Big Fish
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Il mito del padre: è attorno a queste parole che si gioca il capolavoro dell’anno, Big Fish di Tim Burton. Il mythos come racconto è alla base delle tante storie di fantasia poetica di cui è intessuta la vita di un padre simpatico e grande. Un padre affabulatore instancabile, che per tutta la durata del film non si smette mai di amare. Ma come il mito antico sfuggiva a qualsiasi schematismo logico, così anche le storie del padre sono un misto di fantasia poetica e durezza del reale. Pur rimanendo, tuttavia, vere. E’ un film affascinante questo Big Fish, perché è un grande omaggio al cinema puro, inteso racconto per immagini di una realtà trasfigurata, e non come semplice baraccone di effetti. Cinema delle stelle, lunare, alla Méliès, contro l’ipotesi che si è dimostrata vincente negli ultimi decenni, il cinema terrestre dei Lumière. Tante le citazioni per un film felliniano per spirito e contenuti: Chaplin soprattutto, ma anche il cinema gotico di mezzo secolo, John Boorman e persino qualche vezzo autoreferenziale (Edward mani di forbice). Il vero cinema è questo: fantasia, arte immaginativa, io poetico: dovrebbero ricordarselo chi si ostina a trattare film come merci lucrose, ottusi scribacchini di cifre d’incassi.