell’amore divino in noi
Nel nostro tempo in cui vaste zone della terra la fede in Gesù Cristo crocifisso e risorto è nel pericolo di spegnersi come fiamma che non trova più nutrimento nell’incontro eucaristico con Lui almeno la Domenica, la priorità pastorale che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente nel mondo, nel volto di vissuti fraterni attraverso tutti i Sacramenti, l’Eucaristia in particolare e di aprire con la Parola di Dio l’accesso a Lui. Non a un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo e adoriamo presente nell’amore spinto sino alla fine (Gv 13,1) per ogni singolo e l’umanità nel suo insieme - Gesù Cristo crocifisso e risorto. Il vero problema in questo momento della storia è che sparisce dall’orizzonte degli uomini l’adorazione al vero Dio sostituita da tanti idoli che dissolvono la stessa possibilità di relazioni umane vere, solidali e che con le spegnersi della luce proveniente solo da Lui l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre più. Il cuore dell’uomo si è raffreddato e i cristiani sono chiamati a riscaldarlo, incontrando e adorando il Dio con noi eucaristicamente come fonte e culmine, per poter affrontare i drammi del dolore, della morte, della solitudine e permettere di gioire della creazione e degli altri doni di Dio anche in tutte le tribolazioni.
Uno dei momenti più intensi dell’XI Sinodo – ricordato nel n. 66 della Sacramentum caritatis – è avvenuto nella Basilica di san Pietro, quando i Padri sinodali con tanti fedeli sono convenuti per l’adorazione eucaristica. Con tale gesto di preghiera, l’Assemblea ha inteso richiamare l’attenzione, non solo con le parole, sull’importanza della relazione intrinseca tra Celebrazione eucaristica e adorazione. In questo significativo aspetto della fede della Chiesa si trova uno degli elementi decisivi del cammino ecclesiale, compiuto dopo il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II. Purtroppo la prima parte della costituzione Sacrosanctum Concilium non è ancora entrata nel cuore del popolo cristiano. A volte si è riformato, cambiato per il semplice gusto di cambiare rispetto al passato percepito come tutto negativo e superato. A volte si è concepito la riforma come una rottura e non come uno sviluppo organico della Tradizione condizionando non solo la fede celebrata ma anche professata, vissuta e pregata. Soprattutto si è oscurata la percezione dell’intrinseco rapporto tra la santa Messa e l’adorazione del Ss.mo Sacramento dimenticando il detto di Agostino: nessuno mangia questa carne senza prima adorarla; peccheremmo se non la adorassimo. Nell’Eucaristia, infatti, il Figlio di Dio ci viene incontro e desidera unirsi a noi; l’adorazione eucaristica non è che l’ovvio sviluppo della Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto di adorazione della Chiesa. Ricevere l’Eucaristia, genuflettendo o almeno con l’inchino, significa porsi in atteggiamento di adorazione verso Colui che riceviamo in modo da non porre mai il nostro io, la pressione degli interessi e l’attrattiva dell’utilità come criterio ultimo, ma il suo regno presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge portandoci a solidarizzare tra noi, con i più poveri in particolare. Proprio così e soltanto così diventiamo una cosa sola con Lui e pregustiamo in anticipo la grande speranza, la vita veramente vita per affrontare il presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere celebrato e vissuto, pregato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. L’atto di adorazione al di fuori della santa Messa prolunga e intensifica quanto è accaduto nella Celebrazione liturgica stessa. Infatti, soltanto nell’adorazione può maturare un’accoglienza profonda e vera. E proprio in questo atto personale di incontro con il Signore la fede non si spegne, la fiamma dell’amore ha il suo nutrimento e matura poi anche la missione sociale che nell’eucaristia è racchiusa e che vuole rompere le barriere non solo tra il Signore e noi, ma anche e soprattutto le barriere che ci separano gli uni dagli altri.
