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Globalizzare la fraternità, non la schiavitù né l’indifferenza

Fonte:
CulturaCattolica.it
Fratelli non si nasce ma lo si diventa sempre più convertendosi, lasciandosi assimilare sempre più a Cristo

Pubblichiamo il commento al Messaggio di Papa Francesco per la Giornata della Pace

Con la firma dell’8 dicembre, solennità dell’Immacolata, Papa Francesco ci ha dato il messaggio per la Giornata della Pace del 1 gennaio 2015 dal titolo “Non più schiavi ma fratelli”. Il linguaggio di questo suo atto di magistero non è nell’orizzonte della teologia di Rahner di cristiani anonimi ma nella continuità dinamica della Tradizione: “Non si diventa però cristiani, figli del Padre e fratelli in Cristo per una disposizione divina autoritaria, senza l’esercizio della libertà personale, cioè senza convertirsi interamente a Cristo”. Fin dall’inizio il Vangelo della libertà si mostrò “capace di redimere le relazioni tra gli uomini, compresa quella tra uno schiavo e il suo padrone. Mettendo in luce ciò che entrambi hanno in comune: la filiazione adottiva e il vincolo di fraternità in Cristo”. Nella creazione degli angeli e dell’uomo, esseri intelligenti, volenti, liberi, capaci di essere amati e di amare, Dio ha autolimitato la sua onnipotenza che rivela soprattutto nel perdono, nel ricreare ciò che il peccato distrugge. E quindi è attuale anche il rischio della “sempre più diffusa piaga dello sfruttamento dell’uomo che ferisce gravemente la vita di comunione e la vocazione a tessere relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia e carità. Tale abominevole fenomeno che conduce a calpestare i diritti fondamentali dell’altro ed ad annullarne la libertà e dignità, assume molteplici forme”.
Il superamento della schiavitù, che certo non fa parte del progetto di Dio per l’uomo fatto ad immagine sua come figlio nel Figlio, introdotta nella storia dalla “realtà negativa del peccato”, si deve al cristianesimo. Chi è cristiano tenta e ritenta di essere liberato dal peccato e dal male verso cui è tentato dal demonio che divide, da Satana che spinge all’odio fino alla schiavitù. Ed ecco la lieta notizia di tutto il messaggio, alla luce della storia della fede che spinge all’urgenza di una nuova evangelizzazione anche per il sociale: fratelli non si nasce ma si diventa incontrando Cristo, convertendosi e assimilandosi a Lui, non senza l’esercizio della libertà personale.
Anche storicamente le basi dottrinali per la liberazione continua da ogni schiavitù sono venute e vengono dalla fede. La schiavitù, proprio perché la liberazione non avviene senza la libertà, non è sparita rapidamente, né dovunque. Per molti anni in diversi Paesi “il diritto stesso ammetteva che alcune persone potevano o dovevano essere considerate proprietà di un’altra persona, la quale poteva liberamente disporre di esse; lo schiavo poteva essere venduto e comprato, ceduto e acquistato come se fosse una merce” Oggi questo tipo di schiavitù è abolita, almeno “formalmente” , dovunque, e “il diritto di ogni persona a non essere tenuta in stato di schiavitù o servitù è stato riconosciuto nel diritto internazionale come norma inderogabile”. Tuttavia “Malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù”.
Non si tratta solo dei Paesi – per fortuna pochi dove ci sono ancora schiavi chiamati con questo nome. Ci sono “lavoratori e lavoratrici, anche minori trattati più come schiavi che come persone libere”, “tanto nei Paesi in cui la legislazione del lavoro è conforme alle norme e agli standard minimi internazionali, quanto, sia pure illegalmente, in quelli la cui legislazione tutela il lavoratore”. Ci sono migranti trattati come schiavi dai trafficanti sui barconi, “e privati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente”, e ancora “detenuti in condizioni a volte disumane” nei Paesi di approdo o sfruttati come lavoratori clandestini.
Ci sono persone di ambo i sessi che non si prostituiscono per scelta ma sono “costrette a prostituirsi, tra cui ci sono molti minori”, una situazione comune anche “alle schiave e agli schiavi sessuali; alle donne forzate a sposarsi, a quelle vendute in vista del matrimonio o a quelle trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito senza che abbiano il diritto di dare o non dare il proprio consenso”. Ci sono casi orribili di “minori e adulti (che sono fatti oggetto di traffico e di mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozioni internazionali”. Infine, assomiglia alla schiavitù la condizione di “tutti coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da gruppi terroristici, asserviti ai loro scopi come combattenti o, soprattutto per quanto riguarda le ragazze e le donne, come schiave sessuali. Tanti di loro spariscono, alcuni vengono venduti più volte, mutilati, o uccisi”.
