Parlano in modo “feroce” anche contro il Papa, e, tuttavia, andiamo avanti
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Domanda
“Santità, sono Federico, parlo a nome delle persone detenute dal G14, che è il reparto dell’infermeria.
Cosa possono chiedere degli uomini detenuti, malati e sieropositivi al Papa? Al nostro Papa, già gravato dal peso di tutte le sofferenze del mondo, chiedono che preghi per loro? Che li perdoni? Che li tenga presente nel suo grande cuore? Sì, noi questo vorremmo chiedere, ma soprattutto che portasse la nostra voce dove non viene sentita. Siamo assenti dalle nostre famiglie, ma non dalla vita, siamo caduti e nelle nostre cadute abbiamo fatto del male agli altri, ma ci stiamo rialzando.
Troppo poco si parla di noi, spesso in modo così feroce come a volerci eliminare dalla società. Questo ci fa sentire sub-umani. Lei è il Papa di tutti e noi la preghiamo di fare in modo che non ci venga strappata la dignità, insieme alla libertà. Perché non sia più dato per scontato che recluso voglia dire escluso per sempre. La sua presenza è per noi un onore grandissimo! I nostri più cari auguri per il Santo Natale, a tutti”.
Risposta del Santo Padre
«Sì, mi hai detto parole veramente memorabili: siamo caduti, ma siamo qui per rialzarci. Questo è importante, questo coraggio di rialzarsi, di andare avanti con l’aiuto del Signore e con l’aiuto di tutti gli amici. Lei ha anche detto che si parla in modo “feroce” di voi. Purtroppo è vero, ma vorrei dire che non c’è solo questo, ci sono anche altri che parlano bene di voi e pensano bene di voi. Io penso alla mia piccola famiglia papale; sono circondato da quattro “suore laiche” e parliamo spesso di questo problema; hanno amici in diverse carceri, riceviamo anche doni da loro e diamo da parte nostra dei doni. Quindi questa realtà è presente in modo positivo nella mia famiglia e penso che lo sia anche in altre. Dobbiamo sopportare che alcuni parlino in modo “feroce”, parlano in modo “feroce” anche contro il Papa e, tuttavia, andiamo avanti. Mi sembra importante incoraggiare tutti che pensino bene, che abbiano senso delle vostre sofferenze, abbiano il senso di aiutarvi nel processo di rialzamento, e, diciamo, io farò la mia parte per invitare tutti a pensare in questo modo giusto, non in modo dispregiativo, ma in modo umano, pensando che ognuno può cadere, ma Dio vuole che tutti arrivino da Lui, e noi dobbiamo cooperare in spirito di fraternità e di riconoscimento anche della propria fragilità, perché possano realmente rialzarsi e andare avanti con dignità e trovare sempre rispettata la propria dignità, perché cresca e possano così anche trovare gioia nella vita, perché la vita ci è donata dal Signore, con una sua idea. E se riconosciamo questa idea, Dio è con noi, e anche i passi oscuri hanno il loro senso per darci maggiore conoscenza di noi stessi, per aiutarci a diventare più noi stessi, più figli di Dio e così essere realmente felici di essere uomini, perché creati da Dio, anche in diverse condizioni difficili. Il Signore vi aiuterà e noi siamo vicini a voi» [Benedetto XVI, Risposte alle domande dei Detenuti di Rebibbia, 18 dicembre 2011].
Nella domanda e nella risposta del Papa emergono gli elementi essenziali del Vangelo dell’incarnazione cioè della via umana per conoscere Dio e il suo atteggiamento misericordioso verso ogni uomo che egli ama.
- “Preghiamo – ha detto il detenuto - che non ci venga strappata la dignità, insieme alla libertà Perché non sia dato per scontato che recluso voglia dire escluso per sempre”. Dio nessuno l’ha mai visto. Il Dio che possiede un volto umano e che ci ha amato sino alla fine, singolarmente e collettivamente non definisce mai nessuno dal male che fa e fino al termine della vita, caduto, dà la possibilità la risposta del Papa - di rialzarsi, “andare avanti con dignità e trovare sempre rispettata la propria dignità, perché cresca e possano così anche trovare gioia nella vita, perché la vita ci è donata dal Signore, con una sua idea… più figli di Dio e così essere realmente felici di essere uomini”. Questa è la giustizia di Dio che rende giusti gli ingiusti, ben superiore alla giustizia umana che non può non punire chi è ingiusto.
- “Troppo poco – sempre il detenuto - si parla di noi, spesso in modo così feroce come a volerci eliminare dalla società”. “Dobbiamo – Benedetto XVI - sopportare che alcuni parlino in modo “feroce”, parlano in modo “feroce” anche contro il Papa e, tuttavia, andiamo avanti… ci sono anche altri che parlano bene di voi e pensano bene di voi. Io penso alla mia piccola famiglia papale; sono circondato da quattro “suore laiche” e parliamo spesso di questo problema; hanno amici in diverse carceri, riceviamo anche dei doni da loro e diamo da parte nostra dei doni”. Quanto è importante che anche il Papa, attraverso il quale Cristo guida tutta la Chiesa, abbia un concreto, piccolo vissuto comunitario attraverso il quale si fa presente esistenzialmente, quotidianamente il Risorto.