Strumento di pace
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«Quanto è reale questa osservazione! Purtroppo, guerre e violenze non cessano mai, e la ricerca della pace è sempre faticosa. In anni segnati dal pericolo di possibili conflitti planetari, il Concilio Vaticano II denunciava con forza - nella Gaudium et spes - la corsa agli armamenti. “La corsa agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni, non è la via sicura per conservare saldamente la pace”, ed aggiunge subito che la corsa al riarmo “è una delle piaghe più gravi dell’umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri” (GS, 81). A tale preoccupata constatazione i Padri Conciliari facevano seguire un auspicio: “Nuove strade – essi affermavano – converrà cercare partendo dalla riforma degli spiriti, perché possa essere rimosso questo scandalo e al mondo, liberato dall’ansietà che l’opprime, possa essere restituita la vera pace”» [Benedetto XVI, Ai Giovani del Servizio Civile Nazionale, 28 marzo 2009].
Nuove strade partendo dalla riforma degli spiriti, dal rinnovamento degli animi e delle coscienze
Oggi come allora ai tempi del Concilio l’autentica conversione dei cuori rappresenta la via giusta, la sola che possa condurre ciascuno di noi e l’intera umanità all’auspicata pace. E se la conversione dei cuori accade in cinquanta, in quaranta, in trenta, in venti, in dieci… i pochi salveranno i molti! E’ la via indicata da Gesù, storicamente l’unica via: Lui – che è il re dell’universo – non è venuto a portare la pace nel mondo con un esercito, ma attraverso il rifiuto della violenza. Lo disse esplicitamente a Pietro, nell’orto degli Ulivi: “Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno” (Mt 26,52); e poi a Ponzio Pilato. “Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù” (Gv 18,36).
E’ la via che hanno seguito e seguono non solo i discepoli di Cristo, ma tanti uomini e donne di buona volontà, testimoni coraggiosi della forza della non violenza. Sempre nella Gaudium et spes, il Concilio affermava: “Noi non possiamo non lodare coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata anche dei più deboli, perché ciò si possa fare senza pregiudizio dei diritti e dei doveri degli altri o della comunità” (n.78). “A questa categoria di operatori di pace – ha osservato Benedetto XVI – appartenete anche voi, cari giovani amici. Siate, dunque, sempre e dappertutto strumenti di pace, rigettando con decisione l’egoismo e l’ingiustizia, l’indifferenza e l’odio, per costruire e diffondere con pazienza e perseveranza la giustizia, l’uguaglianza, la liberà, la riconciliazione, l’accoglienza, il perdono in ogni comunità”.
Combattere la povertà è costruire la pace
Rifacendosi all’annuale messaggio del 1 gennaio 2009 Benedetto XVI ha ricordato che urge “allargare il cuore verso la necessità dei poveri e fare quanto è concretamente possibile” operando con la Caritas ed in altre strutture sociali a servizio delle persone in difficoltà. Nella varietà degli ambiti, ciascuno, attraverso l’esperienza di volontariato, può rafforzare la propria sensibilità sociale, conoscere più da vicino i problemi della gente e farsi promotore attivo di una solidarietà concreta… E’ questo il principale obiettivo del servizio civile nazionale, un obiettivo formativo: educare le giovani generazioni a coltivare un senso di attenzione responsabile nei confronti delle persone bisognose e del bene comune.
“Cari ragazzi e ragazze – ha concluso Benedetto XVI – per iniziarli alla dimensione sociale della fede in Lui, un giorno Gesù disse alla gente che lo seguiva: “Chi vuol salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la salverà” (Mc 8,35). In queste parole c’è una verità non solo cristiana, bensì universalmente umana: la vita è un mistero di amore, che tanto più ci appartiene (nella verità del nostro e altrui essere dono del Donatore divino) quanto più la doniamo. Anzi, quanto più la doniamo, cioè facciamo dono di noi stessi, del nostro tempo, delle nostre risorse e qualità per il bene degli altri (tanto più diventiamo quello che siamo nel nostro e altrui essere cioè dono). Lo dice una celebre preghiera attribuita a san Francesco d’Assisi, che inizia così: “O Signore, fa di me uno strumento della tua pace”; e termina con queste parole: “Perché è dando che si riceve, perdonando che si è perdonati, morendo che si risuscita a vita nuova”. Cari amici, sia sempre questa la logica della vostra vita; non solo adesso che siete giovani, ma anche domani, quando rivestirete – ve lo auguro – ruoli significativi nella società e formerete una famiglia. Siate persone pronte a spendersi per gli altri, disposte anche a soffrire per il bene e la giustizia”.