Papa Francesco pone delle domande: Perché accade tutto questo? Perché, in forme diverse, ritorna e cresce la schiavitù? Sociologhi e politologhi possono fare le loro analisi. Ma la Chiesa, in continuità con tutto quello che nella storia la fede ha documentato, afferma che la causa della schiavitù, di ogni schiavitù è il peccato. “Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti. La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno, e la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno, viene trattata come un mezzo e non come un fine”. In questo orizzonte non è possibile alcuna democrazia di uguali e fratelli come la modernità secolare si illudeva senza il fondamento con il trascendente che ha assunto il volto umano in Gesù Cristo e Risorto opera nella e attraverso la Chiesa per tutti e per tutto.
Questa ragione ontologica della schiavitù, consapevoli o inconsapevoli, è a monte delle cause sociologiche, economiche e politiche, che spesso rimandano alle forme più gravi di miseria. “Non di rado, le vittime del traffico o di asservimento sono persone che hanno cercato un modo per uscire da una condizione di povertà estrema, spesso credendo a false promesse di lavoro, e che invece sono cadute nelle mani delle reti criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. Queste reti utilizzano abilmente le moderne tecnologie informatiche per adescare giovani e giovanissimi in ogni parte del mondo”. Anche “la condizione di coloro che sono disposti a tutto per arricchirsi va annoverata tra le cause della schiavitù”: coinvolge la politica, e rimanda sempre al peccato di non voler vedere l’essere di ogni individuo nella verità del suo essere dono unico del Donatore divino e la destinazione a figlio nel Figlio.
Che fare, allora, contro l’attuale, orribile forma di schiavitù? Ci troviamo di fronte, innanzitutto, “spesso all’indifferenza generale”. Va, però, ricordato e fatto conoscere “l’enorme lavoro silenzioso che molte congregazioni religiose, specialmente femminili, portano avanti da tanti anni in favore delle vittime e che coinvolge tutta la Chiesa, anche laddove la schiavitù in senso proprio esiste ancora… (quanto da parte di tutti i cristiani ci dovrebbe essere attenzione e aiuto in questo periodo avvento – natale). Ma al Chiesa non può rispondere alle tante forme di schiavitù da sola: “Come le organizzazioni criminali utilizzano reti globali per raggiungere il loro scopo così l’azione per sconfiggere questo fenomeno richiede uno sforzo comune e altrettanto globale da parte dei diversi attori che compongono la società” Stati, organizzazioni, ONG, imprese e anche consumatori, che dovrebbero imparare a rifiutare prodotti nella cui fabbricazione sono stati impiegati lavoratori schiavi”.
Mentre da anni svolge un ruolo di coordinamento, la Chiesa non rinuncia a quello che è la ragione del suo stesso essere e operare sacramentale cioè la liberazione da quella tendenza al male con cui si è concepiti per il peccato originale e che si viene liberati dal Sacramento del Battesimo e quindi il continuo peccato da cui si viene liberati con il sacramento della Penitenza, come causa profonda della schiavitù che dissolve uguaglianza, libertà fraternità cui ha puntato e punta la secolarizzazione moderna oggi culturalmente egemone. Ogni uomo nascerebbe buono, portato all’uguaglianza, alla fraternità nella libertà. Sarebbero le strutture, le istituzioni la causa di tutto il male. Facendo rivoluzione, cambiando le strutture tutti gli uomini diverrebbero uguali, fratelli nella libertà. Il fallimento della rivoluzione borghese o marxista dovrebbe far pensare tutti, come oggi ideologicamente attendere tutto dalla scienza e dalla tecnica. Occorre rifarsi al deismo inglese, fatto proprio dalla Massoneria per evitare tutte le guerre di religione, cioè pensare Dio come Architetto del mondo, come Orologiaio che creato il mondo, Lui non c’entra con la storia e tutto è affidato non alla fede nella presenza sacramentale del Risorto nella sacramentalità della Chiesa per ricreare ciò che l’uomo aveva perduto nella cacciata dal paradiso terrestre, ma dalla nuova forma della speranza cristiana cioè dalla fede nel progresso. Secondo Bacone grazie alla sinergia scienza e prassi seguiranno scoperte totalmente nuove, emergerà un mondo di liberi, uguali, fratelli, totalmente nuovo cioè il regno dell’uomo. La