Il Concilio Vaticano II e il magistero post-conciliare hanno messo in luce il ruolo singolare che il mistero eucaristico ha nella vita dei fedeli (Sacrosanctum Concilium, nn.48-54,56)
Paolo VI ha più volte ribadito che “l’Eucaristia è un altissimo mistero, anzi propriamente, come dice la Sacra Liturgia, il mistero della fede” (Mysterium fidei, n. 51). L’Eucaristia, infatti è all’origine stesse della Chiesa (Ecclesia de Eucaristia, n. 12) ed è la sorgente della grazia cioè dell’amore divino in noi, costituendo un’incomparabile occasione sia per la santificazione dell’umanità in Cristo che per la glorificazione di Dio. In questo senso, da una parte, tutte le attività della Chiesa sono ordinate al mistero dell’Eucaristia (SC 10;LG 11), e, dall’altra parte, è in virtù dell’Eucaristia che “la Chiesa continuamente vive e cresce” (LG 26).
Nostra carità pastorale è percepire e far percepire il preziosissimo tesoro di questo ineffabile mistero di fede “tanto nella stessa celebrazione della Messa quanto nel culto delle sacre specie, che sono conservate dopo la Messa per estendere la grazia del Sacrificio” (Eucaristicum mysterium 3).
La dottrina della transustanziazione del pane e del vino e della presenza reale sono verità di fede evidenti già nella Sacra Scrittura stessa e confermate poi dai Padri della Chiesa. Papa Paolo VI, al riguardo, ricordava che la “Chiesa Cattolica non solo ha sempre insegnato, ma anche vissuto la fede nella presenza del corpo e del sangue di Cristo nell’Eucaristia, adorando sempre con culto latreutico, che compete solo a Dio, un così grande Sacramento” (Mysterium fidei 56; Catechismo della Chiesa Cattolica 1378).
Adorare indica, con la parola greca, il gesto di sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire; con la parola latina, denota il contatto fisico, il bacio, l’abbraccio, che è implicito nell’idea di amore. L’aspetto di sottomissione prevede un rapporto di unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore. Infatti, nell’Eucaristia l’adorazione deve diventare unione: unione con il Signore vivente e poi con il suo Corpo mistico, cioè la Chiesa. “Dio – Benedetto XVI ai giovani a Colonia il 21 agosto 2005 –non è più soltanto di fronte a noi, come il Totalmente Altro. E’ dentro di noi, e noi siamo in Lui. La sua dinamica ci penetra e da noi vuole propagarsi agli altri ed estendersi a tutto il mondo, perché il suo amore diventi realmente la misura dominante nel mondo”. In questa prospettiva nell’Eucaristia si vive la “fondamentale trasformazione della violenza in amore, della morte in vita; essa trascina poi con sé le altre trasformazioni. Pane e vino diventano il suo Corpo e Sangue. A questo punto però la trasformazione non deve fermarsi, anzi è qui che deve cominciare appieno. Il Corpo e il sangue di Cristo sono dati a noi affinché noi stessi veniamo trasformati a nostra volta”.
In occasione del 40° anniversario della Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla Sacra Liturgia, il servo di Dio Giovanni Paolo II esortava tanto ad intraprendere i passi necessari per approfondire l’esperienza del rinnovamento conciliare portando l’intera storia dottrinale della Chiesa cioè la fede professata nel corso dei secoli, fedeli alla Tradizione della Chiesa autenticamente interpretata dal magistero ecclesiastico, ordinario e straordinario, specialmente nei Concili ecumenici da Nicea al Vaticano II. Ciò è importante anche rispetto al tema dell’adorazione eucaristica incrementando la vita liturgica all’interno delle nostre comunità. “A questo riguardo – ha concluso Benedetto XVI – apprezzo in particolare che la Plenaria si sia soffermata anche sul discorso della formazione di tutto il Popolo di Dio nella fede, con speciale attenzione ai seminaristi, per favorirne la crescita in uno spirito di autentica adorazione eucaristica. Spiega, infatti, S. Tommaso: “Che in questo sacramento sia presente il vero Corpo e il vero Sangue di Cristo non si può apprendere coi sensi, ma con la sola fede, la quale appoggia sull’autorità di Dio” (CCC 1381).