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A serious man

Regia:
Joel e Ethan Coen
La vita ordinaria di un docente di fisica viene sconvolta da una concatenazione di fatti inspiegabili.
Voto: 7,5

Partiamo da una domanda: ma è un film che pone domande e si interroga su cose serie o è un semplice gioco gaio, nichilista e triste alla maniera dell’ultimo Allen ? La domanda non è retorica. I Coen sono registi seri che spesso si prendono delle “vacanze” cinematografiche. Non possono infatti che essere definite “vacanze” o “divertissement” film come il recente Burn after reading, divertente quanto vacua rilettura del cinema di spionaggio ma anche Ladykillers o Prima ti sposo, poi ti rovino, prodotti professionali e nel contempo giochini cinematografici sia per forma che per sostanza. I Coen, però, sono anche i registi di almeno due grandi film, senza contare quell’oggetto folle e memorabile che è Il grande Lebowski: Fargo e L’uomo che non c’era, due noir durissimi, senza speranza eppure carichi di umanità, di pietà, di perdono. La domanda, insomma, non è retorica né banale: i due fratelli, con A Serious Man, ci sono o ci fanno ? Proviamo a prenderli sul serio. A Serious Man è tutto tranne che un film divertente. Certo, il sorriso scappa qua e là anche per la costruzione di alcune sequenze volutamente surreali, come quella dell’entrata in scena dell’avvocato del protagonista, ma sotto una superficie leggera si nasconde la cupa disperazione di fervente ebreo che sta si sta preparando al Bar mitzvah del figlio. Il problema è che il mondo che sta attorno a lui pare impazzito. All’università dove Larry insegna fisica, non c’è studente che lo ascolti e l’unico ragazzo con cui ha a che fare è uno studente coreano che a mala pena parla inglese e che cerca di corromperlo. A casa è un disastro: la moglie lo tradisce con un altro ebreo dai modi melliflui e dai modi affettati e inquietanti al tempo stesso. I figli sono mondi a parte impenetrabili. Amicizie: nessuna. Ci sono due vicini di casa: uno è un macho poco raccomandabile, l’altra è una donna che passa il tempo a prendere nuda il sole. Forse una tentazione ? O forse no. A completare il quadro c’è un fratello un po’ matto che passa il tempo in bagno e un avvocato che fatica a capire il punto della questione. La vita è un caos senza senso. I Coen ce lo dicono e ripetono da sempre. Dietro le vicende di tanti loro personaggi, dagli interpreti proprio di Fargo fino al recente Burn After Reading si muore e si vive, si ha successo o si ha sfiga per colpa del Caso che, con un gusto sadico e maligno, fa e disfa a proprio piacimento. La vita è un’enorme lavagna fitta di numeri ed equazioni matematiche che affermano all’unisono una cosa solo. Che i conti non tornano mai. E non tornano neanche all’Uomo Serio del titolo che di fronte al naufragio lento ma inesorabile della propria vita non può che fare la cosa più ragionevole e umana possibile. Chiedere. E infatti l’Uomo Serio chiede a tre rabbini. E la domanda è tale da far tremare i polsi. Perché Dio ci pone degli interrogativi ma non ci dà risposte. Il primo rabbino è evasivo, il secondo racconta una storiella insulsa, il terzo non lo riceve nemmeno. All’Uomo Serio non resta che tornare mestamente sui propri passi andando incontro, solo e senz’aiuto, letteralmente all’uragano senza senso della vita. Si potrebbe obiettare ai Coen di aver girato un trattatello di non senso, dove tutto è perfettamente senza senso, dove niente ha nome (e la scelta di prendere attori del tutto sconosciuti rientra in questa idea), dove tutto è contro l’umano. E può anche dar fastidio l’apparente freddezza con cui si racconta la morte, la malattia, il male. Ma a ben vedere, in questo film dal forte sapore autobiografico, c’è anche qualcosa di più, ben radicato nel cuore del protagonista. L’esigenza di un senso, nel senso letterale del termine, di una direzione dove andare, una strada da imboccare per assaporare quel che rimane di una felicità che i Coen, molto onestamente, nel loro film tanto divertito e ironico, si guardano bene dall’inserire o dal commentare. Il problema è che la risposta, il senso della cose e dell’esistenza non lo dà l’uomo, per quanto colto e pio possa essere. Lo dà Dio che secondo i Coen semplicemente è assente. E questa assordante assenza lascia se non addolorati, assai storditi. Altro che Giobbe, come una certa incauta critica ha tirato in ballo: Giobbe era di tutt’altra pasta perché Dio non lo ha mai abbandonato, una grazia che il povero Larry non ha potuto sperimentare. Avrebbe voluto magari, ma non gli è stata concessa.

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