concretizzazione politica del cammino di questa speranza cristiana avviene innanzitutto con la Rivoluzione francese di modalità borghese come il tentativo di instaurare il dominio della ragione e della libertà anche per l’uguaglianza e la fraternità in modo politicamente reale. L’Europa dell’Illuminismo, in un primo momento, ha guardato affascinata, anche dai risultati scientifici, a questi avvenimenti, ma di fronte ai loro sviluppi ha poi dovuto e ancora oggi deve riflettere in modo nuovo su ragione e libertà per la fraternità. Utili sono due scritti di Immanuel Kant, in cui egli riflette sugli eventi. Nel 1792 l’opera “La vittoria del principio buono su quello cattivo e la costituzione di un regno di Dio sulla terra”. In essa egli dice: “Il passaggio graduale dalla fede ecclesiastica al dominio esclusivo della pura fede religiosa costituisce l’avvicinamento al regno di Dio”. Ci dice anche che le rivoluzioni possono accelerare i tempi di questo passaggio dalla fede ecclesiastica alla fede razionale. Il “regno di Dio”, di cui Gesù aveva parlato ha qui ricevuto una nuova definizione e assunto una nuova presenza senza alcuna presenza sacramentale, ecclesiale di Lui risorto per liberare dal peccato e rendere possibile la fraternità universale. Il Regno di Dio assume una nuova presenza; esiste, per così dire, una nuova “attesa immediata”: il “regno di Dio” arriva là dove la “fede ecclesiastica” nella presenza sacramentale di Cristo per liberare dal male, dal peccato originale, da quello attuale, viene superata e rimpiazzata dalla “fede religiosa”, vale a dire dalla semplice fede razionale nella memoria storica del personaggio Gesù di Nazareth e quindi senza più bisogno di parlare di parlare di peccato originale, attuale e di liberazione sacramentale, ecclesiale. Nel 1795 dopo l’eccidio della Vandea in nome della Rivoluzione per la fraternità, Kant prende in considerazione la possibilità che, accanto alla fine naturale di tutte le cose, se ne verifichi anche una contro la natura, perversa. Scrive a riguardo della perdita della cultura cristiana di uguaglianza, libertà, fraternità: “Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore (…) allora il pensiero dominante degli uomini dovrebbe diventare quello di un rifiuto e di un’opposizione contro di esso; e l’anticristo (…) inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull’egoismo). In seguito, però, poiché il cristianesimo pur essendo stato destinato ad essere la religione universale (come morale), di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l’aspetto morale, la fine perversa di tutte le cose”. Il Concilio Vaticano II ha puntato al dialogo con l’illuminismo anche con il tentativo kantiano di Rahner del cristianesimo anonimo con l’utilità ma la non essenzialità della presenza sacramentale della Chiesa. Questo non fu accettato dalla maggioranza del Concilio, divenendo, però, dopo il concilio maggioranza. E oggi, con papa Francesco la Chiesa non rinuncia a denunciare il peccato come accusa profonda della schiavitù e a ricordare come ogni azione di contrasto “debba partire dalla verità sull’uomo” redento da Cristo. La Chiesa non può limitarsi a considerazioni morali, sociali, ma “ha il compito di mostrare a tutti il cammino verso la conversione a Cristo”. Per quanto riguarda in particolare la schiavitù la Chiesa ha canonizzato santa Giuseppina Bakhita, una “santa originaria della regione del Darfur In Sudan, rapita da trafficanti di schiavi e venduta a padroni feroci fin dall’età di nove anni, e diventata poi, attraverso dolorose vicende, ‘libera figlia di Dio’ mediante la fede vissuta nella consacrazione religiosa e nel servizio agli altri, specialmente i piccoli e i deboli”. Santa Giuseppina Bakhita è vissuta tra il XIX e il XX secolo, ma “è anche oggi testimone esemplare di speranza per le numerose vittime della schiavitù e può sostenere gli sforzi di tutti coloro che si dedicano alla lotta contro questa piaga nel corpo dell’umanità contemporanea, una piaga nella carne di Cristo”.
Papa Francesco conclude il suo messaggio, così attuale: “Sappiamo che Dio chiederà a ciascuno di noi: che cosa hai fatto del tuo fratello” (Gen 4, 9-10). La globalizzazione dell’indifferenza, come oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé, e che Dio pone nelle nostre mani”.

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